Buongiorno, oggi è il 26 dicembre.
Il 26 dicembre 1933 viene brevettata la radio a modulazione di frequenza, che consentì di avere un segnale molto più pulito e trasmissibile a maggiori distanze rispetto alla modulazione di ampiezza.
Dalle colline bolognesi alla selva del Messico: la radio nella sua ormai lunga storia ha svolto un ruolo importante nella comunicazione tra persone appartenenti alla stessa comunità così come a popolazioni di paesi lontani.
Utilizzando le ricerche di Hertz, Branly e Lodge e dell’italiano Righi, che avevano dimostrato l’esistenza delle onde elettromagnetiche descritte da Maxwell, Guglielmo Marconi sperimentò per la prima volta il telegrafo senza fili nel 1895 nella villa di campagna della sua famiglia, vicino a Bologna, mandando il segnale al di là della collina dei Celestini, di fronte al suo laboratorio.
Sperimentare la trasmissione del segnale radio a distanza divenne l’ossessione di Marconi, che si trasferì in Inghilterra per brevettare la sua invenzione e nel 1901, alle ore 12.30 del 12 dicembre, realizzò lo storico esperimento di trasmissione del segnale oltre Oceano. Intuendo il ruolo geopolitico strategico di questo servizio, i governi degli Stati Uniti e di alcuni paesi europei diedero vita a grandi corporation nazionali per la gestione del traffico telegrafico-radiofonico, come la Rca americana (Radio Corporation of America), che già nel 1923 controllava un terzo del traffico transatlantico e la metà di quello transpacifico.
Lo stesso Marconi vedeva nel carattere pubblico della trasmissione del segnale un difetto e non un pregio della propria invenzione. Proprio per il pericolo di interferenza e di disturbo alle comunicazioni commerciali e militari, le attività amatoriali vennero proibite negli Stati Uniti con l’entrata in guerra nel 1917, per riprendere poi nel periodo post bellico.
E’ del 1916, a opera di David Sarnoff, un impiegato dell’azienda americana di Marconi, l’idea di produrre una radio come oggetto domestico, che consisteva principalmente di un ricevitore, che permetteva di ascoltare suoni, concerti e opere trasmesse da un unico trasmettitore.
Le parole di Sarnoff descrivono bene la sua intenzione: “Ho in mente un piano che potrebbe fare della radio uno strumento domestico, come il grammofono o il pianoforte. Il ricevitore sarà progettato nella forma di una scatola radiofonica musicale adatta a ricevere diverse lunghezze d’onda che si potranno cambiare a piacimento spingendo un bottone.
La scatola musicale avrà un amplificatore e un altoparlante telefonico incorporati al suo interno. Sarà tenuta in salotto e si potrà ascoltare musica, conferenze, concerti.”
Una radio come mezzo di comunicazione di massa, dunque, che però dovette attendere ancora qualche anno per affermarsi.
E’ solo verso la fine del secondo decennio, una volta finita la prima guerra mondiale, che nacquero le prime società di radiodiffusione: sistemi pubblici in Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia, e network privati e commerciali negli Stati Uniti.
Il primo servizio regolare trasmesso alla radio, di due ore al giorno per due settimane, fu mandato in onda dalla stazione Marconi di Chelmsford in Cornovaglia, dal 23 febbraio 1920. In Europa la radio da subito fu controllata da una gestione pubblica, con scopi educativi e informativi, oltre che di intrattenimento. Nel 1922 nacque la British Broadcasting Company, una corporation sotto stretto controllo statale. Nel 1924 in Italia fu fondata l’Uri, l’Unione Radiofonica Italiana, che nel 1928 si trasformò in Eiar, l’Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, concessionario e monopolista delle diffusioni fino al 1944, quando assunse la denominazione Rai, Radio Audizioni Italia.
