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lunedì 30 marzo 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 30 marzo.
Il 30 marzo 1842 il dott. Crawford Long, americano, asportò un tumore dal collo di un paziente usando per la prima nella storia della chirurgia l'etere. Aveva così inventato l'anestesia chirurgica.
L'uso dell'etere fu esteso da Long ad altri interventi come le amputazioni ed il parto con grande successo ma egli non ritenne di pubblicare i risultati dei suoi studi. Lo avrebbe fatto soltanto nel 1849 quindi tre anni dopo quelli pubblicati da William Green Morton che il 18 ottobre 1846 aveva effettuata la prima anestesia con etere a Boston.
La parola “Anestesia” (dal greco "anaisthèsia") significa “assenza di percezione, di sensazione.
Questo termine però comparve ufficialmente sul dizionario inglese Bailey soltanto nel 1721 e lì rimase fino quando, negli Stati Uniti, il dr O.W.Holmes lo suggerì al dr Morton per definire la sua tecnica di impiego del protossido e dell’etere dapprima in odontoiatria e poi in chirurgia.
In realtà il problema dell’eliminazione del dolore legato agli atti chirurgici si presentò con gli interventi stessi: si operava solo in situazioni gravissime, che in alternativa presentavano morte certa, in genere amputazioni di arti colpiti dalla gangrena o mutilati in guerra, con risultati pessimi, sia per le successive infezioni, ma anche per l'assoluta mancanza di protezione dell'organismo dall'aggressione chirurgica (dolore, stress, emorragia ed altro). La mortalità era pertanto elevatissima e chi sopravviveva ricordava certo per tutta la vita la terribile esperienza.
I primi tentativi di diminuire il dolore insito nelle manovre chirurgiche risalgono addirittura agli egizi, la cui cultura medica era assai avanzata, tanto da permettere loro di somministrare estratto di papavero (oppio) ai loro bambini perché la notte dormissero…senza così turbare il delicato sonno dei genitori.
Nelle “Case della Vita “ essi apprendevano l’arte medica, già ricca di nozioni sulla circolazione sanguigna e sulla funzione del cuore. Nel papiro detto” di Ebers” (1550 a.C.) compare la parola “cervello” e vengono descritte le meningi. Vi si trovano circa 900 ricette di fitofarmaci, a base di timo, ricino e soprattutto mandragora e giusquiamo come sedativi (contengono scopolamina) , nonché la birra (ricca di lieviti ad azione antibiotica e di vitamine del complesso B), impiegata sia per via enterale che topicamente.
Essi praticarono la trapanazione cranica, impiegando strumenti assai simili a quelli odierni; usarono i purganti, il clistere e persino le sanguisughe, ed a scopo più squisitamente anestetico sfruttarono anche gli effetti sedativi del coriandolo e dell’oppio.
Nel 3000 a.C. anche gli assiri ricorrevano a narcotici vegetali, quali papavero, mandragola e Cannabis Indica ( marijuana), ma le popolazioni della Mesopotamia ricorrevano anche all’ischemia cerebrale indotta dalla compressione delle carotidi per provocare uno stato di coma transitorio durante il quale poter operare.
Già nel 500 a.C. gli indios peruviani provocavano un’anestesia di lingua e labbra masticando foglie di coca, mentre il filosofo greco Ippocrate (460-377 a.C.) descriveva una ”spugna soporifera” imbevuta di oppio, giusquiamo e mandragola ed in grado di addormentare un malato. E’ ancora un greco, Dioscoride, che conia la parola “anaisthèsia” per descrivere gli effetti soporiferi della mandragora, che ritroviamo utilizzata a Bologna, nel 1200, da fra Domenico de Luca.
Parallelamente, procedono gli studi anatomici grazie alla dissezione dei cadaveri, e il belga Vesalio (Andrea van Wiesel, 1514 – 1564), perfezionatosi a Padova, Bologna e Pisa, pubblica il monumentale “De umani corporis fabrica” nel quale già ipotizza la ventilazione artificiale, descrivendone la fattibilità sugli animali.
Intanto Valerius Cornus scopre le proprietà ipnotiche dell’etere disolforico e Paracelso ne scopre il potere analgesico, ma ambedue non ne intuiscono l’importanza clinica, così la lotta al dolore procede su altre strade, come quella del raffreddamento dell’area da operare (tecnica antenata della odierna crioanestesia…)
Dal canto suo, Sir W.Raleigh, il fondatore della Virginia, colonia inglese futuro stato degli USA, al ritorno dalla Guiana descrive la radice della Strycnos Toxifera e del suo estratto, “el urarì” (curaro), i cui effetti sugli animali e sui soldati vengono però divulgati solo alla metà del 1600 (anche se da sempre gli indios cacciavano con le frecce della cerbottana intinte nel curaro).
