Cerca nel web

venerdì 15 febbraio 2013

#Racconti #Saggi Taoisti: L'ombra del ciliegio

images.corriere.it/Media/Foto/2010/04/02/ciliegi2_1.jpg 
All'uscita di un borgo, sulla riva di un lago che lambiva i piedi dì una serena montagna, stava delicatamente adagiata nel suo scrigno di verzura una grande casa civettuola. Aveva un basamento di pietra ocra, ravvivato da paratie in legno dalle larghe aperture finemente lavorate. La circondava un grazioso giardino circondato da un muro di mattoni imbiancati a calce e coperto con tegole verniciate di rosa. Era la dimora di vecchio commerciante grassoccio, cui il senso degli affari aveva assicurato un più che confortevole benessere.
Nel giardino, al confine della propietà si ergeva un annoso ciliegio che dispensava all'intorno un'ombra generosa. D'estate, fuggendo la fornace di casa, il riccone amava andarvi a riposare e a farsi rinfrescare dalla brezza. Apprezzava in modo particolare il momento in cui l'ombra scavalcava il muro della sua propietà per andare ad allungarsi sulla riva del lago. La restava distevo per delle ore, cullato dal mormorio del flutti
 e dal canto dei canneti e stregato dal riflesso delle montagne nello specchio del lago.

Un giorno di canicola, mentre il mercante varcava il portone per andarsene all'ombra del suo amato ciliegio, ebbe la brutta sorpresa di vedere qualcuno sdraiato al suo posto. Non poteva trattarsi che di uno straniero: chi mai, nel circondario, avrebbe osato fare una cosa del genere?  Il suo posto estivo era conosciuto e rispettato da tutti e nessuno aveva interesse a contrariare quel potente signore.
 Il vecchio riccone apostofrò lo sconosciuto:
- Levati di mezzo! Il posto è mio!
- Vostro? chiese lo straniero sollevando la testa su cui troneggiava un ciuffo di capelli annodati alla meglio. Ma queso non è forse un luogo pubblico?
- Puo' essere, disse il commerciante, ma l'ombra è quella del mio ciliegio, quindi mi appartiene.
L'uomo, dagli abiti e dalla corporatura di un avventuriero, si alzo con un sorriso ironico e disse:
- In tal caso vendetemela cosi ci posso restare! E tirò fuori la borsa, facendone tintinnare le monete.
Quella musica, tanto cara e famigliare al ricco mercante, ebbe l'effetto di smorzargli i bollori e di lasciarlo soprappensiero.
Non aveva mai pensato di poter fare commercio di un ombra, una materia inconsistente, impalpabile e inafferrabile per eccellenza! Fedele alla principale regola degli affari secondo cui, piccolo o grande, ogni guadagno è buono, e accecato dalla sua leggendaria cupidigia, nota in tutto il paese, accettò la proposta, non prima di aver stabilito che l'ombra valeva dieci tael d'argento. Una somma modesta, ma appropiata a un bene che di solito non veniva venduto! Si era guadagnato la giornata.
Il viaggiatore non stette a mercanteggiare: chiese solo che l'atto di vendita venisse messo in debita forma per iscritto e in duplice copia. Tutto contento del colpo messo a segno, il vecchio riccone rientrò a casa e ne torno con carta, inchiostro e sigillo. L'affare fu concluso e l'acquisto dell'ombra pagato in contanti.
Su quella riva del lago non c'erano altri alberi per cui il mercante, rientrato in giardino, si accontento dell'ombra di un albicocco. Non era fresca come quella del ciliegio e non oltrepassava il muro permettendogli di contemplare il paesaggio, ma lo spilorcio vi si sdraiò con il sorriso di chi ha fatto un buon affare. Tanto più
che tra qualche giorno lo sconosciuto di passaggio se ne sarebbe sicuramente ripartito. Gli venne addirittura in mente che avrebbe potuto rivendere l'ombra a qualche altro imbecille.

