Buongiorno, oggi è il 7 febbraio.
Il 7 febbraio 1857 Gustave Flaubert viene assolto dall'accusa di offesa al buon costume per il suo romanzo "madame Bovary".
Madame Bovary è il capolavoro di Flaubert, scrittore appartenente al filone realista del Romanticismo Francese. Il romanzo fu messo sotto inchiesta per oltraggio alla morale pubblica: infatti nel libro non si condanna in alcun modo l’adulterio, ma se ne parla liberamente. Ovviamente l’intento di Gustave Flaubert era quello di portare alla luce la scarsa educazione sentimentale e sessuale che le donne del suo tempo ricevevano (come poi farà Émile Zola per La Joie de vivre), condannando severamente la lettura di romanzi sentimentali. Per scrivere questo romanzo, Flaubert, si ispira a fatti realmente accaduti nella provincia normanna alla giovane Delphine Delamare, del cui suicidio si parlò sui quotidiani locali del 1851.
Madame Bovary è un romanzo complesso dal punto di vista psicologico: si fa fatica a comprendere il perché dei malesseri della giovane Emma, e ancora più incredibile è la cecità di Charles di fronte ai perpetuati tradimenti della moglie. Emma è un’attrice di grande prestigio che riesce a camuffare addirittura i sentimenti verso sua figlia Berthe, che in realtà odia perché femmina: odia il suo genere sessuale perché nella provincia francese di metà Ottocento una donna può essere solo una fattrice, una contadina, una buona moglie e una buona madre, ma non di più. Emma sogna i grandi palazzi, le feste fastose, le beau monde.
Emma è alla costante ricerca di piacere, ebbrezza, felicità. Nella sua stupidità, penserà di averle trovate, dapprima nel marchese de la Huchette e poi nel giovane Léon. La giovane sarà tutta persa nel suo adulterio, e davanti allo specchio ripeterà più volte: “Ho un amante! Ho un amante!” come se questo fosse la tappa più importante nella sua vita. Emma vive completamente immersa nelle immagini distorte, di una vita che i romanzi sentimentali – letti di nascosto nel convento dove ha passato l’adolescenza – le hanno elargito. La giovane campagnola si comporta da gran signora: vuole sempre abiti alla moda, costosi; arreda la sua casa come un piccolo casino nobile.
Charles, dal canto suo, tutto perso nel suo ingenuo amore per una donna infida come Emma, non si accorge dei suoi tradimenti, ma si ritrova a “ruminare felicità” accontentandosi di avere una moglie bella e sensuale che però dentro è vuota, un guscio d’uovo. Il cognome Bovary ci riporta inevitabilmente alla parola “boeuf” che in francese significa bue: un animale docile, flemmatico, che passa la sua vita a ruminare sempre la stessa erba.
Il testo del romanzo scorre bene, non ci sono pensieri troppo capziosi: tutto è molto chiaro. Le descrizioni sono semplici nella loro trasparenza realista, il narratore non è invasivo come in altri romanzi realisti (per esempio il Père Gorio di Balzac). Il capitolo sulla morte di Emma è certamente quello più toccante e più ben scritto: i vari stadi dell’avvelenamento da arsenico, le urla di dolore di Emma, i suoi spasimi, sono talmente realistici, che il lettore è catapultato nella stanza dove la giovane sta morendo.
Madame Bovary è certamente uno dei romanzi che fa grande il Secolo XIX e la sua letteratura, caposaldo del realismo che intende ricostruire la realtà senza idealismi.
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