Buongiorno, oggi è il 26 luglio.
Il 26 luglio 1887 il professor Zamenhof pubblica il libro "Il linguaggio universale del dott. Esperanto".
L'idea di una lingua internazionale pianificata - che non miri a sostituire le lingue etniche, ma a servire come seconda lingua ausiliaria per tutti - non era una novità. Ma fu Zamenhof a comprendere che una lingua siffatta dev'essere usata da una collettività, per evolvere. E fu per questo che limitò la sua proposta iniziale ad una grammatica minimale e ad un lessico modesto.
Oggi, l'esperanto è lingua pienamente matura, con una comunità di parlanti diffusa in tutto il mondo ed un corredo completo di mezzi espressivi.
Molte delle idee di Zamenhof hanno precorso quelle del fondatore della linguistica moderna, lo strutturalista Ferdinand de Saussure (il cui fratello René, anch'egli linguista di vaglia, era esperantista).
La finalità dell'esperanto non è quella di sostituire le lingue nazionali (al contrario, gli esperantisti sono tra i più convinti difensori del valore della diversità delle culture, e sostenitori della pari dignità di tutte le lingue: si veda, ad esempio, l'attività del Comitato “Allarme lingua” per la difesa della lingua e cultura italiana); l'esperanto si propone, invece, di fornire uno strumento agevole e non discriminatorio per la comprensione reciproca a livello internazionale.
Nato da un ideale di pace, collaborazione e intercomprensione tra gli uomini, l'esperanto si pone al di sopra di ogni differenza etnica, politica, religiosa, e - proprio perché lingua propria di nessuna nazione e insieme accessibile a tutti su una base di uguaglianza - tutela contro il predominio culturale ed economico dei più forti e contro i rischi di una visione monoculturale del mondo.
Ortografia, fonetica, grammatica e sintassi dell'esperanto (il quale nasce dalla comparazione tra un certo numero di lingue internazionalmente più diffuse) si basano su principi di semplicità e regolarità: ad ogni suono corrisponde una sola lettera e ad ogni lettera un solo suono; non esistono consonanti doppie; non esiste differenza tra vocali aperte e chiuse; l'accento cade sempre sulla penultima sillaba; le regole grammaticali sono appena 16 (sedici) senza eccezioni; vi è una grande libertà di composizione della frase, senza collocazioni obbligate delle varie parti del discorso.
Il lessico dell'esperanto, tratto anch'esso da una comparazione selettiva, è continuamente arricchito da un utilizzo sempre più diffuso, sia in Europa che in Paesi extraeuropei. Grazie ad un razionale e facilmente memorizzabile sistema di radici, prefissi e suffissi, ed in forza della generale possibilità di creare parole composte che “descrivano” un determinato concetto, si raggiunge, partendo da un numero abbastanza ridotto di radici, un tesoro lessicale capace di esprimere anche le più sottili sfumature di pensiero, in una forma comprensibile a popoli di diverse tradizioni culturali.
Opere originali in esperanto (sia letterarie che di saggistica) vengono edite continuamente in ogni parte del mondo.
Imponente è il lavoro di traduzione in esperanto di opere dei generi più disparati (per la letteratura italiana, un ampio esame è contenuto nello studio del Prof. Carlo Minnaja, curato nel 2005 per l'Università “Ca' Foscari” di Venezia, “Un secolo di traduzioni letterarie dall'italiano in esperanto, 1890-1990”).
In linea più generale, le traduzioni spaziano dalla Bibbia al Corano, dalla Divina Commedia ai Promessi Sposi, da Pinocchio ai Malavoglia, dai racconti di Guareschi al Don Chisciotte.
Le più importanti biblioteche di opere in lingua esperanto si trovano a Vienna (sezione della Biblioteca Nazionale), Rotterdam, Londra, Budapest, La Chaux-de-Fonds; in Italia, meritano una speciale menzione la Biblioteca Nazionale di esperanto (comprendente anche una sezione archivistica), annessa all'Archivio di Stato di Massa, la Biblioteca della Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) di Milano e la biblioteca per non vedenti “Regina Margherita” di Monza con testi in Braille.
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lunedì 26 luglio 2021
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