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giovedì 13 maggio 2021

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 13 maggio.
Il 13 maggio 1968 a Parigi una grande manifestazione della Sinistra raduna 800.000 persone: è l'inizio del "maggio francese", che diede il via alla rivoluzione studentesca in Francia e in tutta Europa.
L'hanno chiamato "maggio francese", perché la fase acuta della rivolta iniziò il 3 maggio, con i primi scontri alla Sorbona. Ma è un nome improprio, perché in realtà il "maggio" iniziò a marzo e finì in giugno. Mese o quadrimestre che fosse, quel periodo fu il clou del Sessantotto europeo, dove "Sessantotto" va scritto, come d'uso, in lettere e con la "S" maiuscola, perché non indica solo una data, ma anche quell'eterogeneo movimento giovanile che attraversò mezzo mondo, segnando - nel bene e nel male - un'intera generazione.
Perché la rivolta? La miccia che innescò l'incendio fu una riforma, proposta da Christian Fouchet (ministro dell'Educazione nel governo gollista di Georges Pompidou), che tendeva a creare un legame stretto fra università e mondo produttivo. All'inizio del 1968 il progetto, definito "tecnocratico", creò diffusi malumori, soprattutto nelle facoltà umanistiche, che si sentivano marginalizzate. Il 22 marzo si registrò un primo atto di protesta: circa 200 studenti occuparono la Facoltà di lettere dell'Università di Nanterre, sobborgo di Parigi.
Ma Fouchet era solo una miccia casuale: già dal 1967 tutti gli ambienti giovanili d'Europa erano in fermento. Motivi: sovraffollamento delle università, incertezza degli sbocchi professionali, crisi dei valori tradizionali, scarso ricambio nelle classi dirigenti. In Germania l'epicentro del movimento era Berlino Ovest, patria di Rudi Dutschke, capo carismatico degli studenti di sinistra. Quanto all'Italia, tutto era iniziato a Trento, dove gli studenti avevano occupato la Facoltà di sociologia con mesi di anticipo rispetto ai loro omologhi di Nanterre.
Articolati in gruppi diversi, i vari movimenti dell'Europa Occidentale erano accomunati da alcune parole d'ordine: anti-autoritarismo, anti-consumismo, rifiuto della "società borghese". Da una certa fase in poi li accomunò anche una diffusa violenza, sia inferta che subita. La Germania vide scorrere il primo sangue l'11 aprile con un attentato a Dutschke. L'Italia ebbe il battesimo del fuoco il 1° marzo, con la "battaglia di Valle Giulia", nata dal tentativo di un corteo di entrare a forza nella Facoltà di architettura, presidiata dalla polizia.
Ma torniamo alla Francia, che arrivò ultima sulla scena del Sessantotto, per diventarne però la primattrice. Il 2 maggio, dopo 40 giorni di occupazione, l'Università di Nanterre fu sgomberata dalla polizia. La prova di forza ebbe l'effetto opposto dal voluto; infatti l'indomani gli studenti sloggiati si trasferirono alla Sorbona e contagiarono la maggiore università parigina coi loro slogan perentori: "L'immaginazione al potere", "Tutto e subito", "Vietato vietare". A guidarli era un anarchico nato tedesco: Daniel Cohn-Bendit, detto Dany il Rosso.
La situazione precipitò subito: lo stesso 3 maggio la polizia circondò la Sorbona e ci furono i primi scontri; il 7 e l'8 grandi cortei attraversarono Parigi; il 10 nel Quartiere Latino (il rione dell'università, a sud della Senna) sorsero barricate e per tutta notte le vie divennero un campo di battaglia, con centinaia di feriti. Il giorno 13 la rivolta toccò l'apice: mentre un manipolo di studenti occupava la Sorbona, 800mila scioperanti bloccavano Parigi, sfilando al grido di "Ce n'est qu'un debut, continuons le combat" ("È solo l'inizio, continuiamo la lotta").
Ormai il "maggio" non era più solo una rivolta di studenti: la protesta universitaria si era saldata con vertenze contrattuali di varie categorie, creando una miscela esplosiva che sfuggiva di mano anche alla Cgt, la Cgil francese. Fuori Parigi si moltiplicavano le fabbriche occupate: il 14 erano solo due, a Nantes e in Lorena; ma il giorno dopo divennero 50, sparse in tutto il territorio nazionale. Il 20 fu occupato anche il porto di Marsiglia. E il 21, mentre alla Sorbona parlava Jean-Paul Sartre, un nuovo sciopero coinvolse ben 7 milioni di persone.
Il "maggio" era sempre più eversivo per la Francia gollista. Eversivi erano non solo gli atti di violenza, né solo i danni economici: tale era anche l'atteggiamento irridente con cui i ribelli della Sorbona trattavano istituzioni e modelli di comportamento tradizionali. Nei cortei sfilavano ragazze a seno nudo, con berretto frigio in testa e bandiera rossa in mano, caricature di Marianne, icona femminile della "Republique". E nel Quartiere Latino nuove targhe ribattezzavano le vie: boulevard St-Michel divenne in quei giorni "rue du Vietnam héroique".
Poi il vento cambiò, i cortei si assottigliarono e in piazza cominciò a scendere tutta un'altra Francia, quella che chiedeva normalità. Il giorno di svolta fu il 25, quando si registrarono i primi due morti dall'inizio degli scontri, un poliziotto e un manifestante. Il colpo di grazia arrivò il 26, quando i francesi si sentirono dire che la benzina doveva essere razionata, per le difficoltà di rifornimento create da scioperi e disordini. Morale: il giorno 30 un nuovo, imponente corteo attraversò Parigi; non reclamava "tutto e subito", bensì "ordine subito".
Così, mentre il socialista François Mitterrand, principale leader di opposizione, chiedeva un governo di unità e pacificazione nazionale, De Gaulle fiutò l'aria favorevole e spiazzò tutti: apparve in Tv, sciolse l'Assemblea nazionale (Camera) e convocò nuove elezioni per fine giugno. Alla Sorbona ci furono alcuni colpi di coda, ma ormai il futuro era segnato: alle elezioni il partito gollista Udr fece il pieno, portando a casa 297 seggi su 487. De Gaulle aveva stravinto: oltre alle barricate aveva spazzato via anche l'opposizione parlamentare.

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