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giovedì 30 gennaio 2014

#Lasciare che certe cose se ne vadano

 
http://3.bp.blogspot.com/


Per questo è importante lasciare che certe cose se ne vadano.
Si distacchino.
Gli uomini hanno bisogno di comprendere che nessuno sta giocando con carte truccate:a volte si vince;
a volte si perde.
Non aspettarti che riconoscano i tuoi sforzi,
che scoprano il tuo genio,
che capiscano il tuo amore.
Bisogna chiudere i cieli.
Non per orgoglio,
per incapacità o superbia.
Semplicemente perché quella determinata cosa esula ormai dalla tua vita.
Chiudi la porta,
cambia musica,
rimuovi la polvere.
Smetti di essere chi eri e trasformati in chi sei.

Paulo Coelho – tratto da Lo Zahir

mercoledì 29 gennaio 2014

#ArteEmiti:Teseo - I miti raccontati attraverso l'arte di Sibilla De Cumana


http://img00.elicriso.it/it/mitologia_ambiente/teseo_arianna/immagini/teseo_minotauro_canova.jpg



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#La vera carne! #Maddalena Penitente (Antonio Canova) - Francesca Girotto



http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/83/Canova,_maddalena_penitente,_02.JPG

 Una straordinaria scultura di Antonio Canova, definito il moderno Fidia, che ha avuto il potere di acquisire nuova sensibilità presso i Romantici.
Effetti chiaroscurali e cromatici esaltati dall’estrema levigatezza della superficie. Il marmo sapientemente patinato è “ammorbidito” da uno strato di cera che conferisce una leggera colorazione ad alcune zone dell’epidermide in questa figura di emblematica raffinatezza, i capelli che avvolgono a cascata la schiena, estremamente composta nel suo dolore, silenziosamente afflitta, in rigorosa meditazione accanto ad un teschio. La scena è di un profondo realismo e quasi si possono vedere le lacrime scorrere lungo le guance. Canova, con quest’opera, osa sfidare le regole della scultura e, un po’ a disagio, avvicina la poetessa-viaggiatrice Federica Brun sollecitandone un giudizio.
  • Io taceva, ed egli come chi si sentisse leggermente offeso: “Ebbene, non vi piace?”
  • “Cher Canova, il me parait que vous avez là peint avec le ciseau, comme Mengs a souvent sculptè avec le pinceau” ( Caro Canova, mi sembra voi abbiate dipinto con lo scalpello, come Mengs, spesso, scolpisce col pennello).
E il Canova non potendo trattenere una sana risata: “Per Bacco, potrebbe essere che aveste ragione”.
L’artista riserba tutta la sua scienza, tutto il cuore e tutto l’estro per il marmo. Quindi la pietra che da lui riceve, per così dire, tutta la sua esistenza, acquista sotto la sua mano quella vita, quella grazia e quell’impronta degli affetti del suo stesso autore. Pregi a cui nulla potrebbe sostituirsi, e che fanno sì, che persino gli stessi falli vengano perdonati quando il cuore è quello che li commette.

Inviato da Francesca Girotto

lunedì 27 gennaio 2014

#GiornataDellaMemoria: Un'istantanea da Fratture di Irit Amiel

Legge Piera


#GiornataDellaMemoria: Il negozio della nonna Udl da Fratture di Irit Amiel

Legge Titina


#GiornataDellaMemoria: Una vendetta incompiuta da Fratture di Irit Amiel

Legge Primula


#GiornataDellaMemoria: L'undicesimo comandamento da Fratture di Irit Amiel

Legge Ezio


#GiornataDellaMemoria: Daniel da Fratture di Irit Amiel

Legge Elisa


#GiornataDellaMemoria: Un'esistenza Fratturata da Fratture di Irit Amiel

Legge Gaspare


#GiornataDellaMemoria: Opzioni da Fratture di Irit Amiel

Leggono Roberta degli Angeli ed Efisio


#GiornataDellaMemoria: Speranza e Pace da Fratture di Irit Amiel

Leggono Ipazia e Masaniello


#GiornataDellaMemoria: In fuga da Jasna Góra da Fratture di Irit Amiel

Legge Fernando


#GiornataDellaMemoria: Lettera al padre da Fratture di Irit Amiel

Legge Roberta


IN GIRUM IMUS... Florentia #Firenze di Donatella Farina

http://blogg.uio.no/hf/reiseblogg/sites/blogg.uio.no.hf.reiseblogg/files/firenze/foto-firenze-600.jpg

