Buongiorno, oggi è il 27 luglio.
Nella notte del 27 luglio 1993 esplode una autobomba a Milano nei giardini di Via Palestro, provocando 6 morti. Altre due a Roma, danneggiando la chiesa di San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano.
La primavera-estate del '93, ormai quasi del tutto dimenticata e forse rimossa, fu per l'Italia una nuova stagione di sangue. Forse, in quel complicato intrigo che sono i misteri d'Italia, fu proprio quella la stagione più misteriosa e, non a caso, quella che ha trovato una definitiva, quanto poco credibile (anzi assolutamente incredibile), sistematizzazione giudiziaria.
14 maggio 1993: un'autobomba esplode a tarda sera in via Fauro a Roma, nel quartiere Parioli, uno dei più esclusivi della capitale, a due passi dal teatro Parioli. L'esplosione avviene al passaggio di un'auto con a bordo Maurizio Costanzo e sua moglie, Maria De Filippi, che dopo la registrazione del "Maurizio Costanzo show", una trasmissione della rete televisiva Canale 5, stanno facendo ritorno a casa. Nessuna vittima.
27 maggio 1993: Un'altra autobomba, questa volta piazzata a Firenze, in via dei Georgofili, sotto la Torre del Pulci, non distante dalla Galleria degli Uffizi, esplode provocando 5 morti.
Notte tra il 27 e il 28 luglio 1993: Ancora un autobomba piazzata in via Palestro a Milano provoca cinque morti. Autobombe esplodono anche a Roma davanti al vicariato, in piazza San Giovanni e di fronte alla chiesa di San Giorgio al Velabro: nessuna vittima. Poi il silenzio torna a pesare come una cappa di piombo. Che il Partito della Tensione, da quasi due decenni disattivo, sia tornato in azione? Che ancora una volta, dopo gli anni dello stragismo, una nuova minaccia stia sovrastando il Paese? E con quali finalità? Certamente quei micidiali strumenti di morte (10 vittime, montagne di macerie) sembrano soprattutto precisi avvertimenti lanciati, come segnali di condizionamento, contro il cambiamento che l'Italia sta vivendo in quel periodo: l'inchiesta Mani Pulite sta facendo piazza pulita della classe dirigente nazionale, un referendum ha appena introdotto un nuovo sistema elettorale basato sul principio del maggioritario, c'è già chi (avventatamente) parla di Seconda Repubblica. I messaggi sono lampanti, quelle autobombe sono ordigni dialoganti, in tutti gli attentati emergono simbologie massoniche precise. Eppure la magistratura batterà, senza prendere in considerazione alcuna alternativa, la sola pista della mafia siciliana. Con un teorema quanto mai fantasioso: Salvatore Riina, simpaticamente chiamato dai suoi "Totò u curtu", avrebbe ordinato quegli attentati per colpire delle opere d'arte nazionali, obiettivi che, semmai, appaiono solo sullo sfondo, quasi un obiettivo collaterale, in appena tre dei cinque episodi stragistici.
Oggi una pietra tombale giudiziaria è stata posta sulle stragi della primavera-estate 1993. Ma, verdetti della magistratura a parte, i misteri restano tutti. Nessuno ha voluto ancora svelarli.
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