Nello stesso secolo compaiono i primi tentativi di somministrazione endovenosa di oppio mediante il calamo di una piuma (...ma sarà nel 1836 che F.Rynd inventa in Irlanda l’ago ipodermico metallico, e nel 1851 sarà il francese Charles G. Pravor a perfezionare la siringa).
Si giunge così fino alla fine del ‘700 con un tasso di mortalità operatoria ancora elevatissimo, dovuto anche alla mancanza di adeguata protezione dell’organismo dallo stress chirurgico ( dolore, sanguinamento, paura, ecc. ), finchè si intravvede una luce nel 1796, quando, in un felice periodo fervido di studi sui gas, viene prodotto il Nitrogenous (Protossido di Azoto), un gas non tossico sfruttato però ancora per diversi anni a venire solo per dar spettacolo con i suoi effetti esilaranti su quanti lo inalino, tanto da venir chiamato "Laughing Gas", trascurandone invece le proprietà anestetiche.
L’Ossigeno viene individuato e prodotto da J.Priestley, già preparatore del Nitrogenous; tali gas vengono studiati poi anche da Lavoisier, ma sarà nel 1800 che il grande fisico Michael Faraday appurerà gli effetti del nitrogeno, dimostrandoli simili a quelli ottenuti dall’inalazione di una miscela aria/etere.
Le cose si protraggono più o meno invariate fino al fatidico anno 1844, quando negli Stati Uniti inizia la vicenda che porterà alla nascita della moderna anestesia…che non fu scoperta, come si potrebbe pensare, in un laboratorio, bensì in un ...Luna Park !
Nel 1844 ad Hartford, Connecticut (USA), in uno fra i vari padiglioni di una fiera si teneva un divertente spettacolo, basato sulle stramberie che commettevano e dicevano sul palco alcuni volontari cui era stato fatto inalare del protossido d'azoto, il gas scoperto circa 50 anni prima che, come abbiamo già visto, modificava l'umore delle persone che lo inalavano, rendendole particolarmente ciarliere e ridanciane. Nelle prime file, a godersi gli effetti del gas esilarante sedevano un dentista, Horace Wells, ed un suo amico,Cooley, che su invito del presentatore Colton si offrì per sperimentare, insieme con altri volontari, l'ebbrezza del gas. Ma su di lui il protossido fece un pessimo effetto rendendolo talmente violento da scatenare una rissa con un altro volontario e da venir ricacciato tra il pubblico. Ad un tratto, lo spettatore che sedeva dietro a lui avvisò Cooley che sotto la sua sedia si andava allargando una macchia di sangue: durante la colluttazione egli si era infatti seriamente ferito ad una gamba, ma non si era accorto di nulla, nè aveva avvertito alcun dolore...
Wells pensò e ripensò all'episodio, tanto da concludere che il gas avesse in qualche modo ridotto nell'amico la sensibilità al dolore. E se ne convinse a tal punto, da decidere di provare il laughing gas come analgesico per l'estrazione di un dente. Chiamò un collega e dopo aver inalato una boccata di gas esilarante si fece estrarre un molare che da tempo gli dava fastidio: l'estrazione risultò perfetta e senza alcun dolore !
Entusiasmatosi per il risultato e procuratosi un volontario, Wells organizzò una estrazione dimostrativa nell'anfiteatro di uno dei templi sacri della Medicina: il Massachusetts General Hospital di Boston. Purtroppo però, o per errore di Wells nel calcolare i tempi, o -come alcuni affermarono- perchè pagato da alcuni detrattori, il paziente urlò più volte dal dolore...e fu un fiasco assoluto.
Wells lasciò la professione e mentre cercava, invano, di convincere i colleghi della veridicità di quanto affermava, un suo amico ed apprendista , William T.G.Morton, sviluppandone le idee, pubblicizzava grandemente i propri lavori sull'etere portando avanti le sue dimostrazioni: nel settembre del 1846 per la prima volta usò l'etere per estrarre un dente, ed il 16 ottobre 1846 si presentò al Massachussets General Hospital di Boston con una sfera di vetro munita di una via di ingresso e di una di uscita con dentro una spugna imbevuta di etere. Ne fece respirare al paziente (un tal Abbott) i vapori e ciò permise al Primo Chirurgo, dott. John Collins Warren,di asportare un grosso tumore del collo, rapidamente e senza nessun dolore.
Il sensazionale evento fu pubblicato il 18 novembre 1846 sul Boston Medical and Surgical Journal, ed un noto medico,Oliver W.Holmes, suggerì al riguardo il termine greco di "anestesia" per indicare "insensibilità al piacere ed al dolore": era nata la moderna anestesia.
Wells, sentitosi tradito da Morton, iniziò a sperimentare il cloroformio, ma ne divenne dipendente e dopo un arresto per avere sfregiato con acido due prostitute, a soli quettro anni dalla sua felice intuizione si tolse la vita.
