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venerdì 2 febbraio 2024

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 2 febbraio.
Il 2 febbraio 1848 viene firmato il trattato di Guadalupe Hidalgo, che pone fine alla guerra tra Messico e Stati Uniti d'America.
Sul finire degli anni ’40 del XIX secolo, mentre lungo la volatile frontiera del west scoppiavano numerosi i conflitti tra i coloni che avanzavano e le tribù indiane che erano insofferenti rispetto alla presenza dei bianchi, c’erano altri fronti di guerra pronti per scoppiare in tutta la loro evidenza. Tra questi va’ ricordata la guerra messicano-americana (anche detta “guerra Messico – Stati Uniti”) che scoppiò tra gli Stati Uniti e il Messico nel periodo a cavallo tra il 1846 ed il 1848.
Gli Stati Uniti chiamano questa guerra “la guerra messicana” oppure “guerra di Mr. Polk”, mentre tra i messicani è nota come “Intervento degli Stati Uniti”, “invasione statunitense del Messico” o anche “guerra degli Stati Uniti contro il Messico”. Fin dal nome, quindi, è ben evidente la forte differenza di sensibilità che è sfociata nella guerra.
E fu proprio questa differenza di sensibilità, insieme ai molti conflitti irrisolti fra il Messico e la repubblica del Texas, che la guerra messicano-americana trovò il combustile per innescarsi. La repubblica del Texas, infatti, era stata fondata da coloni americani ma… su territorio messicano. Dopo la rivoluzione texana del 1836, il Messico rifiutò ovviamente di riconoscere la Repubblica del Texas ed espresse in maniera decisa e indubitabile l’intenzione di riportare quell’enorme territorio sotto la sua sovranità.
I più autorevoli tra i coloni del Texas – che erano anche le guide politiche di quelle genti – manifestarono invece interesse per l’annessione agli Stati Uniti, anche se funzionari messicani avvertirono che quella eventuale decisione avrebbe significato automaticamente la guerra.
Trascorsero degli anni in cui gli Stati Uniti si rifiutarono di annettere il Texas, ma nel 1845 il Presidente John Tyler, nell’ultimo giorno del suo mandato, in accordo con la politica espansionista implicita nella cosiddetta “dottrina del destino manifesto” (Manifest Destiny), inviò al Texas un’offerta di annessione che il Texas, ovviamente, accettò e divenne seduta stante il 28° stato degli Stati Uniti. Tale decisione fu anche basata sulla durissima crisi economica nella quale si dibatteva il Texas in quel periodo.
A questo atto unilaterale si oppose il governo messicano che protestò vibratamente affermando che gli Stati Uniti, annettendo una provincia messicana ribelle, erano intervenuti negli affari interni del Messico, ledendone nei fatti la sovranità. Seguirono alcuni tentativi per evitare la guerra che pareva inevitabile. Inviati britannici tentarono ripetutamente di dissuadere il Messico dal dichiarare guerra, ma tali sforzi diplomatici furono infruttuosi, anche perché fra Stati Uniti e Regno Unito scoppiarono altre dispute, in particolare quella sui confini dell’Oregon.
Ad ogni buon conto, va’ detto che furono comunque gli Stati Uniti a dichiarare guerra al Messico, provocando il necessario casus belli.
Subito dopo aver compiuto l’annessione del Texas, il neo-eletto presidente James Knox Polk decise di acquistare un’altra provincia messicana, quella della California. Gli espansionisti volevano la California per avere uno sbocco sull’oceano Pacifico, che avrebbe permesso agli Stati Uniti di partecipare al lucroso commercio con l’Asia. Si sapeva, inoltre, che il controllo del Messico su quella provincia lontana era debole, e si temeva che, ritardando l’azione, potesse finire in mano alla Gran Bretagna. Ma, con la dottrina Monroe, gli Stati Uniti avevano espressamente escluso anche solo la possibilità dell’ingerenza di altre potenze nel loro operato nell’intero continente, ritenendola un pericolo per la sicurezza statunitense.
Polk decise così, nel 1845, l’invio in Messico del diplomatico John Slidell per acquistare California e Nuovo Messico per più di 30 milioni di dollari. Nel gennaio 1846 Polk accentuò la pressione sul Messico inviando truppe, al comando del Generale Zachary Taylor, nel territorio allora conteso fra Texas e Messico, tra i fiumi Nueces e Rio Grande. Taylor ignorò le richieste messicane di sgombero e marciò a sud del Rio Grande, dove avviò la costruzione di Fort Texas.
