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martedì 2 marzo 2021

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 2 marzo.
Il 2 marzo 2003, in un conflitto a fuoco su un treno, muoiono il sovrintendente della polizia ferroviaria Emanuele Petri e il brigatista rosso Mario Galesi. La brigatista Nadia Desdemona Lioce viene arrestata.
Quella mattina, alla stazione Roma Tiburtina, Nadia Desdemona Lioce e Mario Galesi obliterano due biglietti per Arezzo e salgono sul diretto per Firenze in partenza alle 6.19.
Lei ha pantaloni neri, maglia color pesca sopra una camicia grigia, capelli rossi, è ingrassata rispetto all'ultima volta che l'ha fermata la Digos. Lui è piccolo e stempiato, vestito in modo anonimo, ha un telefonino cellulare. Porta con sé un borsone. Dentro ci sono documenti e ritagli di pubblicazioni, due agende elettroniche, un floppy disk e soprattutto la telecamera palmare che rende legittimo un sospetto: i due sono diretti a filmare le abitudini domenicali di un "obiettivo".
Alle 8.24 il treno fa sosta alla stazione di Terontola, crocevia per l'Umbria. A bordo salgono tre uomini della polizia ferroviaria per controlli di routine. Li guida un poliziotto esperto, il maresciallo Emanuele Petri, 48 anni, che abita a Tuoro sul Trasimeno con moglie e figlio. Questa domenica Emanuele sarebbe potuto rimanere a dormire, ma all'ultimo momento ha cambiato turno per essere libero martedì di accompagnare un collega in carrozzella ad una visita medica. Con Petri ci sono il sovrintendente Bruno Fortunato, 45 anni di Terontola, padre di due figli, e l'agente Giovanni di Franzo, 36 anni. I poliziotti entrano nella carrozza quattro, a scompartimenti aperti, divisa solo a metà dalla vetrata che separa fumatori da non fumatori. In tutto l'open space ci sono due coppie e una viaggiatrice solitaria.
Petri si avvicina ai due terroristi e chiede i documenti, mentre più indietro Fortunato vigila e Di Franzo sta alla radio ricetrasmittente. I brigatisti si alzano e consegnano le carte d'identità al sovrintendente di polizia. Sono false, ma ben fatte su carte rubate e quando l'agente Di Franzo contatta la sala operativa della polizia ferroviaria di Firenze, la risposta è che i due nomi sono puliti. Ma Galesi teme di essere scoperto, tira fuori la pistola e la punta al collo del sovrintendente Petri.
E' calmo: "State buoni, dateci le armi e tutto si risolve". La trattativa fatta di invocazioni va avanti per secondi interminabili. L'agente Fortunato butta la pistola, ma quando la Lioce va a raccogliere l'arma si rompe quel fragile equilibrio poggiato su nervi tesi. Fortunato e la Lioce entrano in contatto e Galesi fredda Petri sparandogli al collo. Ancora colpi. Due proiettili raggiungono ad un polmone e al fegato Fortunato. Di Franzo getta la radio trasmittente, che è ancora in contatto con Firenze, e risponde al fuoco ferendo Galesi che cade a terra, colpito da due proiettili al ventre. Poi il poliziotto si getta sulla Lioce, armata della pistola strappata a Fortunato. La disarma. La immobilizza.
Il maresciallo Petri è morto a terra accanto al terrorista Galesi, il maresciallo Fortunato brancola ferito e l'agente Di Franzo ha gli occhi impauriti quando un uomo, un vigile urbano di Perugia libero dal servizio che viaggia nello scompartimento, gli offre aiuto. Telefonano alle rispettive centrali. E in quel momento il treno si ferma alla stazione di Castiglion Fiorentino. L'agente Fortunato trascina fuori un'impassibile Lioce, come indifferente, la ammanetta al palo che sorregge i cartelli dei binari due e tre. La quinta persona che era nella carrozza è sparita. L'hanno vista filare via dal treno scendendo dalla parte del binario invece che sul marciapiede. Galesi è ferito a morte e spirerà in serata.
La prima condanna all'ergastolo per Nadia Lioce è stata comminata dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione di Firenze che, per questa sparatoria, a conclusione del processo esattamente tre anni dopo i fatti, il 2 marzo 2006, decreta il carcere a vita per la brigatista accusata di concorso in omicidio, rapina, resistenza e detenzione di armi, con l'aggravante del terrorismo.
Nel processo per l'omicidio del giuslavorista Marco Biagi, assassinato a Bologna con sei colpi di pistola, la sera del 19 marzo 2002, la Corte d'Appello emette una condanna all'ergastolo per la brigatista che, il 7 dicembre 2006 dopo quella sentenza, decide di non fare ricorso in Cassazione al contrario di tutti gli altri accusati che, dopo tre gradi di giudizio, si vedono confermate tutte le condanne all'ergastolo.
Dopo tre gradi di giudizio, nel processo per l'omicidio del consulente del Ministero del Lavoro, Massimo D'Antona, avvenuto a Roma il 20 maggio del 1999, la Prima sezione penale della Corte di cassazione conferma, il 28 giugno 2007, la condanna all'ergastolo alla Lioce.
Altre condanne le sono state inflite anche per gli attentati alla sede della Commissione di Garanzia per lo Sciopero, a quella della Cisl di Milano (entrambi effettuati nel 2000) e all'Istituto Affari Internazionali di Roma nel 2001, oltre che per quattro rapine di autofinanziamento realizzate in Toscana, tra il 1998 e il 2003.
Nadia Desdemona Lioce è attualmente reclusa nella casa circondariale di massima sicurezza Le Costarelle di Preturo di L'Aquila dove sconta la pena dell'ergastolo in regime di 41-bis.
Il 9 aprile 2010 Bruno Fortunato, il poliziotto rimasto ferito nella sparatoria, si è suicidato nella sua casa di Anzio sparandosi un colpo alla testa con la sua pistola d'ordinanza che, come prassi, aveva tenuto dopo essere andato in pensione per le conseguenze della sparatoria di sette anni prima. Perché lo abbia fatto non è stato ancora chiaro. Sembra infatti che Fortunato, 52 anni, originario di Portici, nel napoletano, non abbia lasciato biglietti per spiegare il suicidio. Chi lo conosceva ha comunque sottolineato che dal giorno della sparatoria non era stato più lo stesso.

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