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giovedì 29 agosto 2019

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 29 agosto.
Il 29 agosto 1533 il conquistatore Pizarro uccide Atahualpa, ultimo imperatore del popolo Inca.
Nel 1512, vent'anni dopo il primo sbarco di Colombo sul continente americano, un navigatore spagnolo, Vasco Nunez de Balboa, partì dall'Istmo di Darien, l'attuale Panama, a capo di una spedizione esplorativa diretta a Sud, nel bacino che si estende tra la Cordigliera delle Ande e la costa dell'Oceano Pacifico.
La bramosia dei conquistadores spinse Balboa a sud alla ricerca del fantastico regno di El Dorado. L'esplorazione del navigatore spagnolo collassò poco dopo a causa di un complotto, di cui lo stesso Balboa rimase vittima. Dieci anni dopo un altro esploratore, Pascual de Andagoya, raggiunse le coste della Colombia e dell'Ecuador, entrando in contatto per la prima volta con le popolazioni della magnifica terra conosciuta come Sud America.
I primi approcci avvennero durante la guerra civile tra le truppe di Atahualpa, che risiedeva a Nord vicino a Quito, e Huascar, che dominava dall'antica Cuzco. Tutto ebbe inizio quando Atahualpa inviò una delegazione alla corte del fratello, Huascar, per assicurare la propria fedeltà ma anche per chiedere una maggiore indipendenza. Gli ambasciatori furono torturati e condannati alla pena capitale, tutti tranne uno che aveva il compito di tornare da Atahualpa per riportare gli ordini di Huascar: il regnante di Quito doveva recarsi a Cuzco e consegnare degli abiti femminili che avrebbe indossato all'atto del suo ingresso nella città.
Così ebbe inizio la guerra civile tra le popolazioni dell'impero Inca.
Malgrado la preponderanza dell'esercito di Huascar, si giunse alla cattura del comandante supremo da parte delle forze di Atahualpa grazie ad un efficace stratagemma: Huascar si spinse audacemente contro il nemico con le insegne spiegate; il comandante di Atahualpa, Chalcochima, lo riconobbe e concentrò tutte le truppe verso il luogo in cui Huascar risiedeva con un piccolo drappello di uomini. Con un audace colpo di mano, le truppe di Quito riuscirono a catturare vivo Huascar.
Quando giunse la notizia della vittoria, Atahualpa non mostrò troppo desiderio di recarsi a Cuzco.
Il motivo di tale decisione?
Il sovrano di Quito era stato avvertito dell'arrivo di strane genti provenienti da Nord, giunte dal mare su enormi case galleggianti. I resoconti parlavano di una razza straniera, bianca e barbuta, con strani bastoni lucenti che provocavano il tuono e la folgore e con enormi animali dai piedi d'argento.
I bastoni lucenti altro non erano che gli archibugi, gli animali con i piedi d'argento erano i cavalli al seguito delle truppe spagnole.
Le informazioni che seguirono le prime indicazioni tranquillizzarono il regnante, poiché i bastoni d'argento non erano micidiali come pensato all'inizio perché dovevano essere ricaricati ogni volta e gli animali dai piedi d'argento non potevano agire di notte e, soprattutto, non uccidevano nessuno.
Anche il numero degli uomini bianchi con la barba era esiguo, qualche centinaio.
Atahualpa decise d'attendere gli stranieri a Cajamarca, protetto da circa 80.000 uomini.
Francisco Pizarro giunse a Cajamarca il 15 novembre del 1532.
Nei giorni seguenti decise d'inviare due ambasciatori, scortati da un drappello di soldati. I due cavalieri, Hernando de Soto e Hernando Pizarro, furono accolti da Atahualpa con calici d'oro e bevande dissetanti. I due spagnoli invitarono il regnante ad una cena con il comandante in capo della spedizione. Il sovrano all'inizio respinse l'invito, ma ripromise di fare visita agli stranieri il giorno seguente.
Come promesso, Atahualpa arrivò a Cajamarca sul far della sera. Scortato da numerosi sudditi disarmati decise d'entrare nella città, ma all'ultimo momento s'arrestò. Pizarro decise d'inviare uno spagnolo che conosceva alcune parole della lingua parlata dal sovrano, Quechua, per convincerlo ad entrare. Atahualpa entrò nella piazza principale, sempre scortato dal numeroso seguito. Brevi istanti ed un frate si fece incontro al regnante. Il prete, Vicente de Valverde, si presentò come uomo mandato da Dio, dicendo al sovrano di Quito che il Papa aveva inviato gli spagnoli nelle loro terre perché potessero convertirsi al cristianesimo. Per questo motivo l'impero Inca avrebbe dovuto riconoscere l'autorità di re Carlo I di Spagna.