Mentre le nuvole cominciavano a farsi rosee come le guancie di una vergine alla vista un bel ragazzo, il ricco mercante vid:e a un tratto l'avventuriero varcare il portone. Temette che, rientrato in sè fosse venuto a richiedergli il propio denaro. Fortuna che esisteva un contratto scritto!
L'avventuriero gli fece un amichevole cenno con la mano prima di sedersi senza complimenti in giardino e aprire la borsa, estraendone un picnic. Il padrone di casa si precipitò di corsa a scacciare quello sfacciato dalla sua propietà.
- Vi ho venduto solo l'ombra del ciliegio, mica tutto il giardino. Levatevi di torno al piu' presto!                      - E secondo voi, dove sto seduto? chiese lo straniero. Guardate sull'ombra del ciliegio che adesso si e' spostata qui. Voi me l'avete venduta, e adesso e' mia.
Sbalordito, il riccone girò i tacchi e rientro in casa sbattendosi la porta alle spalle. Mezz'ora dopo, l'avventuriero era seduto sulla veranda, dove ora veniva a proiettarsi l'ombra del ciliegio.
Al crepuscolo, il vecchio mercante, per poco non soffocò di rabbia vedendo l'imponente figura dell'importuno scavalcare la finestra del salotto per venire a sedersi sulla poltrona dove l'ombra aveva eletto domicilio. Il vecchio ordinò al seccatore di andarsene, minacciando di farlo buttare fuori dai servi. Ma quello apri con calma il contratto e lo rilesse a voce alta, dichiarando che se non avesse potuto godere della sua propietà, si sarebbe rivolto al tribunale pretendendo risarcimenti e interessi. Arresosi a quell'inopugnabile argomento, il mercante battè in ritirata in camera sua, barricandosi dentro in attesa che la notte spegnesse l'ombra de ciliegio.
Ma era una notte di luna piena. Attraverso la tapparella di carta, l'ombra del ciliegio scivolò nella camera della giovane concubina del mercante. L'ombra sfiorò forse il suo giacilio, la sua pelle di pesca?
Pur lasciandolo intendere, la storia non lo dice e neanche il vecchio riccone si lasciò sfuggire una parola, forse troppo sordo per essere riuscito a sentire qualcosa di preciso...

Il maneggio durò parecchi giorni. Ogni mattina, l'avventuriero era immancabilmente in camera della giovane concubina, visto che il primo sole vi proiettava l'ombra del ciliegio...
Sta di fatto che il vecchio. sull'orlo del travaso di bile, fini per denunciare egli stesso la cosa alla giustizia, protestando contro l'uso abusivo del diritto di propietà. Ritenedolo un caso alquanto imbarazzante, giuridicamente interessante e quanto mai delicato, il giudice si riservò di deliberare il consiglio.
La storia non dice neanche se il magistrato appartenesse alla razza degli uomini onesti, dei giusti che impediscono al mondo di precipitare definitivamente nel caos, o se invece fosse uno di quei funzionari corrotti che volevano evitare la delusione di non ricevere un soldo da quell' esimo taccagno. Sia come sia, il verdetto decretò che l'atto di ventita era perfettamente valido e che il diritto di propietà era sacro e imprescrittibile. Dette quindi partita vinta al propietario dell'ombra e condannò il ricco al pagamento delle spese, nonché a una grossa multa ogni volta che avesse impedito alla controparte di godere della sua propietà.

L'indomani con la morte nell'anima e tra l'ilarità dei vicini, l'avaro lasciò la civettuola dimora in riva al lago per andare a vivere in una casa  che possedeva in città.
L'avventuriero si sistemò nell'abitazione abbandonata e in capo a dieci anni ne divenne legittimo propietario.
Quanto alla giovane concubina, sulla quale si sarebbe posata l'ombra del ciliegio, l'anziano mercante la lasciò insieme alle mura della vecchia casa, su insistenza, pare, di quella megera della sua legittima moglie che, con la scusa dell'evidente incuria del marito, avrebbe preso in mano gli affari domestici. E il nuovo propietario della casa in riva al lago non tardò a sposare la bella compagna abbandonata con grande gioia della medesima.

Ed ecco come fu che vendendo un ombra, vale a dire niente, per una manciata di monete d'argento, vale a dire quasi niente, Il nostro uomo d'affari perse casa e concubina, entrambe acquistate a peso d'oro.
Meglio sarebbe stato per lui frequentare i classici, nei quali avrebbe trovato la seguente ammonizione:

Chi non sa andare lontano col pensiero vedrà i guai da vicino.

tratto daRacconti dei saggi taoisti pag. 201/210 di Pascal Fauliot  - L'ippocampo
 

Nessun commento:

Posta un commento

Cerca nel blog

Archivio blog