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venerdì 23 dicembre 2022

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 23 dicembre.
Il 23 dicembre 1961 si ebbe, sulla ferrovia Cosenza-Catanzaro, il disastro della Fiumarella.
Quel giorno gli studenti calabresi del Catanzarese, come ogni mattina, si alzano prestissimo per prendere il treno che dai loro paesini dell’interno – partenza alle 6,43 da Soveria Mannelli (Sila piccola), poi Decollatura, Serrastretta, San Pietro Apostolo, Cicala e Gimigliano, con termine al capolinea Catanzaro Centro – li farà arrivare, procedendo verso sud-est, alle scuole del capoluogo di provincia. Quel mattino stanno già pregustando le prossime vacanze natalizie. È l’ultimo giorno di scuola, poi il via a presepi, preghiere a Gesù bambino, regali, giochi, dolci, scorpacciate, tutte a base delle tradizionali pietanze calabresi.
Il treno è composto dall’automotrice Breda M2 123 e dal rimorchio Breda RA 1006. Al suo interno viaggiano 99 passeggeri (molti dei quali, appunto, studenti). Un’ora dopo la partenza dalla stazione di Soveria Mannelli, il convoglio transita sopra il viadotto del torrente Fiumarella, in curva. Sono le 7,45, proprio lassù il rimorchio esce dal binario e, dopo aver rotto l’asta di trazione (un gancio di tipo tranviario), precipita nel torrente, 40 metri più giù. Il disastro è terribile. Segue il caos delle sirene, i corpi straziati, il sopraggiungere dei parenti…
Settantuno viaggiatori muoiono subito, gli altri rimangono gravemente feriti. Trentuno risiedevano a Decollatura, la comunità più colpita. I sogni di un futuro migliore grazie allo studio scolastico, di una vita ancora tutta da scoprire, svaniscono per tanti, insieme alle speranze delle loro famiglie. Si tratta del più grave incidente ferroviario per numero di vittime avvenuto in Italia. In effetti, un altro massacro era avvenuto qualche decennio prima, un po’ più a nord, ma sempre nel profondo Sud.
Infatti a Balvano (Potenza), il 3 marzo 1944, si era verificata la sciagura del treno 8017, con un numero maggiore di morti, mai realmente calcolato (600?). Ma quella tragedia non fu dovuta a incidenti o deragliamenti meccanici, come quella del torrente Fiumarella, bensì all’avvelenamento da monossido di carbonio dei passeggeri entro la galleria delle Armi, a causa dello slittamento delle ruote delle locomotive a vapore, con conseguente arresto del convoglio e letali fumi che avvolsero i passeggeri.
Tornando al viadotto della Fiumarella, la causa meccanica diretta fu, come detto, la rottura del gancio di trazione di tipo tranviario. In realtà, le condizioni della rete ferroviaria in questione erano molto precarie. Si trattava di una linea che era stata studiata per carichi di 8-9 tonnellate delle locomotive, ma, con l’avvento di nuovi mezzi più pesanti e veloci, tutta la rete si era via via degradata, risultando pericolosa in più punti.
Sebbene, dunque, la linea ferroviaria non versasse in ottime condizioni, nel processo per stabilire le responsabilità della tragedia fu imputato sostanzialmente il conducente del treno, Ciro Miceli, che, disperato, ammise onestamente le proprie colpe. Il convoglio viaggiava a 60-65 km orari, invece che ai previsti 30 con cui andava affrontata la curva. Inoltre, pare che nella cabina di comando vi fossero più persone del dovuto e che la frenata improvvisa, provocata dall’allarme di uno dei presenti, avesse peggiorato le cose, agevolando la rottura del gancio e la conseguente caduta del rimorchio nel precipizio. Il macchinista fu quindi condannato a una decina di anni di carcere per omicidio colposo. Le vittime furono interamente risarcite in fase istruttoria, per cui non si costituirono nel processo penale.
Dopo varie polemiche e un acceso dibattito parlamentare, il Governo si avvalse della facoltà riconosciutagli dalla Concessione per il riscatto delle ferrovie concesse. Così, con la legge n. 1855 del 23 dicembre 1963, venne approvato il riscatto, si revocò la concessione alla Mediterranea Calabro Lucane e si posero le nuove Ferrovie Calabro Lucane sotto la gestione commissariale governativa. Il traffico ferroviario rimase interrotto per alcuni anni e sostituito tra Soveria Mannelli e Catanzaro da autoservizio. Quindi, con decreto ministeriale n. 1044 del 20 maggio 1969, redatto secondo gli indirizzi della legge n. 369 del 18 marzo 1969, furono stanziati 16 miliardi di lire al fine di porre la rete delle nuove ferrovie nelle condizioni di soddisfare in modo sicuro e conveniente le esigenze del traffico locale.
Vari monumenti in ricordo delle vittime del disastro ferroviario sono stati innalzati nel territorio dei comuni più colpiti. Altri si progettano. Eppure, come ha detto un residente in quei luoghi, pure lui bambino all’epoca dei fatti: «Moltissimi familiari ancora oggi si rifiutano di parlare di quella strage, quasi come se non fosse passato, ormai, mezzo secolo. Superstiti e testimoni “non se la sentono” di fornire la propria disponibilità a parlare, neanche per realizzare filmati o iniziative di commemorazione».
È bene precisare che non si tratta di omertà (perché mai, poi?), ma di pudore. E, soprattutto, dolore: «Più di trenta morti, quasi tutti giovani o giovanissimi – continua il testimone – è un peso troppo grande per una piccola comunità. Lo è ancora oggi. Ancora oggi, a 60 anni di distanza, il dolore di questa piccola comunità è molto forte, fino al punto che è difficile ottenere delle testimonianze che consentirebbero di ricostruire quella vicenda, farla conoscere e far conoscere il vissuto del paese anche per capire come quella strage lo ha colpito, lo ha cambiato… Qualcuno racconta di come da ragazzo andava con suo padre a lavorare nei campi e di come questo lavoro fosse ritmato dai canti: “Ma dopo di allora, non abbiamo più cantato!”».

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