FLORENTIA Fu una città romana della valle dell'Arno dalla quale ebbe origine Firenze. La tradizione la vuole costruita dalle legioni di Gaio Giulio Cesare nel 59 a.C., ma l'ipotesi prevalente fa risalire la fondazione al periodo augusteo (tra il 30 ed il 15 a.C.). Incerta è la data della fondazione della colonia di Florentia che nel tempo è stata variamente attribuita, a parte fantasie mitologiche a Silla, a Caio Giulio Cesare o a Ottaviano. Gli storici sono concordi nel datare alla seconda metà del I secolo a.C. la fondazione della colonia romana di Florentia. Il Liber Coloniarum attribuisce ad una lex Iulia agris limitandis metiundis, voluta da Caio Giulio Cesare, la volontà di far nascere un nuovo impianto urbano in questo tratto della valle dell’Arno, là dove le legioni di Cesare costruirono un accampamento militare (castrum) a difesa della passerella che traversava il fiume all'altezza di Ponte Vecchio.Al tempo del II Triumvirato risale invece l'effettivo impianto della città e la centuriazione del suo territorio, per poter sistemare i veterani per mezzo dell’assegnazione di terreni.Durante i secoli dell'Impero infatti, la città si arricchi di tutti quegli edifici ed infrastrutture che caratterizzano le città romane: un acquedotto (dal Monte Morello), due terme, un teatro e un anfiteatro, sorto fuori dalle mura, come era consueto.La nascita di Florentia come accampamento militare la pone obbligatoriamente sotto la tutela del dio Marte, suo primo patrono; secondo il Guicciardini i romani che costruirono Florentia erano:« [...] non gente inutile e seditiosa ma uomini militari [...] che con la virtù delle arme e felicità delle vittorie meritorono questi premii [...] »Al dio Marte, secondo la tradizione militare, fu dedicato naturalmente il tempio principale della città, da sempre identificato con il Battistero.

http://janfriend.altervista.org/sito/fotoFi/battistero_1.jpg

Donatella Farina

domenica 26 gennaio 2014

#ArteEmiti: Danae - Perseo - I miti raccontati attraverso l'arte di Sibilla De Cumana


http://it.wikipedia.org/wiki/Danae_%28Rembrandt%29 

http://it.wikipedia.org/wiki/File:Firenze.Loggia.Perseus02.JPG



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#LibroForum: Ortese - Un paio di occhiali A cura di Alessandro Toppi e Antonio Russo De Vivo

 
Anna Maria Ortese, "Un paio di occhiali", in "Il mare non bagna Napoli" (ed. Adelphi, 2008)

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#FelicitàE'anche: Imbrigliare il tempo... di Francesca Girotto

