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lunedì 2 settembre 2019

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 2 settembre.
Il 2 settembre a Beirut scompaiono nel nulla due giornalisti italiani, Italo Toni e Graziella De Palo.
Sono passati 39 anni dalla loro scomparsa a Beirut, in Libano. Era il 2 settembre 1980. “Loro” sono due giornalisti italiani: Maria Grazia De Palo, meglio conosciuta come Graziella, e Italo Toni. Scomparsi, nel nulla. E ancora oggi non si ha alcuna notizia ufficiale.
L’ultima informazione certa sui due inviati è quella diffusa dalle istituzioni: Italo e Graziella sarebbero prigionieri, ma vivi, dei falangisti cristiani libanesi. Una versione dei fatti che fu sostenuta dall’allora presidente del Consiglio, Arnaldo Forlani, di fronte ai familiari dei due colleghi scomparsi in Libano.
Questa vicenda aspetta ancora verità e giustizia. E il segreto di Stato, almeno in parte, continua a essere un ostacolo per chi chiede chiarezza. I familiari di Toni e De Palo, infatti, nonostante le continue richieste di desecretazione di quelle carte, hanno ottenuto davvero poco in questi anni. Il segreto di Stato era stato confermato dal governo Craxi nel 1984 e poi rimosso parzialmente nel 2009 dall’esecutivo guidato da Berlusconi.
Il segreto riguarda le carte che riportano le relazioni speciali fra il servizio segreto militare italiano Sismi e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). Un rapporto regolato da un protocollo segreto, indicato come “Lodo Moro”. Un patto che, per quello che ne è trapelato, dal 1970 avrebbe permesso all’Olp di fare in Italia attività paramilitari sotto copertura offrendo al nostro Paese, in cambio, la rinuncia a eseguire attentati terroristici.
Non è da escludere che i due giornalisti scomparsi fossero a conoscenza di questo patto segreto ed eliminati proprio per questo motivo: le prime tracce di questo “Lodo Moro” emersero a novembre del 1979, dopo il sequestro dei tre lanciamissili SA7 Strele trasportati su un’auto, nei pressi di Ortona (Chieti), da Daniele Pifano e dal palestinese del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) Abu Anzeh Saleh. E ancora: altre tracce apparvero nell’inchiesta giudiziaria che riguardava l’abbattimento dell’aereo dei servizi segreti italiani Argo 16.
Italo Toni, classe 1930, è un esperto di Medio Oriente e ha collaborato con diverse testate italiane e internazionali. È stato autore di uno scoop, scoprendo l’esistenza di campi di addestramento della guerriglia palestinese.
Graziella De Palo, classe 1956, indagava su traffici di armi per il quotidiano Paese Sera e per la rivista l’Astrolabio.
I due si trovavano da 10 giorni in Libano per documentare e raccontare la guerra civile e, in particolare, per indagare sui traffici d’armi e su questioni internazionali che implicavano anche l’attività dei servizi segreti italiani.
Italo e Graziella erano stati ospitati dal Fronte popolare per la liberazione della Palestina, una formazione di estrazione marxista alla cui guida c’era George Habbash: è lui che aveva promesso loro di portarli a sud, sulle colline, proprio dove si trova il castello di Beaufort, sulla linea dello scontro con l’esercito israeliano. Per i due giornalisti era dunque l’occasione di unirsi a un gruppo di guerriglieri in Libano, dove avvenivano i traffici internazionali d’armi in violazione degli embarghi sanciti dall’Onu.
Un terrorista pentito, Patrizio Peci, ha parlato dei traffici illegali di armi rivelando che le armi che passavano per il Medio Oriente arrivavano alle Brigate Rosse italiane. È lui che aveva fatto mettere a verbale questa dichiarazione:
«Vi fu da parte dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina una fornitura di armi, esplosivi, plastico, bombe ananas, mitragliatrici pesanti e mitragliatrici tipo Sterling che per tre quarti era destinata alle Br e per un quarto alle eventuali operazioni dell’Olp sul territorio italiano».
Quando l’Ucigos, l’Ufficio operazioni speciali del ministero dell’Interno, giunse a Beirut per indagare sul traffico d’armi a favore delle Br, l’Olp era già informata dei fatti. Sarebbe stato Stefano Giovannone, rappresentante dal 1972 dei servizi segreti militari in Medio Oriente, a rivelare ai palestinesi che stava avvenendo questo cambiamento a Roma.
Giannone, interrogato, negò di aver rivelato queste informazioni e sostenne di aver fatto solo il suo dovere, «eseguire gli ordini». Stefano Giannone morì nel 1985. E con lui, a quanto pare, anche la possibilità di avere giustizia per i due cronisti.
