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mercoledì 4 novembre 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 4 novembre.
Nelle prime ore del 4 novembre 1966 si compì quella che fu poi chiamata l'alluvione di Firenze.
Nei giorni che precedettero tale data caddero in Toscana un numero di millimetri di pioggia pari a un terzo della media annuale, ingrossando e rompendo gli argini di tutti i fiumi. L'alluvione portò alla morte di 34 persone, ma nella coscienza storica del paese rimase impressa la tragedia, sia pure incruenta, del patrimonio artistico della città: migliaia di volumi, tra cui preziosi manoscritti o rare opere a stampa furono coperti di fango nei magazzini della Biblioteca Nazionale Centrale, e una delle più importanti opere pittoriche di tutti i tempi, il Crocifisso di Cimabue conservato nella Basilica di Santa Croce deve considerarsi, nonostante un commovente restauro, perduto all'80%. La nafta da riscaldamento impresse le tracce del livello raggiunto dalle acque su tanti monumenti; la Porta del Paradiso del Battistero di Firenze fu spalancata dalle acque, e dalle ante sbattute violentemente si staccarono quasi tutte le formelle del Ghiberti. Innumerevoli i danni ai depositi degli Uffizi, ancora non completamente risarciti dopo anni di indefessi restauri, che tra l'altro hanno portato le istituzioni fiorentine per il restauro ad essere considerate fra le principali del mondo. Un vero e proprio esercito di giovani e meno giovani di tutte le nazionalità volontariamente, subito dopo l'alluvione, arrivarono a migliaia in città per salvare le opere d'arte e i libri, strappando al fango e all'oblio la testimonianza di secoli di Arte e di Storia. Questa incredibile catena di solidarietà internazionale rimane una delle immagini più belle nella tragedia. I giovani, chiamati ben presto gli "Angeli del fango" sono anche uno dei primi esempi di mobilitazione spontanea giovanile nel XX secolo. Per la tutela del patrimonio artistico danneggiato si mise subito in moto una gara a mettere al sicuro e approntare i primi restauri ai beni danneggiati. Guidati dal lungimirante soprintendente Ugo Procacci, i laboratori fiorentini dell'Opificio delle Pietre Dure raggiunsero gradualmente quei livelli di avanguardia e maestranza tecnica che tuttora li rendono una delle strutture più importanti a livello mondiale nel campo del restauro.
L'alluvione fu uno dei primi episodi in Italia in cui si evidenziò l'assoluta mancanza di una struttura centrale con compiti di protezione civile: i cittadini non furono avvertiti dell'imminente fuoriuscita del fiume, tranne alcuni orafi di Ponte Vecchio che ricevettero una telefonata di una guardia notturna che li invitava a vuotare le loro botteghe; le notizie furono date in grande ritardo e i Media tentarono di sottacere l'entità del disastro; per i primi giorni gli aiuti provennero quasi esclusivamente dal volontariato, o dalle truppe di stanza in città: per vedere uno sforzo organizzato dal governo bisognò attendere sei giorni dopo la catastrofe.
Da segnalare poi che l'aiuto economico da parte del governo fu un contributo di 500 mila Lire ai commercianti, finanziato attraverso l'aumento delle accise di 10 lire sul prezzo della benzina: tale aumento è tuttora presente nel costo dei carburanti.

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