Diversa è la strada che la radiofonia prese negli Stati Uniti, dove la prima trasmissione regolare quotidiana andò in onda da Detroit, il 31 agosto 1920. Nel novembre 1922 in tutto il territorio nordamericano esistevano solo cinque stazioni radio. Nel giro di pochi mesi esse passarono a 450 grazie alla diffusione e alla passione degli americani per il jazz. Fin dall’inizio, grazie anche al Radio Act del 1912 che stabiliva che qualunque cittadino americano potesse ottenere una licenza, entrarono nel settore grandi corporation commerciali, come il gigante della telefonia At&T, la General Electric, la Westinghouse.
Alla moltiplicazione di radio istituzionali, che trasmettevano dai campus universitari e dalle scuole, si affiancarono così numerosissime radio commerciali che da subito inaugurarono il modello di finanziamento dei programmi con la vendita di pubblicità. Queste puntavano sul ruolo che la radio ricopriva di "orecchio sul mondo", cosa che permetteva di raccogliere le voci e i suoni delle grandi città del pianeta e di portarli nel salotto di casa.
In epoca Fascista in Italia la radio svolse un ruolo strategico nella costruzione del mito dell’impero e della figura di Mussolini, abile comunicatore che entrava grazie ad essa in tutte le case con i suoi discorsi.
La Bbc diventò nel corso della seconda guerra mondiale la voce simbolo del mondo libero che numerosi italiani e tedeschi ascoltavano in clandestinità per capire cosa stesse accadendo al di fuori dei propri confini. La radio svolgeva così una doppia funzione: quella di propagandare il messaggio del regime e quella di portare voci e informazioni dall’esterno.
A fine anni ’50 esplose il fenomeno delle radio pirata (Radio Merkur, Radio Caroline, Radio Nord), che trasmettevano da stazioni poste in acque internazionali e che proponevano una programmazione musicale innovativa, rispondente ai gusti e alle aspettative delle giovani generazioni.
Le radio pirata misero a rischio la popolarità delle grandi radio pubbliche, soprattutto per l’immediato successo ottenuto tra le band più popolari del momento, come i Beatles e i Beach boys, che volevano essere presenti nei loro programmi. Le prime trasmissioni pirata arrivavano dalle coste dei mari del nord, in Danimarca, Svezia, Germania e Inghilterra.
Nel decennio degli anni ’60 la radio accompagnò i movimenti di contestazione giovanile. Grazie alla sua leggerezza, accoppiata al telefono, e all’evoluzione tecnologica che l’aveva resa più accessibile ed economica anche nella fase di emissione, diventò lo strumento privilegiato per diffondere le idee dei movimenti, la loro propaganda politica e le contestazioni; dalla primavera di Praga alle manifestazioni studentesche in tutta Europa fino alle proteste in America contro la guerra del Vietnam.
Le radio libere erano radio povere, spesso avevano sede in appartamenti privati o in stabili occupati, e raggiungevano soprattutto la popolazione locale.
Tra esse rimane storica l’esperienza di Radio Alice di Bologna, chiusa con la forza dalla polizia il 12 marzo 1977, dopo i giorni delle manifestazioni di piazza.
Oggi, nella maggior parte dei paesi europei e negli Stati Uniti, convivono tipicamente tre tipologie di radio: le radio pubbliche, le radio commerciali e le radio comunitarie, queste ultime più legate al territorio, spesso gestite da volontari e inserite in progetti a natura sociale e culturale.
Le radio web hanno anche permesso, nel corso delle guerre dei nostri giorni, di ascoltare la voce e le testimonianze delle popolazioni coinvolte. Nei paesi del Sud del mondo, invece, la radio tradizionale rimane il principale mezzo di comunicazione e svolge tuttora un ruolo importante di informazione ma anche di educazione, come dimostrano numerosissime esperienze di radio africane, asiatiche e sudamericane.
La radio ha giocato, in molti casi di guerra civile e di ribellione nei confronti di regimi e di governi autoritari, un ruolo nel mantenere in contatto le popolazioni che si riconoscevano in quegli ideali e che potevano così partecipare alle azioni e alle dimostrazioni proposte. Un esempio per tutti, quello di Radio Rebelde del Chiapas, che da anni racconta le esperienze, le parole e le proposte delle popolazioni indigene zapatiste del Sud del Messico da un luogo non meglio precisato della Selva Lacandona.
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