Nel 1853 a Londra il dr Snow somministra cloroformio ( già sintetizzato nel 1831) alla regina Vittoria quando essa dà alla luce Leopoldo, e insieme con il principe nasce così anche la partoanalgesia. Da quell’epoca le scoperte e le invenzioni in anestesiologia si susseguono incalzandosi, grazie anche alla contemporaneità con i grandi progressi della tecnologia e degli studi di Medicina, Chimica, Fisica e Fisiologia:
1871: compare la prima bombola di nitrogeno compresso.
1880: prima intubazione orotracheale per la ventilazione artificiale.
1882: compare il ciclopropano, gas anestetico ( anche se pericoloso perché esplosivo).
1882: prima relazione di ventilazione bocca-a-bocca.
1885: prima anestesia locale per infiltrazione dell’area da operare e prima anestesia peridurale.
...e così via, col sopraggiungere delle prime rachianestesie, delle prime intubazioni orotracheali mediante primordiali laringoscopi, delle prime alcoolizzazioni di rami nervosi a scopo antalgico.
Nel 1902 è coniata la parola ANESTESIOLOGIA ad indicare la scienza ed i mezzi per ottenere insensibilità al dolore, con o senza ipnosi.
Nel 1911 Dräger lancia il primo apparato di miscelazione per gas anestetici , che unito ad un carrello portabombole costituirà il "Dräger - Kombi", il primo apparato per anestesia combinata con circuito a va-e-vieni.
Sei anni dopo, Ombrédanne disegna un apparecchio per vaporizzare etere ( “maschera di Ombrédanne”).
Il primo laringoscopio illuminato a pile e foggiato ad”L” è progettato dal dr Janeway, nel 1913 ed un anno dopo viene introdotto l’uso della calce sodata per l’assorbimento della CO2 nei circuiti ventilatori.
Guèdel pubblica nel 1920 i “segni” dell’anestesia (e 2 anni dopo ne descriverà i “piani”) , Magill propone l’uso del tubo endotracheale anche per somministrare anestetici inalatori.
Nel 1923 si usa il primo circuito chiuso e nel ’27 la prima elettroanalgesia.
Le industrie farmaceutiche fanno ora a gara nella ricerca e nella produzione di farmaci anestetici, sia inalatori che per uso locale: nel 1934 Lundy usa per la prima volta come anestetico il Tiopentale Sodico ( Penthotal ), un barbiturico fino ad allora impiegato endovena come “siero della verità” per le sue proprietà disinibenti; nel Sudamerica intanto, a Buenos Aires, compare il primo Apparecchio di anestesia, assemblato da J.C.Delorne unendo bombole di O2 e CO2 , vaporizzatori per etere e cloroformio, un filtro-contenitore di calce sodata, tubi e maschera.
1938 – Bennet usa per la prima volta il curaro per prevenire il trauma muscolare nei pazienti sottoposti ad elettroshock, e nel 1942 esso é impiegato per la prima volta clinicamente, per ottenere il rilasciamento della muscolatura del paziente, necessario all’intervento, senza più dover impiegare le quantità enormi di anestetico fino ad allora indispensabili per conseguire il medesimo risultato, ma è solo nel 1946 che viene fornita la d-tubocurarina, primo curaro semisintetico. Nel 1950 inizia l’uso clinico della Succinilcolina, di cui viene compreso il metabolismo grazie alla scoperta delle pseudocolinesterasi, e verrà sancita l’odierna concezione della tecnica anestesiologica concepita come insieme di narcosi + miorisoluzione + analgesia.
Parallelamente alla sintesi di nuovi anestetici, continuano a svilupparsi gli apparecchi per somministrarli e per sostenere le funzioni respiratorie del Paziente, come pure i sistemi di controllo delle funzioni vitali (monitoraggi): nel 1953 Virginia Apgar, anestesista, propone la sua scala per la valutazione della vitalità nel neonato ( il “punteggio APGAR”, in uso ancor oggi ); intanto l’industria produce sia nuovi farmaci come la bupivacaina e soprattutto l'Halotano, un vapore non esplosivo, sia nuovi mezzi di somministrazione (aghi, regolatori di flusso, vaporizzatori) sempre più validi: tutto questo permette finalmente di somministrare ogni farmaco con estrema precisione nei dosaggi più adatti, rivoluzionando su scala mondiale il modo di "fare anestesia."
La scala numerica per la valutazione del risveglio dall’anestesia è proposta da Aldrete nel 1970 (“Aldrete score”); due anni dopo compare l’enflurano e nel 1981 l’isoflurano, che sarà seguito nel ’92 dal desflurano.
Negli anni ’90, con l’introduzione delle pompe-siringa e con l’avvento di Propofol e Remifentanyl , si diffonde la tecnica detta TIVA (anestesia totalmente intravenosa), l’Informatica entra nella pratica anestesiologica, sia come archiviazione/elaborazione dati che nella gestione diretta dell’anestesia, giungendo alla somministrazione "personalizzata" regolata da appositi chips (TCI.)
Ma questa oramai....è storia contemporanea !

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