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mercoledì 4 marzo 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 4 marzo.
La sera del 4 marzo 2005 un'autovettura dei servizi segreti italiani con a bordo Giuliana Sgrena, l'autista Andrea Carpani e Nicola Calipari, giunta nei pressi dell'aeroporto di Baghdad, transita sulla Route Irish in direzione di un posto di blocco statunitense. La giornalista è stata appena rilasciata dai rapitori, a conclusione di una lunga trattativa condotta da Calipari, che aveva comunicato telefonicamente agli uffici del governo di Roma il felice esito dell'operazione, informando anche l'ambasciata.
Calipari era già stato protagonista in precedenza della liberazione delle due operatrici umanitarie Simona Pari e Simona Torretta.
La Route Irish è presidiata a causa delle frequenti azioni ostili nella zona (135 da novembre a marzo, per la maggior parte fra le 19 e le 21: ora in cui transitava l'auto del SISMI), e anche per il previsto passaggio dell'allora ambasciatore americano in Iraq John Negroponte.
Approssimandosi alla zona vigilata, il veicolo è oggetto di numerosi colpi d'arma da fuoco; Calipari si protende per fare scudo col suo corpo alla giornalista e rimane ucciso da una pallottola alla testa. Anche la giornalista e l'autista del mezzo rimangono feriti.
A sparare è Mario Lozano (New York, Bronx, 1969), addetto alla mitragliatrice al posto di blocco, appartenente alla 42ª divisione della New York Army National Guard. Altri soldati sono stati sospettati di aver partecipato alla sparatoria.
Sono state prodotte due versioni dell'accaduto, una italiana ed una americana, fra loro contrastanti in molti punti.
La vicenda ha creato forti attriti diplomatici fra Italia e Stati Uniti d'America, tanto che molti hanno subito richiamato la strage del Cermis, che pure portò ad attriti tra i due paesi), e la magistratura italiana ha aperto un'inchiesta sulla vicenda, incriminando il soldato Mario Lozano per l'omicidio di Calipari e il tentato omicidio di Giuliana Sgrena e dell'autista, Andrea Carpani, maggiore dei Carabinieri in forza al SISMI, entrambi rimasti feriti.
Come riferito da autorità governative, Sgrena ha sostenuto di aver visto, dopo una curva, che li avrebbe fatti rallentare fino ad una velocità massima di circa 50 km/h, una luce accecante e poi di aver udito subito dopo l'esplosione di numerosi colpi d'arma da fuoco: diverse centinaia, secondo la giornalista, protrattisi per 10-15 secondi a dire dell'autista.
Giuliana Sgrena ha aggiunto che non si trattava di un posto di blocco e che la pattuglia dei soldati americani non aveva fatto alcun segnale per identificarsi o per intimare l'"alt", come era invece regolarmente accaduto negli altri posti di controllo precedentemente attraversati, iniziando decisamente a sparare contro la loro automobile.
La giornalista dichiarò inoltre che i sequestratori, poco prima della liberazione, le avevano detto che gli statunitensi non volevano che tornasse viva in patria. Anche perché hanno sempre insinuato che il mediatore Calipari per l'ennesima volta ha liberato un ostaggio pagando un riscatto, cosa molto insolita da sentire perché cosi non si faceva altro che istigare i rapinatori e sovvenzionare il terrorismo islamico, quindi chi può dirlo se tutto questo è stato un incidente o tutto premeditato per non far andare a buon fine l'operazione di Calipari?
Secondo il governo statunitense, la cui versione è stata diffusa il 1 maggio 2005, l'auto viaggiava ad una velocità prossima ai 100 km/h. I militari del check-point 541 avrebbero seguito la cosiddetta procedura delle quattro S.
Nel corso della sparatoria, alcuni dei proiettili sarebbero stati accidentalmente deviati ed uno avrebbe centrato alla testa Calipari, protesosi in avanti per proteggere con il suo corpo la giornalista.
I funzionari statunitensi hanno inoltre asserito che nessuno era a conoscenza dell'operazione condotta dal SISMI, né dell'identità delle persone a bordo di quell'auto, regolarmente presa a nolo all'aeroporto di Baghdad.
Il rapporto americano era inizialmente uscito con numerose censure, per circa un terzo dell'elaborato, che mascheravano sotto strisce nere i nomi dei soldati implicati ed altri dettagli; pubblicato ufficialmente su Internet in formato pdf, il documento fu decifrato in pochi istanti tramite copia-incolla.
L'inchiesta effettuata dai militari statunitensi ha concluso che la sparatoria avvenuta il 4 marzo 2005 al posto di blocco presso l'aeroporto di Baghdad è stata «un tragico incidente».
