Buongiorno, oggi è il primo agosto.
Il primo agosto 1965 il presidente americano Lindon Johnson autorizza l'uso di truppe di terra nella guerra del Vietnam.
Le origini del conflitto tra Usa e Vietnam, hanno inizio molti anni prima del ’64.
Ci troviamo intorno al 1945. Un certo Ho Chin Minh, capo del partito comunista vietnamita, decide di nominare un governo provvisorio. Tale mossa, intimorì non poco alcuni paesi occidentali (Francia e Usa in particolare), come segno di un’ulteriore espansione del comunismo in Asia. Sarebbe spontaneo domandarsi cosa importava alla Francia e agli Usa di tutto ciò. In quel periodo, i francesi tentavano di riconquistare la loro vecchia colonia indocinese ed il governo instaurato in Vietnam (regione appartenente all’Indocina) che avrebbe favorito l’inizio di un’indipendenza, non sarebbe stato di grosso aiuto. Nel 1946, iniziarono gli scontri tra la Francia, supportata finanziariamente e logisticamente dagli Stati Uniti e il Fronte nazionale di liberazione (Fnl) vietnamita, aiutato dai Viet-minh, esercito del nord del Vietnam.
Gli scontri terminarono nel 1954. Fondamentale fu la battaglia di Dien-Bien-Phu, dove le truppe vietnamite, guidate dal generale Giap, inflissero una pesantissima sconfitta alle truppe francesi.
Lo stesso anno ci fu la Conferenza di Ginevra, in cui vennero stabiliti diversi accordi. L’Indocina, fu divisa in tre stati indipendenti: Laos, Cambogia e Vietnam. Quest’ultima, venne separata in due: Vietnam del nord, con capitale Hanoi, in cui viene riconosciuta una repubblica democratica sotto la guida di Ho Chin Minh, ed il Vietnam del sud, con capitale Saigon, guidata da Ngo Dinh Diem, ma sotto il controllo statunitense. Negli stessi accordi venne stabilito che entro la metà del 1956, si tenessero delle libere elezioni per la completa riunificazione del paese. Tutto ciò non avvenne mai. Il presidente americano D. Eisenhower, intravedeva il sud del Vietnam come un ulteriore campo di battaglia per la guerra fredda. Le future elezioni vietnamite, avrebbero visto una sicura vittoria del partito comunista e quindi la perdita del controllo nel sud del paese. Il clima politico in Vietnam si surriscaldò, così gli Stati Uniti decisero di far sorgere una dittatura militare filo americana, finanziandola economicamente e militarmente, con l’obiettivo di neutralizzare la guerriglia dei vietcong (vietnamiti rossi), filo comunisti sudvietnamiti, garantiti dal sostegno dell’Unione Sovietica e della Repubblica Popolare Cinese, nonché del Vietnam del nord.
Nel 1962, l’allora presidente americano J.F. Kennedy, aumentò l’impegno militare nel Vietnam, ma senza risultati. L’anno dopo, infatti, il primo novembre, l’esercito vietnamita allestì un violento colpo di stato. Ngo Dinh Diem venne ucciso e una giunta militare filo comunista ne prese il posto.
Dopo appena tre settimane, Kennedy viene assassinato e L.B. Johnson lo sostituisce, confermando l’appoggio militare ed economico al Vietnam del sud.
Nel 1964 gli Usa iniziano i bombardamenti aerei sul Vietnam del nord, dando il via alla guerra.
Gli attacchi aumentavano sempre di più con gli anni, così come il contingente (nel ’67 in Vietnam erano presenti mezzo milione di soldati americani e dopo il ’68 circa 700000), i bombardamenti, soprattutto nelle maggiori città, e in particolare i morti… ma i risultati erano terrificanti. La più grande potenza mondiale non riusciva a domare le forze guerrigliere.