 
 imm. da clerilmiopostonelmondo.files.wordpress.com/

 Elogio alla lentezza, ma non c’entra Milan Kundera, è un pensiero per noi che corriamo tanto, sempre. Sarà mica complice questo clima di depressione che ci circonda? Ci hanno tirato su con la convinzione che il tempo è denaro, e giù, tutti a imbrigliarci in un’esagerata fretta da produttività. Casalinghe maniacali col chiodo fisso delle super-pulizie. Impiegati fast-foodiani che ingurgitano un panino nella pausa pranzo e freneticamente affrontano l’ansia del ritorno a casa incolonnati a chilometriche code. E poi c’è la palestra, la piscina, il calcetto, la pizza con gli amici, l’incontro in centro per lo shopping, l’aperitivo in compagnia, la riunione scolastica. Quanti impegni ha un genitore? Difficile distinguere tra hobby o doveri. E i bambini? Nati già stressati, obbligati, sin dai primi anni di vita, a frequentare corsi d’ogni genere, dall’inglese al nuoto, da lezioni di musica a danza, da karate a yoga, dal corso di sci a pallavolo, ciclismo, eccetera, eccetera. Tutto questo per compiacere i genitori che, da piccoli, avrebbero avuto “quel” gran desiderio ma, per svariati motivi, non hanno potuto coltivarlo. E, non secondario, per non essere da meno dei compagni che, pare, sappiano eccellere in tutto (??). E così si subisce la dittatura del tempo. Si arriva alla fine della giornata stanchi e in un clima di depressione collettiva.
Non si ha più il tempo e la voglia di sedersi a tavola e dialogare serenamente, raccontandosi la propria giornata, desiderando conoscere i pensieri del resto della famiglia, coniuge, figli, genitori e via discorrendo. E’ tutto una grande corsa dove non si ha più il tempo di leggere un libro o di rimanere semplicemente in silenzio a sognare. E dove lo mettiamo il (purtroppo..) dominante consumo televisivo? Semplicemente alla fine di giornate così estenuanti in cui ci si addormenta di fronte alla tv senza averla nemmeno ascoltata.
Ho delle amiche che darebbero non so cosa per farsi quattro passi col marito guardando, magari, le vetrine dei negozi chiusi. Si, perché ci si accontenta anche di guardare senza comprare, pur di godersi la passeggiata col proprio partner in assoluto relax.
E invece no. Io leggo, rifletto e scopro che la felicità, è anche tempo, e non sempre occorre denaro per averlo.
Ad un certo punto della vita c’è un gran bisogno di lentezza, si sente la necessità di rallentare..
Ma non si diventa più lenti perché si invecchia, tutt’altro!
E allora volturiamo questo “purtroppo” (..purtroppo sto invecchiando..) in “finalmente” (..finalmente ho tempo per me, per leggere, fare un viaggio, passeggiare, visitare mostre e musei e tanto altro ancora..). Questo non vuol dire trascurare la famiglia, i figli, i nipoti, ma dare la giusta dose di disponibilità senza perseverare nel sacrificio dell’immolarsi sull’altare della schiavitù famigliare.

Di Francesca Girotto

venerdì 24 gennaio 2014

#QuasiUn #Niente di Ezio Falcomer da " La vita picara"


http://goodnews.ws/wp-content/uploads/2012/01/mano-cielo.jpg

QUASI UN NIENTE

C’è quasi un niente
di là dal monte
come una fonte
un chicco di grano
una pianura di sole scrosciante

questa mia mano
accoglie l’aria che insiste

cos’è che resiste
all’applauso
di un cielo ridente?

Autore Ezio falcomer

#LibroForum: Delitto al circolo del tennis; Aldo Nove - Il bagnoschiuma A cura di Alessandro Toppi e Antonio Russo De Vivo


Alberto Moravia, "Delitto al circolo di tennis" (1927), in "Racconti" (ed. Garzanti, 1971) 


Aldo Nove, "Il bagnoschiuma", in "Superwoobinda" (ed. Einaudi, 1998)


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#Singhiozzi di Athos Il Moschettiere Dell'anima

http://www.pamelalimanni.com/

 Come funanboli su scisti affioranti
Inganniamo il rumoroso torrente,
 E diamo le spalle
Alla pianura che ci attende.
Sul viso spruzzi schiumosi
Di sale inbiancati,
Son della vita
Il ricordo dei momenti passati, 
Ma con la biro nel cuore resteranno segnati. 
Ma con la biro nel cuore resteranno segnati. 
Le lance del tempo scivolano 
Tra rocce d'acqua pietrificata, 
Un mormorio ora incalza veloce,  
Gli occhi seguono la corrente 
Fin laggiu' alla cascata.
Il cammino dai passi tracciato  
Dalla fatica è invero incorniciato.
Dritta la schiena, 
Forte la presa,
Il guado s'avvicina 
Aggrappati a me  
o' mia Regina. 

