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venerdì 15 maggio 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 15 maggio.
Il 15 maggio 1886 muore ad Amherst (Massachussets), luogo in cui era nata 56 anni prima, Emily Dickinson.
Trascorre tutta la vita nel paese natale, in pressoché completo isolamento culturale, se si esclude il notevole epistolario. Di carattere fiero ed indipendente non accetta l'imposizione paterna a sospendere gli studi e prosegue a casa da autodidatta. Nel 1858 entra in amicizia con Samuel Bowles, direttore dello Springfiel Daily Republican, giornale su cui appariranno (a partire dal 1861) alcune sue poesie. Il 1860 è l'anno del massimo furore poetico, scriverà 365 liriche in parte ispirate dall'amore, mai corrisposto per Bowles. Nello stesso anno avvia una corrispondenza con lo scrittore scrittore Thomas W. Higginson, a cui si affida per un giudizio letterario: egli rimarrà impressionato dall'eccezionalità dello spirito, dell'intelligenza e del genio della poetessa, pur ritenendo "impubblicabili" le sue opere. Verso il 1870 Emily prende la decisione di autorecludersi. Il resto della sua vita sarà segnato dall'amore, l'unico corrisposto, per l'anziano giudice Otis Lord, che morirà nel 1884, e da una serie di tragedie famigliari, tra cui la morte della madre (1882) e dell'amato nipote Gilbert (1883).
Le sue 1775 poesie, che ebbero un'edizione critica solo nel 1955 (vennero stampate post-mortem in versione "edulcorata", solo sette fra loro erano apparse quando la scrittrice era in vita), ne fanno una delle voci più significative della letteratura americana.
La riflessione sui grandi temi dell'amore, della morte, della natura, di Dio, si sviluppa con accenti fortemente metafisici nella ricerca di un possibile equilibrio tra eternità e contingenza, tra immortalità e disfacimento, tra individualismo e puritanesimo, e trova forme metriche, sintattiche e ritmiche inusuali e trasgressivamente libere.
Malinconica, fiera, ironica, dura la Dickinson fa della sua solitudine strumento privilegiato allo scopo di sondare l’animo umano, trasformando il silenzio della sua stanza in spietato interlocutore da ascoltare ed interrogare col coraggio di chi sa percepire ogni attimo in modo intenso e febbrile, lasciandosi attrarre con grande trasporto dalla magia delle piccole cose che popolano il quotidiano e, al contempo, dimostrandosi in grado di rivolgere, senza timore, il proprio sguardo verso l’infinito, lo sconosciuto il trascendente, con la consapevolezza che “scrivere è rendersi immortale nell’atto stesso di imprimere il proprio segno”.

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