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Delicatamente Marta prese il soprabito, lo stesso soprabito che aveva la sera del nostro incontro, si avviò all’uscita. Uscendo la sua immagine si riflesse, ancora, nello specchio dell’ingresso.
Nello specchio, il volto di una donna triste. Una tristezza inespressiva e opaca le aveva irrigidito le labbra. Cosa le era accaduto? Nulla, apparentemente. Lei aveva atteso che qualcosa cambiasse. Atteso, come se l’attesa avesse il
potere di sospendere il tempo o di renderlo reversibile. Un uomo la stava guardando con insistenza. Ero io. Marta abbassò lo sguardo.
Uscì.
Restai fermo. Non mi mossi. Non dissi una sola frase. Mi sentivo stanco e disarmato. Non avrei ottenuto nulla se le avessi parlato, se l’avessi seguita.
Marta, Gianfranco Brevetto
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