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lunedì 13 febbraio 2023

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 13 febbraio.
Il 13 febbraio 1945 ha inizio il primo bombardamento di Dresda da parte dell'aviazione britannica. L'inizio di una insensata carneficina.
 C’è un monumento nella parte settentrionale di Dresda che ricorda le vittime del quadruplice bombardamento del 13-14 e 15 febbraio del ’45 sulla città. Sulla lapide sono poste due domande: "Quanti morirono? Chi conosce il numero?". Purtroppo il numero finale di morti non potrà mai essere definito con precisione: alcuni storici come David Irving ("Apocalisse a Dresda", 1963) calcolano 135000 decessi ma altre ricostruzioni storiche arrivano a cifre apocalittiche: 200000 morti, più delle vittime di Hiroshima e Nagasaki messe assieme, molte di più dei pur violenti bombardamenti su Berlino, Amburgo e Tokio nel corso della seconda guerra mondiale.
Come mai un numero così impressionante di morti in una città che arrivava prima della guerra a 630000 abitanti? Ma soprattutto, quali ragioni militari e politiche spiegano la decisione di bombardare un gioiello architettonico privo di obiettivi strategici? Chi ha preso la decisione? Sono tutte domande alle quali studi recenti danno una risposta in gran parte soddisfacente, ma non priva di zone d’ombra.
La città prima dell’evacuazione in massa dei tedeschi orientali di fronte all’avanzata sovietica contava circa 630000 abitanti. Era una delle più belle città tedesche dell’epoca, edificata con spiccate forme architettoniche rococò già durante il XVIII secolo fino a diventare l’"Atene" e la "Firenze dell’Elba". Di fronte all’impressionante avanzata nell’est europeo dell’Armata Rossa moltissimi tedeschi fuggirono inorriditi dalle loro case, anche a causa delle violenze che i russi infliggevano ai civili che si rifiutavano di evacuare la zona da loro abitata. E’ evidente nei russi il desiderio di vendicare la distruzione del loro territorio ad opera delle Wehrmacht e contemporaneamente le tante sofferenze patite dai civili russi: fucilazioni di massa, stupri, incendi di interi villaggi, deportazione degli uomini nei lager, ecc.
L’affluenza dei profughi verso Dresda aumentò quando i russi furono molto vicini al confine con la Germania. Ben 5 milioni di tedeschi abbandonarono la propria casa tra il gennaio e il febbraio ’45. In quel momento sembrò che tutta la Germania orientale fosse perduta (Prussia e Slesia) e il centro più sicuro fosse Dresda in Sassonia. In pochi mesi la popolazione a Dresda oscillò tra 1200000 e 1400000 unità. Da parte delle autorità tedesche e dei civili c’era l’illusione che Dresda non sarebbe mai stata attaccata dal cielo a causa della quasi totale mancanza di industrie che lavorassero per la guerra. Anche le bellezze architettoniche e i tesori artistici sembravano fare di Dresda una realtà estranea alla guerra. Nei mesi precedenti c’era stato solo un debole tentativo di distruggere l’area industriale della città (7 ottobre ‘44). L’incursione aerea provocò 438 morti. Un’altra incursione aerea (16 gennaio ’45) aveva causato 376 vittime.
Tutto questo spiega la totale mancanza della contraerea e di strutture di rifugio per i civili in caso di attacco dal cielo. Ma il 13 febbraio alle ore 22 e 19 si scatenò l’inferno nonostante in alcuni campi intorno alla città vi fossero circa 26000 prigionieri di guerra di diverse nazionalità, tra cui molti inglesi. Aveva così inizio l’operazione "thunderclap" (Colpo di tuono) con l’obiettivo della "tempesta di fuoco" sulla città, ossia il bombardamento con finalità terroristiche, voluto soprattutto da Churchill.