Autore Athos Il Moschettire Dell'anima 

giovedì 23 gennaio 2014

#LibroForum: D'Arzo - Due vecchi - A cura di Alessandro Toppi e Antonio Russo De Vivo



Silvio D'Arzo, "Due vecchi", in "Casa d'altri e altri racconti" (Einaudi, 2007)

#laSedia#Vuota

 
http://us.123rf.com/
 Un uomo anziano si era ammalato gravemente. Il suo parroco andò a visitarlo a casa. Appena entrato nella stanza del malato, il parroco notò una sedia vuota, sistemata in una strana posizione accanto al letto su cui riposava l'anziano e gli domandò a cosa gli serviva.
L'uomo gli rispose, sorridendo debolmente: "Immagino che ci sia Gesù seduto su quella sedia, e prima che lei arrivasse gli stavo parlando... Per anni avevo trovato estremamente difficile la preghiera, finché un amico mi spiegò che la preghiera consiste nel parlare con Gesù. Così ora immagino Gesù seduto su una sedia di fronte a me e gli parlo e ascolto cosa dice in risposta. Da allora non ho più avuto difficoltà nel pregare."
Qualche giorno dopo, la figlia dell'anziano signore si presentò in canonica per informare il parroco che suo padre era morto.
Disse: "L'ho lasciato solo per un paio d'ore. Quando sono tornata nella stanza l'ho trovato morto con la testa appoggiata sulla sedia vuota che voleva sempre accanto al suo letto."

Piero Gribaudi  tratto da "Il libro della saggezza interiore. 99 storie intorno all'uomo"

mercoledì 22 gennaio 2014

#Mettere a fuoco la #Vita


http://digiphotostatic.libero.it/violemma/med


Avete iniziato a mettere a fuoco la vita che volete davvero? Ora quali pensieri vi vengono in mente? Che domande vi fate? Quali dubbi si insinuano? Di solito questo è il momento in cui molti di noi tendono a mettere dei freni ai propri sogni, spesso senza nemmeno esserne consapevoli. I pensieri e le convinzioni che portiamo con noi – di solito inconsciamente – non ci consentono di cogliere le opportunità che si presentano e ci impediscono di avere quello che desideriamo nella vita.

  Jack Canfield, Mark Victor Hansen, Jeanna Gabellini,Usa la Legge di Attrazione,

martedì 21 gennaio 2014

#LibroForum Donatien Alphonse François de Sade A cura di Alessandro Toppi e Antonio Russo De Vivo







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#LibroForum: La pistolettata, di Aleksandr Sergeevič Puškin - A cura di Alessandro Toppi e Antonio Russo De Vivo


imm. da sytnikov.com

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#ArteEmiti: Gli amori di Giove -I miti raccontati attraverso l'arte di Sibilla De Cumana

 Uno degli amori di Giove

 
 Danae, Tiziano, 1545-46, olio su tela, Napoli, Museo di Capodimonte
(da wikimedia.org)



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#OltreLaSoglia #AldiLa' #DellaVita... di Francesca Girotto



E’ davvero immortale la nostra anima?
Cosa c’è oltre la vita?
Dove va l’anima quando si separa dal corpo?
Ma poi, cos’è l’anima?
E’ qualcosa di etereo o si può vedere?
E’ da un po’ di tempo che mi pongo queste ed altre domande. Forse perché in una recente e dolorosa vicissitudine ho dovuto confrontarmi con il “mai più” e non riesco a rassegnarmi al pensiero. E allora mi dibatto in mille interrogativi, in una vertigine di domande che restano senza risposta, in un confine invisibile, impossibile da pronunciare, perfino da pensare.
E i miei pensieri si rivoltano quasi con rancore verso un’entità sconosciuta, quasi un’invisibile essenza sovrumana che, divertendosi alle nostre spalle, ha permesso questo.
Poi arriva la quiete e la ragione cerca pace nell’imponderabile infinito disegno, a noi sconosciuto, della vita.
E penso che nulla appartiene di più alla vita, come la morte.
Oggi che si dibatte e si scrive di tutto, la morte e il lutto sono rimasti gli unici argomenti tabù. Ma il dolore va metabolizzato e c’è un bisogno estremo di parole da dedicare a chi, per noi, non c’è più. A chi, varcando quella soglia, ha chiesto di “lasciarlo andare”, di “lasciarlo essere”. Ma per fare questo ci vuole una grande dose di coraggio e tanta, tanta fede.
La soglia che separa la vita dalla morte è un passaggio naturale (viene varcata milioni di volte al giorno), e allora perché è così difficile da raccontare, da rappresentare?
E’ difficile per noi, che crediamo di essere immortali, immaginare un termine alla nostra vita. Noi che viviamo in una specie di illusione eterna abbiamo un concetto del fattore tempo come di qualcosa di infinito. E’ il nostro vissuto storico che dovrebbe darci la consapevolezza di non essere immortali, ma noi non abbiamo mai il tempo per questi confronti, abbiamo sempre ancora qualcosa da fare.
E nel vagare all’interno della mente mi chiedo cosa si prova nel momento in cui si ha la consapevolezza di non farcela? Nel momento in cui avrò la chiara certezza che la vita mi sta abbandonando, e non potrò più vedere né abbracciare le persone care. Che tutti i miei progetti, i miei sogni, i miei obiettivi non contano più nulla perchè non saranno mai più realizzabili. Che tutto quello che avrei voluto dire a chi amo non potrò più farlo, che è troppo tardi per tornare indietro perché la vita ha deciso diversamente e adesso si sta facendo beffe di me.
Mi dicono che l’anima è immortale, ma lo spirito allora? E la nostra personalità? E tutto ciò che vi è contenuto, tutto quello che noi, da mortali, decidiamo di essere, di fare, di costruire? Tutto inutile? Bene o male non fa distinzione?
Qual’è allora lo scopo della nostra vita? Risposte non ne ho ancora trovate. Posso solo pensare che lo scopo della vita è la vita stessa.
Platone ha voluto dimostrare che l’anima è immortale in questo modo:
" IN QUALUNQUE COSA ENTRI, L’ANIMA PORTA IL VIVERE, POICHE’ CIO’ E’ AD ESSA CONNATURATO. MA CIO’ CHE PORTA IL VIVERE NON PUO’ ACCOGLIERE LA MORTE, DUNQUE L’ANIMA E’ IMMORTALE".
CREDERE SENZA PROVE. Sta forse qui il segreto?
Qualcuno di voi può dirmi il proprio pensiero?
Francesca Girotto