Migliaia e migliaia di ragazzi americani nati tra gli anni 40 e 50, ricevettero la chiamata alle armi, cui si aggiunsero i volontari (la maggior parte di loro erano studenti universitari) e 1/3 delle forze militari statunitensi vennero mandate in Vietnam… tra di loro c’erano ragazzi di appena 18 anni e molti di loro non fecero più ritorno a casa.
In occasione del capodanno tra il ’68 e il ’69, le forze nordvietnamite lanciarono un feroce attacco, infiltrandosi nelle campagne e nelle città, tra cui anche la capitale Saigon. I morti da parte americana aumentavano sempre di più e nel 1969 i più accesi movimenti pacifisti, pressavano il proprio paese per l’immediato ritiro delle forze armate dal Vietnam. Lo stesso anno, l’allora presidente R. Nixon avviò le prime trattative di pace a Parigi.
Molte furono le battaglie in quel periodo: la battaglia di La Drang nel 1965, quella di Long Tan nel 1966, la prima battaglia di Saigon nel ’68. Senza contare le campagne di bombardamento: l’operazione Rolling Thunder tra il ’65 e il ’67 e la Linebacker... ma la più significativa e inutile probabilmente fu la battaglia di Hamburger Hill nel ‘69.
Nel 10 maggio 1969, le truppe americane individuano nella “Collina 937”, nella valle di Ashau, una fondamentale importanza strategica. Per dieci giorni ci furono interminabili scontri tra l’esercito degli Usa e quello nord vietnamita, questi ultimi posizionati sulla vetta della collina. Gli americani, nonostante la conquista della vetta, subirono enormi perdite, dovute anche dallo scarso aiuto ricevuto dal comando superiore, per il rifornimento d’adeguati mezzi di rinforzo. La “Collina 937” venne poi ribattezzata col nome di Hamburger Hill, per la grande quantità di cadaveri sparsi per la collina. Il 20 maggio fu conquistata e subito dopo, un nuovo ordine comunicò lo sgombero della zona per la scarsa importanza.
Tra il 1970 e il 1972, Nixon decise di aumentare in modo consistente la presenza delle forze aeree a differenza di quelle terrestri. Gli scontri si allargarono fino ai confini con la Cambogia e Laos, ma senza successo. Nel 1972 l’esercito nativo conquista diverse zone militarmente importanti e i ripetuti errori strategici inducono gli americani a continui fallimenti. Nel 1973 Nixon è costretto alla firma, la pace di Parigi è fatta, ma la guerra non è ancora finita.
Per altri due anni l’esercito americano mantenne la sua occupazione a Saigon. Ancora due anni di scontri sanguinosi, fin quando le forze nord vietnamite e quelle vietcong conquistarono la città (ribattezzata poi Ho Chi-Min).
Nel 1975 tutte le truppe americane vennero ritirate dal Vietnam, segnando così la prima sconfitta militare per gli Stati Uniti d’America. Nixon aveva l’obbligo di pagare 4 milioni di dollari al Vietnam per i danni provocati, pagamento che non avvenne mai, così i vietnamiti si tennero tutti i prigionieri americani.
Le conseguenze in Vietnam furono disastrose. L’economia fu duramente colpita dal conflitto e ancora oggi stenta a riprendersi. Alla fine della guerra, il paese conta più di sette milioni tra morti e feriti.
La guerra del Vietnam ebbe importanti ripercussioni a lungo termine anche sulla società statunitense, sulla sua politica estera, e sugli equilibri geopolitici mondiali. In primo luogo, la guerra fu la prima significativa sconfitta militare degli Stati Uniti. Le cause della sconfitta vanno ricercate fondamentalmente:
nella capacità di resistere alla formidabile pressione militare statunitense da parte della dirigenza e della popolazione del Vietnam del Nord;
nella combattività e solidità dei Viet Cong e dei soldati regolari nordvietnamiti, in grado di infliggere continue e crescenti perdite al nemico;
nel fallimento dei piani di pacificazione e sviluppo economico nel Vietnam del Sud (conseguenza anche dell'inefficienza e della corruzione della dirigenza politica filo-statunitense);
nell'abile uso, da parte della dirigenza nordvietnamita, del nazionalismo per sostenere il morale e continuare una guerra che poteva apparire senza fine e persa in partenza contro una grande potenza straniera;
nelle ripercussioni interne alla società americana provocate dal falso ottimismo di generali e politici, dalle ingenti perdite e dalle incerte prospettive della lotta.