Il primo attacco, il 13 febbraio, durò dalle 22 e 9 fino alle 22 e 35 e sulla città furono sganciate circa 3000 bombe dirompenti e 400000 incendiarie. Molte dirompenti pesavano tra i 1800 e i 3600 chilogrammi. L’incursione della RAF colse di sorpresa abitanti e autorità. Nel sottosuolo erano state costruite molte gallerie ma queste strutture erano del tutto inadeguate di fronte alle incendiarie le quali appiccavano rovinosi incendi che penetravano facilmente nei rifugi antiaerei non dotati di ventilazione. I singoli rifugi erano divisi da pareti che all’occorrenza erano facilmente abbattibili, tutto questo facilitò il propagarsi dei gas caldi uccidendo migliaia di persone asserragliate nei rifugi.
Durante il secondo attacco, il 14 febbraio, dall’1 e 22 all’1 e 54 , su una città già violentemente colpita, furono sganciate circa 4500 dirompenti e 170000 incendiarie. Nelle due operazioni vennero utilizzati 1400 bombardieri con 6000 aviatori. L’intervallo di 3 ore doveva servire per colpire anche le strutture antincendio e di "protezione civile" che nel frattempo sarebbero affluite a Dresda. Contemporaneamente sarebbe stato possibile sorprendere la popolazione fuori dai rifugi.
Ormai è chiaro qual era l’obiettivo: infliggere danni gravissimi alla città colpendo la parte più debole ma anche estranea alla guerra: gli abitanti e i profughi dell’Est privi di protezione da parte delle autorità militari tedesche. Al termine del secondo attacco la città era un gigantesco incendio visibile nel buio della notte a centinaia di chilometri di distanza. Il denso fumo nero che si alzava era causato dalle strutture delle abitazioni che ardevano ma anche dalla combustione di migliaia di corpi di civili.
Il terzo attacco, sempre il 14 febbraio, però questa volta in pieno giorno, riversò su Dresda 1500 dirompenti e 50000 incendiarie. Furono impiegate 1350 fortezze volanti e Liberatores 14 ore dopo il primo attacco. Il quarto attacco su una città che continuava ad ardere avvenne il 15 febbraio, durò circa 40 minuti in pieno giorno, e riversò sulla città 900 dirompenti e 50000 incendiarie. Gli ultimi due attacchi furono condotti dall’aviazione americana.
L’obiettivo erano ancora i civili, infatti furono utilizzate ancora le incendiarie e soprattutto i terribili "Mosquito" i quali mitragliavano, passando appena sopra i tetti delle case, tutto ciò che si muoveva. Così i civili che miracolosamente erano sopravvissuti furono mitragliati dai piloti americani vicino al fiume e nei parchi cittadini dove l’entità delle distruzioni era minore. L’ultimo attacco ci fu il 2 marzo quando più di 1200 bombardieri finirono di distruggere il poco che ancora era rimasto in piedi nella città. Anche questa volta lo scalo ferroviario non fu colpito.
E’ necessario, come sempre quando si analizzano fatti storici, distinguere le ragioni addotte dagli aggressori e le probabili cause dello stesso avvenimento evidenziate dagli storici. Per inglesi e americani Dresda era una città di particolare importanza strategica a livello militare (passaggio di truppe dirette ad Est), industriale (molte fabbriche lavoravano per la guerra) e come snodo ferroviario della Germania centro-orientale. In più gli anglo-americani sostenevano che a Yalta i russi avevano chiesto incursioni aeree alleate sulle città tedesche per facilitare l’avanzata dell’Armata Rossa.
Le prime due ragioni erano assolutamente fuori luogo (era impensabile che le truppe tedesche passassero proprio nel centro della città). L’ultima affermazione fu smentita dai russi dopo la guerra. Solo la terza aveva qualche validità. Ma allora perché usare prevalentemente le incendiarie se l’obiettivo era anche il sistema ferroviario di Dresda? Secondo i sopravvissuti al quadruplice attacco i danni che le strutture ferroviarie di Dresda riportarono furono minimi. Solo 3 giorni dopo fu possibile far circolare di nuovo i treni. Invece nella stazione centrale erano stati trovati migliaia di corpi privi di vita a causa delle altissime temperature (fino a 1000 gradi) e dei gas venefici respirati. Non fu neanche attaccato l’aeroporto civile e militare di Dresda-Klotrch nonostante il sovraffollamento di velivoli. Anche l’area industriale fu poco danneggiata.
