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mercoledì 11 novembre 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è l'11 novembre.
L'11 novembre 2007 è domenica, giornata di partite di calcio. Nel pomeriggio va in scena la dodicesima giornata di andata; al Meazza si gioca Inter Lazio. Gabriele Sandri, noto dj e titolare di un negozio di abbigliamento di Roma, è in una Renault Megane con un amico per recarsi a Milano a vedere la partita contro i campioni d'Italia in carica. In una sosta ad un autogrill di Arezzo, incontrano tifosi juventini che stanno andando a Parma: volano parole, poi insulti, in poco tempo scoppia una rissa. Dall'altra parte dell'autogrill, nella piazzola di chi è diretto in direzione sud, una pattuglia di polizia stradale assiste alla rissa e decide di intervenire. L'agente Luigi Spaccarotella intima al gruppo di smettere, e impugna la pistola d'ordinanza. Inspiegabilmente, invece che in aria, spara ad altezza uomo verso il gruppo, dalla parte opposta dell'autogrill con l'autostrada in mezzo (si immagini la strage se avesse colpito l'autista di un pullman in transito). Gabriele Sandri, seduto nel sedile posteriore della Megane, viene colpito al collo e muore in pochi minuti dissanguato. La partita viene rinviata, il match di Bergamo tra Alalanta e Milan viene sospeso in seguito ai disordini causati dai tifosi appena la notizia si diffuse, in tutta Italia guerriglia urbana tra ultras inferociti e forze dell'ordine; in via cautelativa fu rinviato anche il posticipo Roma Cagliari.
Nel processo di primo grado Spaccarotella fu riconosciuto colpevole solo di omicidio colposo e condannato a 6 anni di reclusione. Nel 2010 si è svolto presso la corte d'assise di Firenze il processo d'appello, nel quale Spaccarotella è stato ritenuto colpevole di omicidio volontario, e condannato a 9 anni e 4 mesi di carcere (pena ridotta di un terzo per il rito abbreviato).
 La sentenza è poi diventata definitiva in Cassazione, con il rigetto del ricorso da parte dell’imputato. Una volta terminato il processo, il padre Giorgio Sandri disse che si era trattato di «una sentenza di diritto», oltre che «una vittoria di tutti». «Giustizia è fatta anche se non è stato facile», aveva spiegato. Al contrario, Spaccarotella aveva spiegato che avrebbe «affrontato la situazione e il carcere da uomo».
Come risarcimento nei confronti della famiglia è poi stato deciso un risarcimento di tre milioni e 100mila euro. La Corte dei Conti toscana è stata chiamata a decidere sulla somma che Spaccarotella deve versare al Ministero degli Interni, come titolo di danno indiretto patito dall’erario. Ovvero, metà dell’ammontare – 1 milione e 550mila di euro. Secondo la Corte, nel caso dell’omicidio di “Gabbo” c’era stato «un concorso di esigenze di giustizia e di opportunità che non poteva ricadere integralmente sul convenuto».
Spaccarotella ha scontato la sua pena, si è sposato e ora fa il ceramista.

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