Il viaggio di John Slidell portò il subbuglio nella politica messicana; girava voce che fosse venuto per acquistare altri territori senza offrire nulla per la perdita del Texas. I messicani si rifiutarono di riceverlo, adducendo problemi relativi alle sue credenziali. Così Slidell fece rientro a Washington nel maggio 1846. Il presidente Polk ritenne quel gesto un’offesa e una “causa di guerra più che sufficiente” e si preparò a chiedere al Congresso una dichiarazione di guerra, che il Congresso avrebbe poi ratificato.
Ma gli eventi stavano precipitando e pochi giorni prima che Polk avanzasse la sua richiesta al Congresso, si venne a sapere che forze messicane avevano attraversato il Rio Grande e che avevano ucciso undici soldati statunitensi. Il 24 aprile 1846, infatti, la cavalleria messicana attaccò e catturò il personale di uno dei distaccamenti statunitensi presso il Rio Grande. Dopo questo scontro confinario, battaglie fra le forze messicane e quelle statunitensi scoppiarono a Palo Alto e a Resaca de la Palma.
Al presidente Polk bastò questo per disporre del “casus belli” e in un messaggio al Congresso dell’11 maggio 1846 asserì che il Messico aveva «invaso il nostro territorio e versato sangue statunitense sul suolo statunitense». Logicamente non si soffermò sul fatto che sul territorio in questione esistesse una disputa. Un certo numero di congressisti espresse dubbi circa la versione fornita da Polk dell’accaduto, ma il Congresso approvò a stragrande maggioranza la dichiarazione di guerra, con numerosi Liberali intimoriti dal fatto che la loro opposizione sarebbe loro costata sul piano politico.
La guerra fu dichiarata il 13 maggio 1846.
In linea di massima i congressisti originari del Nord degli Stati Uniti e i Liberali si opponevano alla guerra, mentre tutti quelli originari del Sud degli Stati Uniti e i Democratici erano orientati a sostenerla.
Anche il Messico dichiarò guerra e lo fece il 23 maggio.
Negli Stati Uniti, comunque, non cessarono le polemiche ed i ragionamenti intorno alla dichiarazione di guerra, anche dopo che la guerra fu dichiarata… Infatti, molti Liberali sollevarono obiezioni circa la pretesa di Polk che il Messico avesse «versato sangue statunitense sul suolo statunitense», credendo invece che le forze statunitensi avessero attraversato il Rio Grande al fine deliberato di provocare una guerra contro il Messico. Ma le voci su questo particolare aspetto, dopo la guerra cessarono quasi del tutto.
A quel tempo era diventato deputato liberale nella Camera dei Rappresentanti statunitense Abraham Lincoln, che presentò le “Spot Resolutions”, con cui chiese che il Presidente Polk fornisse l’esatta localizzazione di dove il sangue statunitense fosse stato versato. Poiché era un fatto che dei soldati statunitensi erano stati uccisi, tuttavia, queste risoluzioni furono ampiamente ignorate.
Fin da allora gli storici hanno discusso se Polk avesse o meno deliberatamente provocato la guerra, o se la sua politica del “rischio calcolato” gli fosse sfuggita di mano.
Sappiamo per certo che il Messico non era preparato ad una guerra perché il paese si trovava allora nella rovina economica, ma anche politica e sociale. In più, l’esercito e i suoi comandanti non erano armati e preparati per difendere il paese, dato che mancavano armi, uniformi, scorte alimentari e persino un sano spirito di lotta per difendere almeno gli interessi della propria patria. I fucili messicani erano vecchi e i cannoni – che erano tutti vecchi e a corto raggio – portavano la data della guerra d’indipendenza, mentre i soldati statunitensi avevano fucili di ultima generazione e cannoni a lunga gittata. Va anche ricordato che i soldati messicani venivano reclutati con il sistema della leva ed erano scarsamente ricompensati oltre che malnutriti, mentre quelli americani appartenevano ad un vero esercito professionale ed erano volontari pagati dal governo e ricevevano puntualmente il loro stipendio.
Immediatamente dopo la dichiarazione di guerra, le forze armate statunitensi invasero il territorio messicano su più fronti.
Un episodio particolarmente “forte” quanto a capacità di aumentare la confusione fu quello accaduto il 14 giugno 1846 quando i coloni inglesi a Sonoma arrestarono e imprigionarono il locale governatore, dichiarando una repubblica indipendente della California.
Gli Stati Uniti non restarono certo alla finestra, dato che era più che noto il loro interesse all’annessione formale della California, perciò per presidiare il fronte del Pacifico, la marina statunitense inviò John D. Sloat ad occupare la California e la dichiarò appartenente agli Stati Uniti in base alla considerazione che i britannici avrebbero anche potuto tentare di occupare l’area. Sloat assunse il comando di Sonoma e Monterey nel luglio di quell’anno.