Giannone è colui che era stato coinvolto nella scomparsa di Graziella e Italo. È l’ufficiale dei servizi segreti, tra l’altro inquisito per aver favorito il traffico d’armi con l’Olp di Yasser Arafat, di cui era ottimo amico, ed è anche colui che fece richiesta del segreto di Stato, e lo ottenne, per i documenti riservati dei servizi segreti. L’allora presidente del Consiglio Spadolini approvò la richiesta, poi confermata anche da Craxi e Berlusconi.
I due giornalisti, come detto, si trovavano in Libano per raccontare la guerra civile e i traffici d’armi. La guerra civile libanese scoppiò il 13 aprile del 1975, quando un gruppo di persone che stava assistendo alla consacrazione di una chiesa nel quartiere di Ain Remmaneh venne massacrato a colpi di mitra da combattenti palestinesi. Quattro persone morirono e sette rimasero ferite.
A questa azione seguì una violenta risposta: un autobus carico di feddayn armati, che stava tornando da una parata, venne colpito durante il passaggio nel quartiere, provocando la morte di 27 persone, crivellate dai colpi.
Iniziò così la guerra civile in Libano. Da una parte i cristiani, sostenuti da Israele; dall’altra i musulmani, appoggiati inizialmente dalla Siria e poi dall’Iran, dopo la rivoluzione di Khomeini del 1979. Si fronteggiarono da una parte i cristiani maroniti e dall’altra la coalizione di palestinesi alleati ai libanesi musulmani, che insieme facevano parte del Partito socialista progressista.
E il traffico d’armi proliferava, con soldi derivati dal commercio di armi che venivano riciclati in istituti di credito, aziende e banche con sede a Beirut. La città con cui avevano a che fare anche persone legate alla P2 e al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.
È in questo contesto che i due cronisti italiani si inserirono, scoprendo che era proprio in Libano che avvenivano questi traffici internazionali d’armi in violazione degli embarghi sanciti dall’Onu. E fu proprio per questo che decisero di unirsi a un gruppo di guerriglieri, per poter raccontare questi traffici.
Dopo aver confermato le stanze d’albergo e aver avvisato l’ambasciata italiana, i due inviati partirono con alcuni membri del Fplp il 2 settembre 1980. E da allora non se ne sa più nulla: i due giornalisti italiani scomparvero nel nulla. A distanza di 39 anni i loro parenti non hanno la certezza della loro morte e, nel caso, non sanno chi e come sia stato ad ucciderli.
Le indagini sulla loro scomparsa portano a collegamenti con la P2 e i servizi segreti, ma il segreto di Stato copre tutto. Segreto che, come detto, viene opposto al magistrato inquirente dal colonnello Stefano Giannone, che in quel periodo era un uomo del Sismi a Beirut. Ed era proprio su Giannone che Graziella stava indagando.
Nel suo primo articolo pubblicato su L’Astrolabio il 14 giugno 1978, si comprende una precisa conoscenza della situazione italiana relativa al traffico d’armi verso i Paesi di quello che veniva allora chiamato “Terzo mondo”, dove erano invischiati i Servizi segreti italiani. Graziella dava conto dell’operazione di “ricambio” a tutti i livelli del Sismi avvenuta a metà maggio 1978, dopo le dimissioni del ministro degli Interni Cossiga in seguito all’uccisione di Aldo Moro.
Nel suo articolo Graziella denunciava il coinvolgimento dell’ufficio Rei (Rapporti economici e industriali) del Sismi. Ufficio che ha l’ultima parola sulla vendita di armi italiane all’estero. E ancora scrive a proposito della sparatoria alla scorta di Moro in via Fani a Roma che «fu compiuta con armi italiane (mitra Beretta e munizioni Fiocchi) destinate all’Egitto e rientrate per vie tortuose in patria».
Anche la giornalista Graziella De Palo quindi indagava sul traffico d’armi negli stessi anni in cui l’ex giudice Carlo Palermo, con la sua inchiesta di Trento, fu il primo a fare luce su questi traffici di armi tra Italia e Medio Oriente. È lui – oggi avvocato – a ricercare la verità sul caso di Graziella De Palo e Italo Toni, oltre che sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, l’inviata del Tg3 e il suo operatore morti in un agguato in Somalia il 20 marzo 1994.
Anche loro, come Graziella e Italo, stavano indagando su un traffico d’armi e di rifiuti tossici quando vennero assassinati in Somalia. Nel 2016 i familiari di Graziella si sono rivolti a lui per avere delle risposte sulla sua sorte.

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