Buongiorno, oggi è il 15 novembre.
Il 15 novembre 1848 Pellegrino Rossi, primo ministro del papa Pio IX, viene assassinato sulle scale della Cancelleria, poco tempo prima della fuga del Papa verso Gaeta. Un delitto ancora avvolto nel mistero.
Chi decretò la sua condanna a morte e soprattutto quali responsabilità particolari aveva? Pellegrino Rossi non fu ministro della Giustizia, ma, nella sostanza, primo ministro del Papa: e soprattutto non fu reazionario. Chi vuole maggiori informazioni sulla sua persona e sulle circostanze del suo assassinio nel palazzo della Cancelleria, il 25 novembre 1848, potrà leggere un libro di Giulio Andreotti apparso presso Rizzoli nel 1974 («Ore 13: il ministro deve morire»). Consigliato anche agli studiosi di Andreotti. Scopriranno che il vecchio uomo politico democristiano, molto noto anche per le sue frequentazioni vaticane, non sembrava avere grande considerazione né per il talento politico né addirittura per le doti intellettuali di Pio IX. Nella storia italiana dell' Ottocento Pellegrino Rossi è un outsider, un personaggio molto interessante e difficilmente classificabile. Nacque a Carrara nel 1787, fece i suoi studi a Bologna e fu partigiano di Gioacchino Murat quando questi, dopo la caduta di Napoleone, cercò di riconquistare il trono di Napoli. Costretto a lasciare l' Italia dopo il fallimento dell'impresa, trovò asilo a Ginevra dove divenne cittadino svizzero, fece una brillante carriera accademica, fu eletto al Consiglio rappresentativo del cantone e venne incaricato di progettare una nuova Costituzione federale.
Propose un «Patto» che avrebbe modificato i rapporti di forza fra cantoni e governo centrale. Ma i cantoni reagirono polemicamente e Rossi preferì andarsene a Parigi dove divenne professore di economia politica al Collège de France e di diritto costituzionale alla Sorbona. Le sue idee piacquero al maggiore statista liberale della Francia di allora, François Guizot, e Rossi, in poco più di dieci anni, ebbe la cittadinanza francese, fu incaricato di una missione speciale presso il Vaticano, divenne conte, pari di Francia e finalmente, dal 1845, ambasciatore del suo nuovo Paese presso la Santa Sede.
Era a Roma dunque quando il Conclave elesse un nuovo Papa nella persona di Pio IX. Ed era a Roma quando la rivoluzione francese del marzo 1848 detronizzò Luigi Filippo, costrinse Guizot a fuggire in Inghilterra e instaurò la repubblica. Rossi perdette il posto, naturalmente, ma rimase a Roma, dove sapeva di poter contare sulla simpatia di un Papa a cui aveva dato molti buoni consigli nel periodo in cui Pio IX sembrò essere la guida morale di un grande Risorgimento nazionale. Fu così che nell'estate del 1848, dopo avere concesso ai suoi sudditi una Costituzione, Papa Mastai dette a Pellegrino Rossi la cittadinanza dei suoi Stati e lo chiamò a dirigere il governo. Non credo esista un altro uomo politico, nella storia dell' Ottocento, che abbia avuto tre cittadinanze e importanti incarichi politici in tre diversi Paesi.
Divenuto il Primo ministro di Pio IX, si buttò nel lavoro con grande entusiasmo. Voleva abolire i privilegi feudali, sopprimere le esenzioni fiscali, separare il potere secolare da quello ecclesiastico. E credette di potere realizzare questi obiettivi grazie al sostegno del Papa. Ma le sue riforme erano intollerabilmente liberali per la Curia, pericolosamente egualitarie per i conservatori, insufficientemente democratiche per i patrioti: troppi nemici per un uomo che Pio IX, a giudicare dal libro di Andreotti, stava gradualmente abbandonando. L' epilogo della breve carriera romana di Pellegrino Rossi cadde nel giorno in cui avrebbe dovuto pronunciare un importante discorso nel palazzo della Cancelleria di fronte ai membri, da poco eletti, del nuovo parlamento. Molti, fra cui lo stesso Papa, lo avevano esortato nelle ore precedenti a essere prudente. Erano suggerimenti amichevoli, ma anche forme di intimidazione. Rossi non volle dare retta a nessuno e mantenne l'impegno. Ma quando uscì dalla carrozza nel cortile della Cancelleria e una folla di dimostranti si strinse intorno alla sua persona, un uomo lo toccò alla gamba con un bastone. Era un segnale. Non appena Rossi si voltò di scatto, il pugnale di un assassino gli troncò la vena giugulare.
Vi fu un processo, parecchi anni dopo. I giudici esaminarono un certo numero di imputati, ritennero di avere individuato i membri del complotto e il materiale esecutore dell' assassinio. Ma non seppero o non vollero scoprire chi, dietro le quinte, avesse desiderato e progettato la morte di Pellegrino Rossi. Sembra del resto che Pio IX, quando gli fu data la notizia della morte, abbia detto: «Doveva finire così perché si era reso inviso a tutti».
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