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domenica 7 luglio 2013

#BALI FANTOME. #NISKALA E #SEKALA (di Ennio #Foppiani, puntata 3/27), #citazione #Aum #Tri Loka #gamelan #bidu

BALI

Parto per Bali con questa storia che abita i miei pensieri, anzi parto per Bali per questa storia.

Mi chiedo che cosa so di Bali è la risposta è poco, nulla. Bali, isoletta indonesiana, grande più o meno la Corsica, gran produttrice di riso, il migliore del mondo, bel mare, clima gradevole, un po’ d’induismo, sapori esotici.

Che altro so di Bali? Nient’altro, eppure… è il principio. Quiete e buio: questo esisteva soltanto al principio. Poi un giorno quella oscura quiete vene rischiarata da una vibrazione, un suono. Il suono AUM avviò la creazione, e da quel suono si irradiò una luce potente nella inseparabile triade ANG (Dewa Brahma, il Creatore), UNG (Dewa Wisnu, il Conservatore) e MANG (Dewa Siwa, il Distruttore). Uniti in un’unica eternità ANG UNG e MANG crearono il grande suono AUM e in questa forma tripartita furono la grande fonte di energia che chiamata Tinta governa unitamente sul Tri Loka, sui tre regni universali del cosmo infinito, sul Bur, sul Buwah, sullo Swah.

Tinta ovvero Ida Sanghyang Widi Wasa, colui che dimora nel Gunung Agung.

Che altro so di Bali? Poco, nulla. Splendidi ristoranti, alberghi da mille una notte come il Four Seasons, surfing e snorkeling e massaggi, fantastici massaggi balinesi, oli, essenze, e poi quel mirabile parco giochi acquatico che è il Waterboom Bali.

Nient’altro, eppure… è un pesce. Il Gunung Apat, a ovest, è la pinna caudale, a nord il Kubutambaha è la pinna dorsale, l’est, il Gunung Seraya con le sue pianure costiere forma il muso, mentre la ricurva baia di Padangbai a sud-est è la bocca. L’occhio di questo pesce è il cratere del Gunung Agung, la montagna suprema, l’ombelico del mondo.

Che altro so di Bali? Poco, nulla. Il gamelan certo, non l’ho mai sentito il gamelan, lo conosco solo perché lo citano Jon Hassel e Lou Harrison, e poi i Beatles, col loro periodo mistico, e l’Hard Rock Cafè di Kuta, quello con l’armonica di Bob Dylan e gli stivali di pelle di Grace Slick. Nient’altro, eppure… Uno, la terra cinta d’acqua. Due, il riso piantato nella terra. Tre, la montagna asse del mondo. Quattro, il mare che cinge la terra. Cinque, la foresta avvolta di fogliame. Sei, la pianura con le mandrie brucanti. Sette, i veggenti benedetti dagli dei. Otto, il cielo sopra la terra. Nove, gli dei, modello all’uomo. Dieci, il re, gioiello fra gli uomini. Bali è l’undicesimo, l’eka dasa, il ricominciare del ciclo.

Che altro so di Bali? Poco, nulla. Stringo fra le mani la Bali’s Lonely Planet, la sfoglio svogliato, ne fuoriescono frammenti di notizie che mi si incollano sulla retina, forse anche la oltrepassano, ma in me non c’è nessun desiderio di leggere, che oltrepassino pure, che vadano in giro per le circonvoluzioni, io sono in vacanza, sono qui per riposarmi e divertirmi, è stato un anno duro, faticoso, un anno con cui si è chiuso un ciclo, sono qui per rilassarmi, ristorarmi. Nient’altro, eppure… Bali è la terra dove l’uomo è formato da tre triangoli: il primo punta in basso, verso terra, è ANG, Brahma il rosso, poi due triangoli successivi puntano verso il cielo, UNG e MANG, Wisnu il nero e Siwa il bianco, insieme vibrano AUM e sono Ida Sanghyang Widi Wasa.

Bali è il bidu dove microcosmo e macrocosmo, visibile ed invisibile, spazio interno e spazio esterno, durata ed eternità si congiungono in un punto.

[continua]

 (Ennio Foppiani, “Bali Fantome. Niskala e Sekala”, in “Radure. Quaderni di materiale psichico”, rivista del Centro Studi Psicodinamiche di Torino, numero speciale “Terre alchemiche”, volume I, anno VI, 2002, pp. 78-79 – immagine, danzatrici del Gamelan Cudamani,  tratta da http://blogs.inlandsocal.com/iguide/2010/10/riverside-indonesian-music-and.html  )


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