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giovedì 7 febbraio 2013

#Cocksucker Blues. La bocca di Mick #Jagger, logo del mondo occidentale, Don #De Lillo, #Underworld, #citazione


[Estate 1974] Miles la chiamò e si incontrarono in un vecchio loft che era stato un laboratorio per la confezione di vele. Il gruppo della cineteca di cui Miles faceva parte programmava per lo più film impossibili da distribuire nei cinema per una ragione o per l’altra, e le proiezioni erano piuttosto fluttuanti – ovunque Miles riuscisse a procurarsi uno spazio.


C’erano cinquanta o sessanta persone, venute per vedere un filmato di Robert Frank, “Cocksuckers Blues”, sulla tournée dei Rolling Stones in America.

Klara sedeva al buio e succhiava yogurt da un cartone. Si rese conto che da un po’ vedeva la bocca di Mick Jagger dovunque andasse. Forse era il logo del mondo occidentale, lo sberleffo e il broncio che ti segue per la strada – le piaceva vederlo ballare col suo passo diabolico, ma la bocca sembrava un oggetto a sé, come un oggetto aggiunto in seguito.

Disse ad Acey, che le sedeva accanto: - Credo che tutto quello che ciascuno di noi ha mangiato negli ultimi dieci anni sia finito in quella bocca.

Le piaceva la luce azzurro slavato del film, una luce di tipo crepuscolare, una luce da tunnel che evocava un realtà inaffidabile – per niente inaffidabile invece, perché non si stenta a credere a quello che si vede, quindi forse una realtà sovversiva, pericolosa e corruttrice, un bellissimo azzurro tunnel.

- Devi interpretare la bocca come una satira, - disse Miles.

Sniffate di coca dietro le quinte o nei camerini e gente seduta in una stanza o addormentata su un aereo, quella sensazione di tempo-al-limite, frasi pronunciate a metà, una sigaretta che ciondola in bocca a qualcuno, gente non ancora pronta a muoversi, e a Klara piaceva il suono allusivo, il modo in cui il suono del documentario, quella specie di film fatto al volo, rimbalzava dalle pareti piastrellate, dai muri di calcestruzzo dei camerini e dei tunnel dello stadio.

Qualcuno che dice, Spesso mi riprende dalla parte sbagliata.

E Klara si rese conto che sì, quella bocca era completamente satirica, era caricaturale, una versione dell’ano parlante dei fumetti alternativi degli anni Sessanta, e tutte le nostre espressioni di scherno e di sarcasmo, tutte le mezze frasi che avevamo borbottate erano uscite dallo stesso orifizio, più o meno.

Acey disse: - Li ho visti a San Francisco, dev’essere la stessa tournée, era due anni fa.

Lancio del televisore dall’albergo di un balcone.

Interviste smozzicate o chiazzate, la più semplice delle domande accuratamente preparata persa, ponderata e persa un’altra volta, la tournée è una serie di frasi lasciate a metà, e un uomo e una donna che scopano in aereo, e una bocca che mastica cibo, la bocca stacca-e-incolla, Mick in concerto sotto luci stroboscopiche e flash, simile a una donna multibocca di de Kooning, che succhia il microfono.

La falange delle telecamere nei tunnel. Gente seduta in cerchio, due persone che dormono accartocciate, o strafatte, o potrebbero essere morte anche se non platealmente, l’interminabile noia fracassona della tournée – tunnel e passerelle.

Acey disse: - Sono andata al concerto e c’era una guardia del corpo, forse riesco a vederlo in una di queste inquadrature, un nero che indossa una T-shirt con una scritta tipo “Stone Security”, capisci, ma espressa in modo completamente diverso, anche se questa è l’idea.

E a Klara piacevano la luce azzurro tunnel e le parti in cui non succedeva niente e tutti avevano una cinepresa e riprendevano quell’assenza di avvenimenti mentre il suono si perdeva nelle piastrelle del soffitto.

Qualcuno dice, Odio quei rotti in culo. Quelle mezze calze.

Dice, In quale stato siamo?

Due tossici che farfugliano su un letto, un uomo e una donna con gli occhi egualmente strabuzzati sull’ago piantato nel braccio di lei.

Dice, Come mai hai voluta riprendere questa scena?

Dice, Non avevo l’intenzione di riprenderla.

Oh, Nell’Indiana.

E’ successo, non so cosa dire.

Mick in una stanza con la mascella ciondoloni. La bocca fa i gargarismi e sputa, lecca un cono gelato. E il pezzo di filmato è virato in rosso, corpi bioluminescenti, proprio quello che tutti amiamo del rock, pensò Klara, l’aureola di luce di una morte superiore.

Excedrin in tv, decisamente più efficace dell’aspirina.

- E quello mi segue, - disse Acey, - in quel lungo tunnel e mi fa , brown sugar, aspettami perché ho qui una cosa che devi assolutamente vedere. Ehi, brown sugar. E io mi sono girata, come una povera scema, lo ammetto, e lui non l’aveva tirato fuori, ma ci teneva la mano sopra.

Due uomini bianchi in una stanza e uno dei due pontifica con voce da nero. Bisogna mettere i fratelli in contatto con la loro eredità culturale. E il secondo bianco si pianta un ago nel braccio, e quello che parla come un nero dice, Tomba del Tossico Ignoto, Centotrentasettesima strada e Lenox Avenue, fatta da cima a fondo, dice, di siringhe usate.

Qualcuno dice, Mi hanno tolto la bambina perché ero in acido.

Dov’è la chiave della mia stanza?

Tunnel, passerelle e luce azzurro slavato e pioi il passaggio per il palcoscenico, il bianco bagliore chiassoso e il ruggito preistorico.

Gli hai fatto un pompino?

No. Ho fatto solo una foto con lui.

Dice. Arriva lo stato e mi porta via mia figlia.

Donna nuda che si accarezza in un letto d’albergo, si sfrega la mano sulla passera poi la lecca. E Acey interrompe la sua storia per dire: - Mmmmmmm.
r
L’intero monotono erotico masturbatorio in volo.

A Klara sembrò interessante che quella fosse l’unica donna che non sembrava una ragazzina. Era interessante, pensò, che tutte le donne del filmato fossero ragazze o lo diventassero. Uomini e donne facevano tutti le stesse cose, droga, sesso, fotografie, ma gli uomini restavano uomini e le donne diventavano ragazze, con l’eccezione, forse, della donna che si accarezzava la passera e si leccava le dita dicendo qualcosa di inafferrabile perché l’unica finalità del sonoro in un film del genere è di perdersi negli angoli della stanza.

Non m’importa – è solo San Diego.

Acey stava raccontando la sua storia e nel frattempo cercava il tizio del racconto là sullo schermo.

- E io volevo dire qualcosa che lo sistemasse e gli facesse passare le idee che aveva per la testa. Ehi brown sugar. Ma eravamo soli in quel posto enorme e pieno di echi, e quello insisteva col suo brown sugar, brown sugar, brown sugar.

E era questo il concerto? – chiese Klara.

- Non so se era la stessa sera, allo stesso concerto sì, la stessa città, la stessa città, la stessa fottutissima band di emaciate teste di cazzo milionarie con quei negracci come guardaspalle.


(Don De Lillo, “Underworld”, traduzione di Delfina Vezzoli, Torino, Einaudi, 2000, pp. 407-10)

(Nell’immagine, Mick Jagger, fotogramma del film “Cocksucker Blues” (1972), regia di Robert Frank, da:http://history.sffs.org/films/film_details.php?id=984 )

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