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sabato 29 maggio 2021

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 29 maggio.
Il 29 maggio del 1176 venne combattuta una delle più incredibili battaglie tra un esercito professionista ed uno decisamente più numeroso, ma meno equipaggiato: la battaglia di Legnano tra l’imperatore Federico Barbarossa ed i Comuni della Lega Lombarda. La sconfitta del primo fu clamorosa, ma la storia è vera o è soltanto una leggenda in funzione anti-tedesca?
Con la “costituzione delle regalie” emanata a Roncaglia nel 1158 l’imperatore si attribuì maggiori diritti fiscali ed amministrativi, una grande mazzata per i Comuni dell’impero che furono costretti a versare ogni anno una cifra davvero grande all’autorità centrale. Il peggio però doveva ancora arrivare con la distruzione di Milano del 1162 e con l’aumento della leva fiscale per portare più denaro nelle casse dell’impero che doveva servire per la conquista di Roma, il vero sogno di Federico Barbarossa. Nel 1167 però le truppe tedesche vennero falcidiate da un nemico invisibile, una misteriosa epidemia che costrinse l’imperatore a fare ritorno a nord.
Nel frattempo al nord un gruppo consistente di Comuni aveva stretto un patto per riconquistare l’autonomia perduta, la Lega Lombarda, nella scenografica e leggendaria abbazia di Pontida. L’intento di questo accordo era di ritornare alla situazione politico-tributaria prima di Federico, quella avuta con Enrico V e per questo ambizioso progetto avevano anche l’appoggio del pontefice Alessandro III, ufficializzato nel 1170 con la bolla Non est dubium. In onore del pontefice allora fu fondata la città di Alessandria che a Federico non piacque mai, ma nel tentativo di distruggerla conobbe una delle sue più brucianti disfatte.
Nel tentativo di resistere all’imperatore teutonico la lega aveva imposto la chiamata obbligatoria alla leva tranne che per gli ultrasessantenni ed aveva in questo modo riunito un esercito di 30.000 uomini, quasi tutti fanti o anche meno. Di contro nell’armata tedesca c’erano solo cavalieri super corazzati e professionisti di lignaggio nobile. Le forze della lega avevano comunque ottenuto un risultato significativo, la liberazione di Alessandria dagli assedianti. Si andava verso la battaglia decisiva e Federico Barbarossa non aveva abbastanza forze, quindi chiese ai nobili tedeschi un aiuto, che fu però rifiutato dal cugino Enrico il Leone (in seguito egli perse tutti i suoi territori per questo affronto verso il sovrano). L’imperatore cominciò le grandi manovre per il combattimento, da Pavia si spostò a Como transitando per Busto Arsizio ed accampandosi a Cairate. Anche la lega si mosse confluendo il suo esercito prima a Milano e poi a Legnano in una posizione strategica favorevole per bloccare alle truppe imperiali la via d’accesso a Milano.
Nel borgo di Legnano arrivò prima la cavalleria ed in seguito il “Carroccio” con parte della fanteria. Il Carroccio era un carro trainato dai buoi con il simbolo della lega e che rivestiva funzioni di punto di riferimento, in quanto visibile su tutto il campo di battaglia.
Tra Legnano e Borsano l’esercito della lega si trovò di fronte l’avanguardia tedesca costituita da 300 cavalieri, si venne subito alle armi; l’irruzione di Federico Barbarossa nel campo di battaglia spostò gli equilibri dalla parte degli imperiali, mandando in rotta l’esercito nemico, i cavalieri bresciani e milanesi fuggirono verso Milano lasciando i fanti privi di copertura alle cariche dei teutonici. Vista la debolezza del nemico i tedeschi ed i loro alleati comaschi pensarono di approfittare del momento e caricarono con tutto l’esercito. I tentativi di sfondamento da parte dei cavalieri germanici fu ostacolato dal muro di scudi e lance eretto dai Lombardi a difesa del Carroccio. La loro resistenza diede modo alla cavalleria in fuga di ritornare ed unirsi ai contingenti da poco usciti da Milano e di contrattaccare, piombando improvvisamente sul fianco degli imperiali scompaginandone i ranghi. Gli imperiali non resistettero e cadde il loro portastendardo che finì sotto gli zoccoli del cavallo, dopo che una lancia lo aveva trapassato. Il colpo definitivo al morale dei tedeschi fu però la caduta dello stesso Federico Barbarossa, che provocò, nel primo pomeriggio, la fuga in massa dell’esercito germanico.
Ancora oggi per i Legnanesi quel 29 maggio del 1176 è un giorno importante che viene celebrato ogni anno con il palio cittadino a testimoniare la vittoria sul Barbarossa. La commemorazione, la cui prima edizione nelle forme attuali risale al 1932, consta di una sfilata in costume d’epoca ed una gara ippica a pelo tra le otto contrade in cui è suddiviso il territorio: La Flora, Legnarello, San Bernardino, San Domenico, San Magno, San Martino, Sant’Ambrogio e Sant’Erasmo. Di solito la festa inizia la mattina con la celebrazione della Messa sul tradizionale Carroccio, simbolo della resistenza lombarda, per poi proseguire con l’investitura religiosa dei Capitani delle contrade. Abbiamo quindi la benedizione dei cavalli e dei fantini. Nel primo pomeriggio il corteo storico composto da oltre 1.200 figuranti Legnanesi in costume medievale, parte da piazza Carroccio e, dopo aver attraversato la città e reso omaggio alla statua di Alberto da Giussano, giunge al campo di gara dove ha luogo il Palio delle Contrade, al vincitore l’onore di conservare nella propria chiesa della contrada la Croce di Ariberto fino alla prossima manifestazione.
Alberto da Giussano è stato un eroe leggendario della lega, che con la sua “Compagnia della morte”, un manipolo di un migliaio di arditi, fece delle imprese memorabili nella battaglia. In realtà nella storia della battaglia di Legnano non vi è traccia di questo eroe, che sembra sia stato inserito successivamente nei romanzi storici, poichè nella battaglia mancava un vero capo carismatico per la Lega Lombarda, che doveva fare da contraltare al Barbarossa.
A partire dall’Ottocento, in Italia la battaglia di Legnano fu utilizzata per fini propagandistici dalle forze patriottiche. Si vedeva nell’affermazione dei Comuni un prototipo di Stato che si ribella ad un dominatore straniero, tuttavia le città della lega in verità non volevano vivere sole, ma desideravano essere libere all’interno dell’impero, che vedevano come un loro difensore.

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