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giovedì 30 gennaio 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 30 gennaio.
La mattina del 30 gennaio 2002, un bambino di appena tre anni, Samuele Lorenzi, viene assassinato con 17 colpi di un misterioso oggetto contundente, sferratogli sulla testa, mentre per pochissimi minuti, otto al massimo, è rimasto da solo nella villetta di Montroz, frazione di Cogne, in Val d’Aosta. E’ lì che Samuele viveva assieme ai genitori - Stefano Lorenzi, perito elettrotecnico e Annamaria Franzoni, entrambi provenienti da famiglie abbienti, originarie del bolognese - ed il fratellino maggiore Davide.
A rinvenire il corpo ormai agonizzante del piccolo con il cranio sfondato è stata la mamma. Rapido quanto inutile l’intervento dei soccorsi: Samuele è già cerebralmente morto. Finirà di vivere, anche clinicamente, poco dopo, all’ospedale di Aosta.
Il delitto di Cogne si rivela subito un giallo. Un giallo con un solo sospettato. E’ fin da subito la mamma di Samuele, Annamaria Franzoni, a finire nel mirino degli inquirenti.
Ma l’inchiesta giudiziaria è delicata e si svolge - come sarebbe auspicabile le inchieste si svolgessero sempre - con grande, grandissima - per alcuni addirittura eccessiva - cautela.
Il procuratore di Aosta, Maria Del Santo Bonaudo ed il pubblico ministero, Stefania Cugge, ordinano ai carabinieri del RIS, lo speciale reparto di indagine scientifica dei carabinieri, un’infinità di perizie. Ma l’arma non si trova. E, oltretutto, il delitto manca di un movente.
Eppure non sembrano esserci altre piste da seguire, se non quella che porterà, il 13 marzo, ad arrestare la mamma di Samuele.
Annamaria Franzoni è stata l’ultima a vedere Samuele: poco dopo le 8.00 - dice la donna - era addormentato nel letto matrimoniale. Lei lo ha lasciato solo per pochi minuti, il tempo di accompagnare l’altro figlio, Davide, alla fermata dello scuolabus, distante appena un centinaio di metri da casa. Al ritorno la scoperta della tragedia.
Tra i primi ad intervenire in aiuto, un’amica di Annamaria, Ada Satragni, psichiatra, che presta i primi soccorsi a Samuele, inquinando - incosapevolmente, diranno i magistrati, ma irrimediabilmente - la scena del delitto.
Qualcuno può essersi introdotto nella villetta dei Lorenzi per uccidere Samuele? Magari per vendetta?
I tempi sembrano essere troppo ristretti. La porta dell’abitazione era stata chiusa dalla madre, anche se non a chiave. E poi nessuno in paese sembra avere motivi di odio verso i Lorenzi. I sospettati che mano a mano Annamaria Franzoni indicherà nel disperato tentivo di scagionarsi hanno tutti un alibi di ferro.
Alla fine - pur in assenza di prove - diversi indizi sembrano convergere verso la donna: il pigiama di lei trovato insanguinato, un paio di zoccoli - sempre di lei - con piccole tracce ematiche.
L’ipotesi inquisitoria è che Annamaria Franzoni abbia ucciso suo figlio in uno stato di alterazione mentale e che poi abbia rimosso il fatto. Ma per altri la donna è soltanto un’abile mentitrice.
Il mistero resta: alla base dell’omicidio c’è certamente la follia. Perché chiunque abbia massacrato un bambino di tre anni non può essere che un folle. Ma se è stata Annamaria il baratro della pazzia è ancora più grande.
Il 21 maggio 2008 la donna è stata condannata in Cassazione, con sentenza definitiva, a 16 anni di detenzione, ridotti a 13 per via dell’indulto. In primo grado, grazie al patteggiamento, era stata condannata a 30 anni. 16 anni di reclusione, invece, la sentenza del processo d’Appello. Il 22 maggio del 2008 si sono aperte per lei le porte del carcere bolognese della Dozza.
Nel novembre del 2008 una perizia psichiatrica - insistentemente sollecitata dalla stessa donna - ha confermato il rischio di reiterazione del reato, negandole la possibilità di incontrare i figli fuori dal carcere.
Il 26 gennaio 2009 la Procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio per la donna per il reato di calunnia contro Ulisse Guichardaz, vicino di casa dei Lorenzi, e frode processuale, per aver sporto denuncia verso di lui come autore del delitto, sapendo di star accusando un innocente; il 19 aprile 2011 il tribunale di Torino l'ha condannata ad un'ulteriore pena di un anno e quattro mesi.
Il 26 giugno 2014, dopo appena 6 anni di detenzione, Annamaria Franzoni viene scarcerata: il via libera è stato dato a seguito di una perizia che escludeva categoricamente il rischio di recidiva. Già da tempo tuttavia godeva del beneficio del lavoro all'esterno, oltre a numerosi permessi premio che le consentivano di uscire periodicamente dal penitenziario per stare con la famiglia.
Annamaria ha estinto definitivamente la pena il 7 febbraio 2019.

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