Sul fronte meridionale della guerra al Messico, l’esercito americano – quello che viene solitamente chiamato Army of the West (Esercito d’Occidente) -, alla guida di Stephen W. Kearny, occupava Santa Fe, nel Nuovo Messico. Kearny inviò anche un piccolo contingente in California dove, dopo qualche iniziale rovescio, riuscì a unirsi ai rinforzi della Marina al comando di Robert F. Stockton e a occupare gli importantissimi snodi urbani di San Diego e Los Angeles. A causa delle contrastanti direttive provenienti da Washington, un importante dissenso scoppiò fra Kearny e Stockton sul controllo della California. Stockton nominò John C. Frémont governatore della California, mentre Kearny si autonominò per quell’incarico. A prevalere fu Kearny e Frémont venne arrestato e inviato davanti alla Corte Marziale per la sua lealtà nei confronti di Stockton in quella disputa.
La componente più grossa delle truppe americane, quella guidata da Taylor, continuò ad agire lungo il Rio Grande, vincendo la battaglia di Monterey nel settembre 1846, dopo lunghe settimane di battaglia. Nel frattempo lo stato dello Yucatan si era dichiarato nuovamente indipendente e questo produsse un sollevamento a Città del Messico, cosa che portò il governo di Mariano Paredes a chiedere il ritorno di Antonio López de Santa Anna dal suo esilio cubano. Santa Anna eluse il blocco navale americano e nel dicembre del 1846 formò un nuovo governo con Valentin Gomez Farias come vicepresidente.
Antonio López de Santa Anna marciò personalmente verso nord per combattere Taylor, ma fu sconfitto nella battaglia di Buena Vista il 22 febbraio 1847. Santa Anna lasciò Farias come presidente ad interim, inoltre promulgò una legge che permetteva al governo federale di appropriarsi dei beni della Chiesa cattolica per un valore di 15 milioni di pesos.
Ma, di fronte a questo affronto, il popolo di Città del Messico si sollevò in armi e assediò il presidente nel Palazzo Nazionale, così Santa Anna si vide costretto a trasformare il decreto in una donazione volontaria del clero di 100.000 pesos.
Nel frattempo, invece di rafforzare l’esercito di Taylor per consentirgli di progredire nell’avanzata, il presidente Polk inviò un secondo esercito sotto il Generale Winfield Scott in marzo, trasportato nel porto di Veracruz per via mare, per avviare un’invasione del cuore stesso del Messico. Scott si affermò nell’assedio di Veracruz e prese Puebla senza sparare un solo colpo, grazie anche all’intervento della Chiesa cattolica che convinse i propri fedeli ad accogliere l’esercito invasore come un esercito liberatore. Successivamente Scott marciò alla volta di Città del Messico con l’aiuto della Mexican Spy Company (un gruppo di ladri e banditi che combatterono con gli americani). Le spie furono le guide che aiutarono a vincere le battaglie di Cerro Gordo e Chapultepec, grazie anche all’incompetenza di Santa Anna, che ordinò di non fortificare i monti intorno, il che diede agli americani l’opportunità di avanzare.
Dopo le importanti battaglie di Padierna, Churubusco e Molino del Rey, Chapultepec cadde, non senza prima aver combattuto valorosamente. I giovani cadetti dell’accademia militare morirono valorosamente, e sono infatti ricordati come niños héroes (ragazzi eroici). La caduta di Chapultepec ebbe due conseguenze immediate: l’occupazione da parte degli statunitensi di Città del Messico e la nuova rinuncia di Santa Anna alla presidenza.
Il trattato di Cahuenga, firmato il 13 gennaio 1847, mise fine ai combattimenti in California. Il trattato di Guadalupe Hidalgo, sottoscritto il 2 febbraio 1848, concluse la guerra e dette agli Stati Uniti il controllo assoluto del Texas, come pure della California, del Nevada, dello Utah, e di parti del Colorado, Arizona, Nuovo Messico e Wyoming. In cambio il Messico ricevette 18.250.000 dollari, l’equivalente dei 627.500.000 dollari (valore di metà anno 2000) dei costi della guerra.
Nel corso della guerra, circa 13.000 americani morirono. Di questi, solo 1.700 circa caddero in azione di combattimento; le altre perdite furono provocate dai disagi e dalle condizioni sanitarie assolutamente precarie. Le perdite messicane rimangono un mistero, ma sono stimate a 25.000.

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