http://thosemen.files.wordpress.com/



lunedì 20 gennaio 2014

#ArteEmiti: Amore e Psiche - I miti raccontati attraverso l'arte di Sibilla De Cumana

                                                  Amore e Psiche di Antonio Canona

(da commons.wikimedia.org)

                     http://it.1000mikes.com/app/archiveEntry.xhtml?archiveEntryId=313830


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# Arte #OpereDel #Caravaggio - Michelangelo Merisi


Il riposo durante la fuga in Egitto   (1596)

 da www.settemuse.it/pittori_scultori_italiani/michelangelo_merisi_caravaggio.htm

domenica 19 gennaio 2014

#Racconti #Saggi taoisti: L'arte del tiro con l'arco


http://artedelloshiatsu.files.wordpress.com/2010/12/zen.jpg

 Qi Chang voleva imparare l'arte del tiro con l'arco che, a quanto si dice, è un accellente metodo per accedere al Dao. Andò a trovare il maestro Fei Wei che godeva di grande reputazione. Questi gli disse:
- Quando sarai capace di non sbattere le palpebre, ti insegnerò la mia arte.
Tornato a casa, Qi Chang si infilò sotto il telaio della moglie e si allenò a seguire senza battere ciglio    il va e vieni della spoletta. Dopo due anni di quell'esercizio, riusciva a non chiudere le palpebre neanche quando la punta della spoletta gli sfiorava l'occhio! Torno quindi ad annunciarlo al vecchio Fei Wei:
- Bene, disse il maestro. Ora devi imparare a vedere.  Devi arrivare  a distinguere nettamente  la minima percezione. Acchiappa un pidocchio, legalo con un filo di seta e quando sarai capace di contare i battiti del suo cuore torna a trovarmi.
 A Qi Chang ci vollero dieci giorni per acchiappare un pidoccio e sei mesi per riuscire a legarlo. Poi trascorse varie ore al giorno fissando intensamente  l'insetto. In capo a un anno lo vedeva grande  come una scodella, in capo a tre anni grande come una ruota di carro. Trionfante, corse allora alla casa del maestro.
- Bene, disse il vecchio arciere adesso puoi esercitarti a mirare. Appendi il pidocchio  a un ramo d'albero, arretra cinquanta passi, e qundo riuscirai a trapassare l'insetto senza toccare il filo di seta, torna pure a trovarmi. E gli tese arco e faretra.
Qi Chang ci mise tre mesi tendere l'arco senza tremare, un anno per centrare il tronco dell'albero e due per toccare il filo di seta. Cento volte spezzo il filo senza sfiorare il pidocchio. Solo alla fine del terzo anno, la freccia trapassò l'insetto senza toccare il filo.
- Bene, disse il vecchio Fei Wei, ci sei quasi. Ormai non ti resta  che tentare la stessa cosa con un vento impetuoso. A quel punto, non avrò più niente da insegnarti.
In capo a tre anni, Qi Chang era riuscito anche in quella impresa. Si disse che a quel punto gli restava una cosa sola: misurarsi con il maestro, scoprire se fosse capace di superarlo e, infine,prenderne il posto. Si armo d'arco e di frecce e ando a trovare Fei Wei.