Atahualpa rispose che non avrebbe chinato il capo di fronte a nessuno, chiedendo da quale potere derivasse una simile richiesta. Il prete gli mostrò una Bibbia. Il sovrano la prese e l'accostò all'orecchio per ascoltare, non sentendo alcun suono la gettò per terra e chiese una spiegazione sulla presenza degli stranieri nell'impero Inca.
Il frate raccolse la Bibbia e corse da Pizarro per raccontare l'accaduto, descrivendo Atahualpa come un cane orgoglioso.
Il comandante spagnolo non attendeva altro che un gesto per sferrare l'attacco al sovrano. Il frate incitava le truppe, indignato dal fatto d'aver visto gettate per terra quella che considerava le sacre scritture.
Il frate, Vicente de Valverde, non si limitava ad incitare le truppe, ma impartì una preventiva benedizione, assoluzione compresa, per i crimini che avrebbero commesso in battaglia.
I soldati spagnoli si lanciarono selvaggiamente sui sudditi disarmati di Atahualpa, uccidendoli a migliaia grazie alle loro armi tecnologicamente superiori e all'effetto sorpresa dell'agguato sulla piazza principale di Cajamarca.
Almeno 5000 amerindi persero la vita nella ferocia dell'agguato.
Un numero enorme pensando che gli spagnoli erano 160.
Atahualpa rimase sempre in piedi sulla lettiga sorretta dai suoi nobili più fedeli. Gli spagnoli cercavano di catturarlo ma si trovavano di fronte un muro umano. Alla fine Pizarro riuscì ad afferrare il regnante ad una gamba, proprio nel momento in cui un soldato spagnolo sferrò un fendente per colpire Atahualpa.
Il comandante spagnolo risultò l'unico ferito nei combattimenti di Cajamarca.
Il regnante Inca fu trasportato velocemente in un luogo sicuro, nel Tempio del Sole della città. Il sovrano propose uno scambio a Pizarro: per la propria libertà avrebbe fatto riempire la stanza in cui era imprigionato di metalli preziosi. Atahualpa si era accorto dell'ingordigia con cui il comandante spagnolo guardava i manufatti d'oro e d'argento degli Inca.
Pizarro accettò, facendo redigere un regolare contratto dal notaio della spedizione.
In realtà non aveva nessuna intenzione di liberare Atahualpa, ma l'Inca convinto dagli spagnoli diede ordine di portare tutto l'oro e l'argento necessari per il riscatto.
Durante la permanenza in custodia, ad Atahualpa fu permesso di tenere una piccola corte a Cajamarca. L'imperatore Inca imparò rapidamente il gioco dei dadi e quello degli scacchi; si dimostrò estremamente interessato alla scrittura ed alla storia spagnola.
Durante la prigionia dell'imperatore, Pizarro fu profondamente combattuto tra il desiderio d'onorare la parola data ed il mancato rispetto dell'accordo. Pizarro si piegò di fronte alle insistenze del frate spagnolo, Vicente de Valverde, il cattolico che si era presentato al regnante spiegando che doveva credere immediatamente ad un Dio diverso dal suo, venuto da terre che nemmeno immaginava esistessero.
Atahualpa fu processato da un ristretto numero di capitani.
Furono mosse accuse risibili all'indirizzo dell'imperatore Inca.
Fu giudicato colpevole.
La pena che spettava ad Atahualpa era il rogo.
Vincente de Valverde, il prete spagnolo, sino all'ultimo chiese all'imperatore di convertirsi, poiché questo atto avrebbe mitigato la pena: sempre di morte si sarebbe trattato, ma almeno avrebbe evitato il rogo.
Dato che la religione Inca aborriva la distruzione del cadavere, Atahualpa decise di farsi battezzare.
Non fu bruciato sul rogo ma giustiziato mediante garrota.
Atahualpa fu ucciso selvaggiamente il 29 agosto del 1533.
Dopo la sua morte l'impero fu governato dal giovane Tupac Huallpa e successivamente da Manco Inca Yupanqui.
La scomparsa di Atahualpa comportò la fine dell'Impero Inca poiché gli spagnoli erano prossimi alla conquista definitiva del Perù.

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