Secondo Irving, Dresda potrebbe essere definito il primo episodio della "Guerra fredda" piuttosto che un evento traumatico dei mesi che precedono la fine della II guerra mondiale. Infatti le truppe russe fin dal ’44 avanzavano velocemente e senza ostacoli dispiegando una potenza bellica quasi illimitata in fatto di uomini arruolati. Invece le operazioni anglo-americane nel continente sembravano immobili: il fronte italiano era bloccato lungo l’Appennino tosco-marchigiano e l’avanzata dopo lo sbarco in Normandia procedeva con relativa lentezza. A questo punto il disastroso bombardamento di Dresda serviva anche per mostrare ai russi, i quali avevano ormai occupato gran parte dell’Est europeo, di quale potenza di fuoco disponessero gli alleati.
La conferenza di Yalta (4 – 11 febbraio ’45) si era appena conclusa in Crimea e i tre grandi: Roosvelt, Churchill e Stalin avevano diviso l’Europa e il mondo in due grandi aree di influenza politico-economico e militare. Il bombardamento di Dresda doveva servire ai russi per capire che lo stesso trattamento poteva essere riservato a loro se i patti di Yalta non fossero stati rispettati. Nelle sue memorie di guerra sembra che Churchill sia stato incapace di qualsiasi minima emozione al ricordo dell'attacco a Dresda. Ha scritto: "Lo scorso mese abbiamo effettuato un pesante raid su Dresda, allora un centro di comunicazione del fronte orientale tedesco".
Probabilmente la stessa logica è alla base del duplice bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki voluto da Truman: non tanto per dare la spallata definitiva ad un Giappone ormai agonizzante, quanto per mostrare ai russi quali terribile arma avessero gli americani da far valere nel quadro dei rapporti di forza a livello internazionale. Un’altra causa plausibile per spiegare l’attacco su Dresda riguardava la saldezza del fronte interno tedesco e la necessità di minarne le basi con azioni terroristiche in grande stile. A questo proposito i bombardamenti convenzionali sulla Germania non bastavano più, erano necessarie altre armi terribili come le bombe incendiarie per carbonizzare e terrorizzare migliaia di innocenti. Ma come spiega Irving, nel saggio citato, dopo Dresda non ci furono più altre azioni simili e così il fronte interno tedesco resse fino al suicidio di Hitler e alla cessazione delle ostilità l’8 maggio ’45. I russi arrivarono a Dresda appunto l’8 maggio: il tremendo bombardamento non era servito a "liberare" Dresda neppure un giorno prima della fine della guerra.
Se gli obiettivi politico-militari del quadruplice attacco furono un fallimento, il risultato fu un’immane catastrofe per una splendida città e per migliaia di contadini annientati e di bambini bruciati vivi per l’intenso calore, carbonizzati, diventati cenere e asfissiati dal monossido di carbonio e dal fumo. Più di 240 chilometri quadrati della città furono divorati in una solo notte e la città bruciò per 7 giorni e 7 notti.
Dopo la guerra, e ancora di più dopo la riunificazione della Germania, molti sforzi sono stati fatti per ricostruire Dresda com'era prima del bombardamento. Nonostante la volontà di ricostruire, buona parte del centro storico di Dresda è stato irrimediabilmente perduto e gli ampi spazi dovuti alle demolizioni postbelliche sono stati saturati sino agli anni ottanta del secolo scorso da edifici nuovi. Alcuni importanti monumenti, anche grazie al reperimento di documentazioni d'archivio cartacee e fotografiche, sono stati ricostruiti "com'erano e dov'erano" ma il processo di ricostruzione è stato decisamente parziale e lento.
La ricostruzione della Frauenkirche è stata decisa solo dopo l'unificazione; la nota chiesa barocca è stata quindi consacrata solo il 30 ottobre 2005, oltre sessanta anni dopo la sua distruzione.
Nel 1956, Dresda stabilì un gemellaggio con Coventry, una delle città del Regno Unito maggiormente devastate dai bombardamenti tedeschi. La stessa regina Elisabetta II di Inghilterra, durante una visita in Germania nel 2004, patrocinò un concerto a Berlino per finanziare l'opera di ricostruzione a Dresda.

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