Quasi lo stesse aspettando, il vecchio arciere gli stava venendo incontro con l'arco in mano e le maniche rimboccate. Uno a un capo del prato e uno all'altro, si salutarono senza una parola, incoccarono una freccia nell'arco e si presero accuratamente la mira. Le corde vibravano all'unisono, le due freccie si scontrarono in volo e ricaddero nell'erba. Sei volte fischiarono e sei volte si toccarono. Fei Wei aveva svuotato la sua faretra, ma a Qi Chang era rimasta un ultima freccia. Pronto a tutto pur di sbarazzarsi del suo rivale e di farla finita con il maestro, tirò. Al sibilo della freccia rispose la risata del vecchio che, con il mignolo della mano destra, aveva deviato il dardo mortale mandandolo a infilarsi nell'erba. Fei Wei fece tre passi, raccolse la freccia, la pose sull'arco e prese a sua volta di mira il discepolo.
Qi Chang non si mosse, ma la freccia si limito a sfiorarle la vita, come se il maestro l'avesse mancato o... risparmiato di proposito. Ma appena  fece per muovere un passo, i pantaloni gli scivolarono fino ai piedi. Il colpo magistrale del vecchio Fei Wei ne aveva tagliato di netto il cordone.
Allora Qi Chang si prosternò ed esclamò:
- O mio grande Maestro!
Fei Wei si inchino a sua volta e disse:
O mio gran Discepolo!


tratto da: Racconti dei saggi taoisti  da pag.79 a pag. 83 -  di Pascal Fauliot - L'ippocampo

sabato 18 gennaio 2014

#Poesia: Quello che vorrei di Francesca Girotto

Se potessi scegliere,
non sceglierei regali,
non sceglierei gioielli,
niente di materiale, vorrei.
Ciò che desidero
sono i momenti,
le emozioni,
gli attimi,
persi…
Ciò che vorrei
sono le cose mie.
Quel pezzo di vita interrotta…vorrei.
Vorrei scrivere pensieri
senza punti.
Vorrei spedire le lettere,
che non ho mai spedito.
Vorrei ricevere le lettere,
che non ho mai ricevuto.
Vorrei tornare a credere nei sogni,
inseguire un gioco,
ai confini della realtà.
Vorrei rubare spazio alla vita,
e darti quel tempo
che non ho avuto il tempo di darti.
E guardare insieme,  ancora una volta
il mare da qui…

Autrice Francesca Girotto

#SoloUn #Capitolo #DellatuaVita








http://images.unadonna.it/dichiarazioni.


Carissima Holly,
non so dove sarai né esattamente quando leggerai queste parole.
Spero soltanto che la mia lettera ti trovi in buono stato e in buona salute.
Non molto tempo fa mi hai sussurrato all'orecchio che non ce la fai ad andare avanti da sola. Invece puoi farcela, Holly.
Sei forte e coraggiosa e supererai tutto questo.
Abbiamo avuto dei momenti bellissimi, e tu hai reso la mia vita... tu sei stata la mia vita.
Non ho rimpianti.
Ma io sono solo un capitolo della tua: ce ne saranno molti altri.
Aggrappati pure ai nostri magnifici ricordi, ma non avere paura di creartene di nuovi.
Grazie per avermi fatto l'onore di essere mia moglie.
Ti sarò eternamente riconoscente, per tutto.
Ogni volta che avrai bisogno di me, sappi che ti sono vicino.
Ti amerò per sempre.
Tuo marito e il tuo migliore amico. Gerry.