La differenza principale fra le due versioni è costituita dalla velocità alla quale il veicolo italiano procedeva, che secondo gli statunitensi era di circa 100 km/h, mentre secondo gli italiani era di circa la metà. L'importanza di questo fattore risiede nella motivazione dell'azione dei soldati, che in caso d'alta velocità avrebbero potuto confondere l'auto con uno dei frequenti attacchi mediante auto-bomba.
Un'altra divergenza riguarda la richiesta di arresto del mezzo per controllo, che secondo gli statunitensi sarebbe stata operata correttamente, mentre secondo Giuliana Sgrena non vi sarebbe stata affatto, mancando la segnaletica e non essendovi stati cenni o altre indicazioni in questo senso.
Secondo gli italiani le forze americane erano state correttamente avvertite; dall'altra parte si è ribattuto che gli italiani non avevano invece dato avviso alcuno delle loro attività nella zona.
L'8 maggio 2007, durante il notiziario serale del TG5, è stato trasmesso in esclusiva un video contenente alcune immagini dei primi momenti successivi alla sparatoria. Il video è stato girato dallo stesso Mario Lozano e mai consegnato alla commissione d'inchiesta statunitense.
Dalla visione del video emergono due punti chiave:
I fari della Toyota Corolla su cui viaggiava il funzionario del SISMI erano accesi, mentre i soldati americani hanno testimoniato fossero spenti. Questo è considerato un punto chiave: il fatto che i fari fossero spenti avrebbe potuto far immaginare che gli occupanti dell'automobile stessero attuando un attentato.
L'auto è ferma ad almeno 50 metri dal carro armato americano, da ciò si deduce che l'auto al momento dei primi spari si trovasse ad una distanza almeno superiore ai 50 metri, dal momento che è necessario un tempo di frenata. Se, come afferma la versione statunitense, l'auto procedeva a 100 km orari, al momento degli spari l'auto avrebbe dovuto trovarsi a ben più di 150 metri di distranza. I soldati coinvolti invece hanno sempre sostenuto di aver sparato perché l'auto era molto vicina e di non avere altra scelta.
La Procura della Repubblica di Roma il 19 giugno 2006 ha formalizzato la richiesta di rinvio a giudizio per il militare americano Mario Lozano, imputato per l'omicidio di Nicola Calipari e per il ferimento della giornalista Giuliana Sgrena: il processo contro Lozano sarebbe possibile, secondo la Procura di Roma, essendo stata ipotizzata a suo carico la responsabilità in un "delitto politico che lede le istituzioni dello Stato italiano", una fattispecie riconducibile all'articolo 8 del Codice di procedura penale che consente di procedere contro chi abbia arrecato offesa a interessi politici dello Stato. L'imputazione è stata assunta in quanto Mario Lozano risulta irreperibile ed è mancata la collaborazione richiesta e non ottenuta dagli Stati Uniti, avendo le autorità americane respinto anche una rogatoria internazionale presentata dalla Procura di Roma.
Il 25 ottobre 2007, la Terza Corte d'Assise di Roma ha prosciolto l'imputato Mario Lozano non potendo procedere per difetto di giurisdizione. Secondo il giudice italiano, difatti, le forze multinazionali in Iraq ricadono sotto la giurisdizione penale esclusiva dei rispettivi paesi d'invio. Ciò secondo una consuetudine internazionale, detta "legge dello zaino", che derogherebbe alla norma italiana sull’esercizio dell’azione penale.
La sentenza è stata successivamente impugnata dalla Procura di Roma avanti la Corte di Cassazione.
Con sentenza del 19 giugno 2008, la I Sezione penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura di Roma, confermando la mancanza di giurisdizione italiana sul caso. La Suprema Corte, ha però smontato le motivazioni addotte dalla Corte d’Assise, valutando «davvero inadeguata» l’interpretazione resa dal giudice di primo grado. Secondo la Cassazione, al momento dei fatti, la missione militare internazionale in Iraq non operava in regime di occupazione militare (come invece sostenuto dalla Corte d’Assise per giustificare l’assenza di giurisdizione), e, in ogni caso, Calipari non faceva parte di detta missione.
L’assenza di giurisdizione viene invece motivata con l’esistenza di un’ulteriore consuetudine che garantirebbe l’immunità funzionale (ratione materiae), dalla giurisdizione interna dello Stato straniero (nel caso di specie, quello italiano) del funzionario statale (ossia il soldato Lozano) che abbia agito iure imperii (cioè sotto poteri autoritativi).
Secondo la Corte, l'immunità verrebbe meno soltanto in presenza di una “grave violazione” del diritto internazionale umanitario (ossia al verificarsi di un crimine di guerra o di un crimine contro l'umanità), non riscontrata però nel caso di specie.
Dopo "il tragico incidente", Mario Lozano ha lasciato Baghdad ed è stato nuovamente assegnato al primo battaglione del 69esimo reggimento di fanteria della Guardia Nazionale dello Stato di New York, a Manhattan.

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