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venerdì 13 settembre 2019

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 13 settembre.
Il 13 settembre 1867 viene inaugurata la Galleria Vittorio Emanuele II a Milano.
Una delle prime tappe di ogni viaggio a Milano è la Galleria Vittorio Emanuele II, considerato il salotto della città, un elegante punto d’incontro a due passi dal Duomo.
La storia di questo luogo comincia nel 1859, nel momento in cui le truppe franco-piemontesi liberarono Milano dal controllo austriaco.
La città conta 196.000 abitanti all’interno della cerchia dei Bastioni e 47.000 al di fuori.
I suoi ritmi di crescita si fanno ogni giorno più frenetici: aumentano i lavori e migliorano gli stili di vita.
Alla vigilia dell’Unità d’Italia, Milano stava risorgendo sia dal punto di vista economico che culturale.
Eppure, Piazza Duomo, uno dei simboli della città, non sembrava pronta a questa rinascita, con il suo impianto irregolare e lo spazio davanti alla cattedrale occupato da costruzioni medievali.
Il 5 dicembre 1859, il re, Vittorio Emanuele II, diede il via a una lotteria i cui ricavi avrebbero dovuto finanziare la modernizzazione della Piazza. I soldi raccolti non furono abbastanza, ma la lotteria attirò l’attenzione di stampa e cittadini: qualcosa, quindi, doveva cambiare.
Fallito il tentativo della lotteria, il municipio di Milano organizzò tre concorsi per raccogliere le idee e premiare la migliore.
Fu il progetto di Giuseppe Mengoni, lodato per concretezza ed eleganza, a spiccare fra gli altri e a vincere il terzo concorso nel 1863. Due anni dopo, il re posò la prima pietra al centro di quello che sarebbe diventato l’ottagono della Galleria: un masso di granito, chiuso da una lastra di marmo di Carrara, con, al suo interno, dei disegni della Galleria, l’atto della cerimonia e alcune monete d’oro.
Circa 1000 erano le persone coinvolte nel progetto, fra muratori, fabbri e vetrai, tutti supervisionati da Mengoni. I lavori durarono relativamente poco e, nel giro di due anni, la Galleria fu completata. Solo l’arco d’ingresso fu finito più avanti, nel dicembre del 1867. Il giorno prima dell’inaugurazione dell'arco, il 30 dicembre,  avevano già cominciato a circolare i primi commenti sulla Galleria: alcuni erano entusiasti, altri diffidenti.
Quel giorno, sulle impalcature, c’era ancora Mengoni, intento a finire gli ultimi ritocchi. Il suo corpo fu trovato ai piedi delle impalcature: c’è chi disse che era stato un malore e chi, invece, che non avesse retto le critiche.
Nella Galleria Vittorio Emanuele II, in breve tempo, cominciò a riecheggiare il ticchettio delle scarpe eleganti. In Galleria si esibivano le proprie pellicce, si girava, anche a rischio di cadere, tre volte sui testicoli del toro (raffigurato sul pavimento a mosaico; secondo una superstizione questo gesto porta fortuna), ci si fermava al Biffi a bere un caffè.
Nonostante il consolidamento, negli anni, di altre strade altrettanto eleganti, la Galleria rimase un punto nevralgico dell’alta borghesia milanese. Forse dovette il suo successo alla sua posizione centrale o forse al fatto che al Savini servivano il miglior risotto allo zafferano della città, applaudito anche da Grace Kelly.
Poco importa. I calici di spumante erano alzati verso i soffitti vetrati e smisero di brindare alla Madonnina solo in due occasioni: dopo i bombardamenti del ’43, durante la ricostruzione, e negli anni di Piombo.
Nel 1968, il ticchettio delle scarpe eleganti cessò definitivamente, sovrastato dal passo veloce e unito degli studenti milanesi. La Galleria di Mengoni si trasformò, da frivolo luogo d’incontro borghese, a luogo di scontro politico: perfetta passerella fra due Piazze, fu attraversata da manifestazioni, comizi, dibattiti.
Oggi si continua a passeggiare, a girare tre volte, cadendo, sui testicoli del toro e a prendere un caffè, allo Zucca, o un aperitivo, al Campari. È rimasta un luogo d’incontro per guide e turisti, e di scontro, fra selfie stick e piccioni.
A maggio 2015 è riuscita a rinnovarsi nuovamente: il 20 ha, infatti, aperto l’attesissima passeggiata sui suoi tetti.
Una nuova passerella di 250 metri, alla quale si accede da Via Pellico. Viene da chiedersi se Mengoni avrebbe apprezzato e se, su questa passerella sopraelevata, avranno la meglio tacchi o striscioni.

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