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sabato 27 luglio 2019

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 27 luglio.
Il 27 luglio 1992 la mafia uccide il commissario Giovanni Lizzio.
Giovanni Lizzio, ispettore capo della Squadra mobile di Catania, da un anno a capo della sezione anti-racket, uscendo dalla questura la sera del 27 luglio 1992 fu seguito da due killer in moto, che affiancarono la sua auto ad un semaforo e gli spararono due colpi a bruciapelo con una calibro 38, al corpo e alla testa. Trasportato in ambulanza all’ospedale Cannizzaro, morì prima di essere ricoverato. Aveva 47 anni, era sposato e padre di due figli. Il delitto fece molto scalpore, perché era la prima volta che a Catania avveniva l’esecuzione di un uomo delle istituzioni da parte della mafia.
Il 90% dei commercianti catanesi pagava il pizzo e i proventi del racket erano essenziali per la sopravvivenza delle cosche. Lizzio era riuscito ad arrestare numerosi estorsori collegati alle famiglie mafiose catanesi, grazie anche alla collaborazione con un’associazione di commercianti taglieggiati e alle rivelazioni di un pentito. Una decina di giorni prima dell’agguato, il 18 luglio aveva guidato un’operazione che aveva portato all’arresto di 14 uomini del clan Cappello.
L’esecuzione di Giovanni Lizzio fu decisa dalla mafia per sfidare le istituzioni, in una logica da strategia della tensione
Il 23 maggio c’era stata la strage di Capaci. Due mesi dopo, il 19 luglio, quella di via D’Amelio. Le morti di Giovanni Falcone e della moglie Francesca Morvillo, poi di Paolo Borsellino, insieme alle loro scorte, avevano fortemente scosso il Paese. Il Governo presieduto da Giuliano Amato aveva deciso il 24 luglio di fare intervenire le Forze Armate in quella che fu chiamata operazione “Vespri Siciliani”, che si concluse l’8 luglio 1998. I primi militari furono utilizzati a Palermo sin dal giorno successivo. Fu il primo grande intervento delle Forze Armate Italiane per motivi di ordine pubblico nel dopoguerra. Ai militari impegnati vennero attribuite le funzioni di agenti di pubblica sicurezza. Entro il 14 agosto sarebbero stati impiegati ottomila militari.
Un delitto come quello di Giovanni Lizzio era di tale livello che fu sicuramente autorizzato dalla Cupola di Cosa Nostra, in un clima da strategia della tensione. Le cosche catanesi dimostrarono aperta sfida nei confronti delle istituzioni così come i corleonesi nella Sicilia occidentale, nonostante i battaglioni di militari che ogni giorno raggiungevano la Sicilia.
Per l’omicidio dell’ispettore fu condannato all’ergastolo, con sentenza passata in giudicato, il capomafia Benedetto “Nitto” Santapaola.

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