dal film P.S. I Love You - Non è mai troppo tardi per dirlo

venerdì 17 gennaio 2014

#Arte #Vasilij Kandinskij

                                  Vasilij Kandinskij  - 16 dicembre 1866 - 13 dicembre 1944,
 
Accento in rosa, 1926 


 fonte: ilcassetto.forumcommunity.net/?t=49000927

giovedì 16 gennaio 2014

#UnFiglio #UnSensoNuovo



http://www.nuovesoluzioni.net

  Un figlio era esattamente questo. Un senso nuovo, completamente diverso dagli altri cinque, che ti offre una percezione inimmaginabile di cio' che ti circonda. E, improvvisamente, tutto quello che coinvolge la carne della tua carne ti riguarda direttamente.

  Donato Carrisi - L'ipotesi del Male

mercoledì 15 gennaio 2014

#Rapporto #Singolare e imbarazzante


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 Niente è più singolare, più imbarazzante che il rapporto tra due persone che si conoscono solo attraverso gli occhi, che si vedono tutti i giorni a tutte le ore, si osservano e nello stesso tempo sono costretti dall'educazione o dalla bizzarria a fingere indifferenza e a passarsi accanto come estranei, senza saluto né parola.


  Thomas Mann, La morte a Venezia

martedì 14 gennaio 2014

#LaSentinellaDella #Vallata di Francesca Girotto

Quando, per la prima volta, sono salita lassù, tra le Alpi Cozie e il Rocciamelone, ammirando incantata quel gigantesco “guerriero” di pietra che domina la sottostante vallata, qualcuno mi ha raccontato una storia che mi ha affascinata. E’ la leggenda della “Bell’Alda” che da molti secoli i piemontesi hanno racchiuso all’interno della SACRA DI SAN MICHELE.




 Ve la voglio raccontare.





 Si racconta che Alda, una fanciulla di rara bellezza, attorno al XVI secolo, per sfuggire all’inseguimento dei soldati e salvare la sua verginità, si rifugiò dentro la “Sacra” e si gettò, da una torre, nel sottostante dirupo. Miracolosamente si salvò e i soldati, spaventati, fuggirono. Orgogliosamente fiera della grazia ricevuta tentò nuovamente il “volo” ma questa volta si sfracellò contro le rocce.
 
 Devo dirvi che, visitando questo luogo, la mescolanza tra leggenda e storia mi ha trasportata in una sottile atmosfera di mistero e inusitata bellezza come di un luogo fatto di presenze affascinanti e, al tempo stesso, inquietanti.
Ma partiamo dall’inizio.
Questo imponente monumento, costruito fra il 984 e il 990 è situato all’imbocco della Valle di Susa.
Lasciata la tangenziale che da Torino si immette sulla strada del Frejus, sullo sfondo già si staglia la scura sagoma dell’abbazia. Ancora confusa per la lontananza, sembra che la natura, in un momento di bizzarria, abbia “costruito” sulle rocce le torri e i muraglioni. Costeggiando uno dei due laghi di Avigliana si inizia la salita e questo gigante di pietra appare e scompare, a tratti, animandosi improvvisamente stagliato contro un cielo azzurro che ne addolcisce le forme e creando uno strano contrasto fra le pietre e il vuoto che sembra sostenerle. 
 


  Tutt’intorno boschi di castagni e betulle alternano salite erte e brevi discese. Arriviamo finalmente sul piazzale del “sepolcro dei monaci”. Uno spazio che pare sospeso nel vuoto. Qui i Frati Benedettini avevano il loro cimitero, eretto sulle rovine di un antico tempio pagano.
Imbocchiamo il viale che porta all’entrata dell’abbazia. Le pareti laterali della montagna, a strapiombo, mi danno la sensazione di entrare in una dimensione non abituale, quasi di sospensione sul vuoto e di distacco dal paesaggio circostante. Sensazione che aumenta con il vento che soffiando tra le chiome dei cipressi, compone voci e rumori e crea un’invisibile barriera che separa dal resto del mondo.




  La “Porta di Ferro” ci dà il benvenuto al primo incontro con il patrono del monastero: San Michele Arcangelo dipinto nei resti di due affreschi raffigurato nell’atto di trafiggere il demonio, sull’arco esterno della torretta.




