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lunedì 13 gennaio 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 13 gennaio.
Il 13 gennaio 1883 nasce a Roma Ettore Petrolini.
Già nella prima infanzia si esibisce in piccoli siparietti nella bottega del padre e in quella del nonno falegname. Da bambino frequenta piazze e localini che fanno da palcoscenico alle sue esibizioni, espressione solare della sua gran voglia di divertirsi. Passare tanto tempo per strada però gli apre le tristi porte del riformatorio, un’esperienza che lo segna nel profondo e lo porta, appena quindicenne, ad abbandonare la casa paterna per seguire un gruppo teatrale ambulante, con cui tentare la carriera d’attore.
Il suo esordio fu a Campagnano, piccolo centro della provincia romana, col nome d’arte di Ettore Loris, seguito da esibizioni in locali di scarso pregio alternate ad altre nei più rinomati caffe-concerto della capitale, come il Gambrinus. In questi anni di dura gavetta l’artista viene a contatto con un’umanità eterogenea, alla quale si ispira per la costruzione dei suoi particolarissimi personaggi comici, che lo resero tanto celebre.
Nel 1903 conosce la quindicenne Ines Colapietro, che assieme alla sorella Tina cantava al Gambrinus, e con lei, dalla quale avrà anche dei figli, divide la vita e il lavoro per tanti anni. Nel 1907 vengono scritturati per una tournée in Sudamerica (cui ne seguirono altre negli anni successivi), il cui successo fu tale che, al ritorno a Roma, l’artista viene scritturato da Giuseppe Jovinelli per il suo nuovo teatro.
Petrolini diviene popolarissimo, tanto che il Sala Umberto, altro storico teatro romano, paga al Teatro Jovinelli una cospicua penale per poterlo avere per tre anni in esclusiva. Nel 1915 costituisce una sua compagnia di varietà, con la quale mette in scena le prime riviste. Petrolini si rivela non solo un bravo attore, ma anche un prolifico e fantasioso drammaturgo, capace di nobilitare anche creazioni altrui. Alla base del suo repertorio c’è la ‘macchietta’, alla quale dà lustro, creando personaggi ben delineati e di spessore, che diventano punto di riferimento per il teatro comico dell’epoca e non solo. Ricordiamo: ‘Gigi er bullo’, ‘Sor Capanna’, ‘i Salamini’, ‘Fortunello’, tanto amato dai Futuristi, con i quali, seppur burlandosi di loro negli “Stornelli maltusiani”, collabora, come in “Radioscopia di un duetto”, trasposto cinematograficamente nel 1918 da Mario Bonnard, col titolo “Mentre il pubblico ride”, con Petrolini e Niny Dinelli.
Riguardo al suo lavoro diceva: ”Imitare non è un arte perché se così fosse ci sarebbe arte anche nella scimmia e nel pappagallo. L’arte sta nel deformare”. Petrolini infatti è il re dello sberleffo, della burla, della satira pungente, caustica, con la quale condanna ipocrisia e malcostume e non risparmia alcuno, né popolani, né potenti e neppure il regime fascista, che criticò con sapiente sarcasmo, anche con ‘Nerone’. Negli anni venti porta in scena numerose commedie, gli scrittori facevano a gara per scrivergli dei testi; nel 1924 porta in scena il fortunato ‘Gastone’, col quale vuole prendersi gioco di alcuni cantanti dell’epoca, pieni di sé, e di molte star affettate del cinema muto, oramai destinato a morire.
E’ in questo periodo che incontra Elma Crimer, con la quale più tardi convola a nozze. Petrolini è anche scrittore di testi non teatrali e autore e/o interprete di canzoni di successo, che arricchivano i suoi lavori: indimenticabili ‘Una gita ai castelli’, conosciuta anche come ‘Nannì’, e la famosissima ‘Tanto pe’ cantà’, simbolo di una certa romanità, cantata in seguito da tanti artisti, tra i quali una menzione speciale spetta a Nino Manfredi. Con gli anni Trenta arriva il cinema con “Nerone”, di Alessandro Blasetti (1930); “Cortile”, di Carlo Campogalliani (1930); “Il medico per forza”, di (1931). Seguono anche tournée internazionali in Egitto e nelle principali città europee, che porta un certo immalinconirsi delle sue opere, dove mostra una maggiore pietà per le debolezze umane.
Il re del varietà, della rivista, dell’avanspettacolo, il precursore del moderno cabaret, si ritira dalle scene nel 1935 per una grave forma di angina pectoris. Muore il 29 giugno del 1936 a soli 52 anni, senza aver mai perso la verve comica: prima di morire disse “Che vergogna morire a cinquant’anni!”. Con addosso il frac del famoso Gastone, viene sepolto al Cimitero Monumentale del Verano, a Roma, in una cappella purtroppo danneggiata dai bombardamenti del 19 luglio 1943.

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