negli errori di strategia e di tattica dei comandi militari, in parte conseguenza anche di esigenze di politica internazionale.
Naturalmente l'esito del conflitto intaccò la reputazione degli Stati Uniti come prima superpotenza mondiale. Le massicce perdite americane, la mancanza di una vittoria decisiva e un'efficace propaganda disfattista da parte di contestatori politicizzati crearono un grande disgusto dell'opinione pubblica nei confronti dell'interventismo armato per contenere l'espansionismo sovietico-comunista.
Politicamente, l'insufficiente pianificazione della guerra, la confusione delle direttive e della catena di comando e, soprattutto, "l'assegno in bianco" fornito con facilità dal potere legislativo al potere esecutivo presidenziale, portarono il Congresso a rivedere il modo in cui gli Stati Uniti possono dichiarare guerra. A causa degli sviluppi della guerra del Vietnam, il Congresso promulgò la Risoluzione sui poteri di guerra (7 novembre 1973), che ridusse la capacità del Presidente di impegnare truppe in azione senza aver prima ottenuto l'approvazione del Congresso stesso.
Dal punto di vista sociale, la guerra mutò sensibilmente il pensiero di molti giovani statunitensi, dimostranti e soldati bilateralmente, mutando le loro opinioni riguardo la politica estera adottata dal governo e la moralità del conflitto. Infine, la guerra del Vietnam dimostrò come l'opinione pubblica potesse influenzare la politica del governo, attraverso la mobilitazione e la protesta; un esempio di ciò fu l'abolizione della leva obbligatoria a partire dal 1973.
La guerra e le sue conseguenze portarono a una massiccia emigrazione dal Vietnam verso gli Stati Uniti. Questa comprendeva sia i figli di soldati americani e giovani donne sudvietnamite, sia i rifugiati vietnamiti, che scapparono subito dopo la presa del potere da parte dei comunisti. Durante l'anno successivo, più di un milione di queste persone arrivò negli Stati Uniti.
Nel 1982 iniziò la costruzione del Memoriale dei Veterani del Vietnam (conosciuto anche come "Il Muro"), situato al Mall di Washington DC adiacente al Lincoln Memorial. Si tratta di una lastra di pietra nera lucida parzialmente interrata su un pendio su cui sono incisi i nomi di tutti i caduti della guerra; semplice e austera, simboleggia la tragedia del Vietnam.
Aver prestato servizio nella guerra, anche se inizialmente impopolare, divenne presto fonte di rispetto, anche se il conflitto in sé rimane oggetto di una ampia variabilità di opinioni. Molti politici statunitensi sfruttarono gli anni di servizio nelle loro campagne elettorali, come fece John McCain, ex prigioniero di guerra del Vietnam, nella sua corsa al Senato, mentre la nozione che i presidenti Bill Clinton e George W. Bush avessero evitato il servizio militare in Vietnam giocò a sfavore degli stessi durante le rispettive campagne elettorali.
Dopo essere entrato in carica, Bill Clinton annunciò il desiderio di normalizzare le relazioni con il Vietnam. La sua amministrazione tolse le sanzioni economiche alla nazione nel 1994, e nel maggio 1995 i due stati rinnovarono le relazioni diplomatiche, con gli Stati Uniti che aprirono un'ambasciata sul suolo vietnamita per la prima volta dal 1975.
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