   Usciamo e siamo a diretto confronto con la facciata dell’abbazia. L’emozione è intensa e misteriosa. Sostiamo. Sopra di noi, le pietre squadrate del basamento grigio-ferro sembrano in fuga verso il cielo e sostengono le absidi verdognole della chiesa in un vortice di eleganza e di forza, di raffinata essenzialità. 




 
Superato il portone abbiamo di fronte lo “Scalone” e l’”Atrio dei Morti”, due rampe di scale ripidissime da togliere il respiro

Qui venivano sepolti, fino al 1890, gli abati e i benefattori del monastero. Lo “Scalone” è in pura arte romanica, mentre tutt’intorno vi è un miscuglio di stili dove prevale il gotico. Regna il silenzio dell’eternità e delle ombre di chi ci ha preceduti nell’aldilà, eppure l’atmosfera non è cupa, direi serenamente spirituale.  Lo “Scalone” acquista il significato simbolico della salita liberatoria verso l’alto.
 


Varchiamo la “Soglia dello Zodiaco” e dopo le ombre e i chiaroscuri dello Scalone, la salita alla chiesa assume la luminosità di un’ascesa mattutina. Quasi come passare da un tempo carico di inquietudini e domande alla distensione di una risposta che sta per arrivare. Ed eccola qui, in uno splendido portale romanico, l’entrata alla chiesa mi scioglie i nodi che imprigionavano i miei pensieri ed è quasi come ricevere una spinta a guardare le cose e le persone da quella pace e da quella serenità. Il silenzio intorno a me è perfetto, tutto diventa essenziale. Devo fare una precisazione che mi è d’obbligo: quel giorno non era né festivo né domenicale. I turisti e i pellegrini erano pochissimi, quasi assenti. Il tempo giusto e perfetto per visitare questo luogo.

E adesso, difesa da quella pace regalatami dalla salita, entro nella chiesa, un magnifico esempio del progressivo trasformarsi dell’arte romanica in gotica


 
Divisa in tre navate, la chiesa ha tre absidi, rivestite di caldi mattoni che creano un’atmosfera raccolta ed intima. Molti gli affreschi, a cominciare dalla Sepoltura di Gesù, la Madonna morta e la Madonna Assunta.



Sull’Altare Maggiore ammiro estasiata una dolcissima Vergine Maria avvolta in un lungo abito azzurro-verde che tiene i piedi sopra un arco di luna e allatta Gesù Bambino posato su di un lino bianco.  






Nella chiesa vi sono sedici sarcofagi di pietra verde, Vi riposano ventiquattro salme di principi reali di casa Savoia.





 Dalla chiesa, attraverso lo splendido “Portale dei monaci” in stile romanico si esce su un vasto terrazzo che offre una vista indimenticabile sulla Valle di Susa. Di fianco c’è il ballatoio roccioso dal quale si sarebbe buttata la “Bell’Alda” della leggenda. Da questo terrazzo, un tempo, si accedeva al sottostante monastero costruito alla fine del X secolo, non solo per ospitare i monaci, ma anche i pellegrini che da nord si dirigevano a Roma.


I Liguri e i Celti, i Romani e i Goti, i Franchi e i Bizantini, i Longobardi e i Carolingi e infine i Saraceni, passarono di lì, lasciando tracce della loro presenza e dei loro saccheggi. In una stanza ristrutturata del monastero soggiornò Clemente Rebora, rosminiano poeta che veniva spesso qui a trascorrere alcuni mesi d’estate. Nel 1943-44. durante la guerra partigiana, otto Rosminiani tennero a bada tedeschi e fascisti. La “Sacra” in quegli anni divenne rifugio non solo di partigiani, ma anche di uomini della valle, e i Rosminiani, più volte, durante le perquisizioni, rischiarono la vita.

Ogni anno quassù vengono migliaia di persone ma sono in pochi a ricordare che questa è anche un’abitazione sacra.

Ecco, il mio viaggio all’interno della “Sacra di San Michele” è terminato. Non è stata una scampagnata, ho avuto la fortuna di evitare chiassose e alquanto fastidiose carovane di turisti come fiumi in piena. Scendo lentamente verso la valle lasciando rocce, monti, vento e cipressi alla loro guardia eterna.   

Francesca Girotto


imm dal web :www.rosmini.it   - www.it. wikipedia.org

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