Buongiorno, oggi è il 25 novembre.
Il 25 novembre 1990 un elicottero dell'Agip che trasportava operai su una piattaforma petrolifera precipita in mare nei pressi di Marina di Ravenna.
I tralicci da queste parti sono diventati un'attrazione turistica. "Salite sulla motonave, vi portiamo a visitare le piattaforme petrolifere, potrete pescare gli sgombri", annunciano gli altoparlanti sui lidi d'estate. Ce ne sono ventisei, di queste piattaforme, tra le Marche e l'Emilia Romagna, tutte usate per la produzione di metano. Vi lavorano gli operai che "vivono sul ferro".
Sei giorni in piattaforma, a sorvegliare gli impianti e fare manutenzione, poi quattro giorni a casa. Alla fine, passi su quei ferri più di metà della tua vita.
Quel 25 novembre il cambio turno capitò di domenica. Quattro operai specializzati dovranno andare alla piattaforma davanti Porto Corsini, gli altri quattro a quella davanti a Cervia, entrambe a undici miglia dalla spiaggia. Ci sono poi due cuochi della ditta Ligabue, che ha vinto l'appalto per le piattaforme Agip. Per gli operai tecnici il salario è di 1.850.000 lire, per il capo piattaforma 2.200.000.
L'elicottero, un "Puma" costruito dalla francese Aerospatiale, appartiene a un'altra società che effettua il servizio in appalto, la Elitos di Firenze.
Il primo pilota ha seimila ore di volo, il secondo tremila. Sono quasi le nove del mattino, il volo inizia.
"Ho sentito uno scoppio", racconta Marcello Mandrini, che a Marina gestisce il bagno Trieste, "come un tuono. L'elicottero si è impennato, si è spaccato ed è caduto giù. Le pale si sono staccate, l'elicottero è venuto giù di colpo".
Nessuna comunicazione con la torre di controllo, nessun allarme. Alla fine moriranno in 13.
Due corpi affiorano e vengono recuperati dai sommozzatori nel mare in tempesta. Degli altri e dei resti del velivolo non v'è traccia.
Alle quattro del pomeriggio di mercoledì le reti di due pescherecci strappano all' Adriatico i morti ed i resti della sciagura dell' elicottero. I cavi trascinati dai barconi si impigliano nella carlinga e, più distante, nel motore dell' Sa 330 Puma in cui hanno perso la vita precipitando in mare tre piloti, due cuochi ed otto operai dell' Agip. I rottami stanno a dieci metri di profondità e ad ottocento dalla spiaggia di Marina di Ravenna. La zona è lontana mezzo chilometro da quella dove per due giorni una flottiglia di venti battelli e decine di sommozzatori hanno cercato invano. Le carcasse appaiono quasi sommerse dalla sabbia, occorreranno ore per recuperarle. Alle otto di sera arriva l' ordine: Sospendere il recupero, si riprende domani mattina. Una scelta obbligata. Sul fondo l' acqua è torbida e i sub a fatica riescono solo ad individuare dei corpi. Non si sa ancora se tutti e undici i cadaveri (quelli dei due cuochi erano già stati raccolti in mare domenica) sono imprigionati fra le lamiere. Alcuni sembrano ancora legati ai seggiolini dalle cinture di sicurezza e per liberarli le squadre di soccorso devono spostare motori e pezzi del velivolo. L' operazione è complicata dal buio, i sub lavorano alla luce delle fotoelettriche prima dello stop. L' importante ora è che ci restituiscano i nostri cari, aspetteremo fino all'alba pur di rivederli è il coro doloroso dei familiari in attesa sulla spiagga. Per loro è la fine di un'angosciosa attesa durata cinquantacinque ore. Adesso coi rottami emergono possibili verità su una sciagura che per Giuseppe Voltolina, presidente dell' Associazione nazionale piloti d'elicottero, non ha precedenti e non ha spiegazioni nella letteratura aeronautica. Ma l'incubo svanisce anche per il piccolo esercito di soccorritori che fra ricerche e risultati nulli rischiava un naufragio sul fronte dell' efficienza. La situazione cambia quando alla mattina del terzo giorno i tecnici simulano con un altro elicottero il viaggio del Puma della morte. Alcuni indizi e ritrovamenti di oggetti fanno pensare che la zona in cui il velivolo si è inabissato non sia quella indicata dai testimoni oculari. Così, alla fine della prova, flottiglia e sommozzatori cominciano a setacciare qualche centinaio di metri più a sud. Per le ricerche entrano in azione anche le sofisticate apparecchiature dei vigili del fuoco e della capitaneria di porto. Ma il nuovo spiegamento di forze è reso inutile cinquantacinque ore dopo, quando due vecchi barconi, servendosi dell'antica, tradizionale pesca a strascico scovano i resti del Sa 330. Ora le tre inchieste avviate da magistratura, Agip e Civilavia avranno undici cadaveri e uno scheletro di elicottero per scoprire la verità su quanto avvenuto domenica a duecento metri d'altezza sul mare, quando il fumo e un boato hanno provocato la caduta improvvisa. Con le ricerche ancora in corso, Mimmo Carise, pilota dell'Elitos, la società che gestiva i servizi di collegamento aereo fra lo stabilimento di Marina di Ravenna e le piattaforme metanifere, apre un dubbio: L' elicottero dal '72 ha avuto continue modifiche e potenziamenti. Queste modifiche hanno compromesso la tenuta? L'ipotesi di un cedimento strutturale si affianca a quella della rottura del rotore che muove le pale. E il mistero sulla sciagura continua mentre la magistratura ha disposto il sequestro delle carte di bordo e dei registri di manutenzione del Puma.
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