Buongiorno, oggi è l'8 giugno.
L'8 giugno 452 Attila e le sue orde di Unni invadono l'Italia.
Attila nacque nel Caucaso intorno all'anno 406. Orfano di padre fin da bambino, secondo il costume unno imparò ad andare a cavallo prima ancora di camminare. All'età di soli cinque anni già aveva appreso l'arte del combattimento con arco e frecce.
All'inizio del V secolo Roma conclude un trattato di pace con il re Rua, zio di Attila, in base al quale l'Urbe doveva pagare un tributo annuale di 160 chili d'oro; inoltre entrambi gli schieramenti avrebbero trattenuto ostaggi di alto rango come garanzia. Tra gli ostaggi c'è anche Attila, mandato a vivere a Ravenna, nell'Impero Romano d'Occidente. Qui il futuro re degli Unni impara il latino e diviene testimone oculare del declino e della corruzione dell'Impero Romano. Durante il suo soggiorno Attila inizia a disprezzare i costumi decadenti dei Romani, maturando nel contempo un forte odio che lo farà diventare il più pericoloso nemico di Roma.
Attila ha vent'anni quando torna tra la sua gente. Partecipa a numerose invasioni scatenate dallo zio Rua. Alla morte di Rua, nell'anno 434, Bleda, fratello ventisettenne di Attila, diventa re: Bleda fin da subito si costruisce una reputazione di spietato capo militare.
Grazie ad un vantaggioso accordo con i Romani, Bleda e Attila lasciano i territori di Costantinopoli che erano inizialmente nelle loro mire. Gli Unni non hanno scontri con i Romani durante i cinque anni successivi; mirano all'invasione della Persia. Una sconfitta subita in Armenia costringe a rinunciare alla conquista dei territori persiani. Nel 440 tornano sui confini dell'impero romano. Aggrediscono i mercanti sulla sponda settentrionale del Danubio, minacciando così una nuova guerra. Passano il fiume e devastano le città dell'Illiria. L'esercito degli Unni, dopo aver saccheggiato Margus e Viminacium occupa Sigindunum (l'attuale Belgrado) e Sirmium (l'attuale Sremska Mitrovica), per poi sospendere le operazioni militari. Segue un periodo di calma fino al 442, anno in cui Teodosio richiama le truppe dal nord Africa ed ordina che venga coniata una nuova moneta, con lo scopo di finanziare l'azione offensiva contro gli Unni.
In risposta, Attila e Bleda nel 443 riprendono la campagna d'invasione. Compiono razzie lungo il Danubio sottomettendo i campi militari con l'uso di arieti e torri d'assedio, equipaggiamenti militari di nuova concezione. Gli Unni poi affrontano e sconfiggono l'esercito romano alle porte di Costantinopoli e soltanto la mancanza di mezzi di combattimento in grado di far breccia nelle mura massicce della città li costringe a fermarsi. Teodosio ammette la sconfitta. Soddisfatte per un po' le pretese, gli Unni fanno ritorno nel loro impero. Intorno al 445 Bleda muore ed Attila diviene l'unico re; divenuto indiscusso capo e condottiero degli Unni, rivolge nuovamente le sue mire espansionistiche verso l'Impero Romano d'Oriente.
Ovunque portasse il suo esercito, le conseguenze erano devastanti: Attila faceva massacrare ostaggi e prigionieri; anche durante le ritirate veniva perpetrata ogni tipo di tortura o violenza: le leggende che ne seguivano non facevano che accrescere la popolarità e l'ego di Attila.
I metodi erano selvaggi e brutali, il terrore veniva portato ovunque, e le città rase al suolo. La sua fama di crudeltà era così grande che bastava pronunciare il nome di Attila per terrorizzare le popolazioni delle città verso cui si dirigeva con le sue truppe, sopprimendo qualsiasi loro resistenza e inducendole ad aprirgli le porte senza colpo ferire.
Dopo aver attraversato le terre germaniche e francesi, Attila torna in Italia nel 452: l'esercito, composto soprattutto da truppe germaniche, avanza su Trieste ma viene fermato ad Aquileia, città fortificata di grande importanza strategica: il suo possesso permetteva di controllare gran parte dell'Italia settentrionale. Attila cinse la città d'assedio per ben tre mesi, tuttavia inutilmente. Una leggenda racconta che proprio mentre era sul punto di ritirarsi, da una torre delle mura si sarebbe levata in volo una cicogna bianca, abbandonando la città con il piccolo sul dorso. Re Attila, superstizioso, a quella vista avrebbe ordinato al suo esercito di rimanere: poco dopo, la parte delle mura dove si trovava la torre lasciata dalla cicogna, sarebbe crollata.
Attila si impossessa così della città, che rade al suolo senza lasciare più nessuna traccia della sua esistenza. Si dirige poi verso Padova, che saccheggia completamente. Prima del suo arrivo molti abitanti della città cercano rifugio nelle paludi, dove fonderanno la città di Venezia. Nessun'altra città tenta la resistenza e Attila può avanzare fino a Milano senza difficoltà.
Attila conquista Milano e si stabilisce per qualche tempo nel palazzo reale. Famoso è rimasto il modo singolare con cui affermò la propria superiorità su Roma: nel palazzo reale c'èra un dipinto in cui erano raffigurati i Cesari seduti in trono e ai loro piedi i principi sciti. Attila, colpito dal dipinto, lo fece modificare: i Cesari vennero raffigurati nell'atto di vuotare supplici borse d'oro davanti al trono dello stesso Attila.
Scacciato da Ravenna l'imperatore Valentiniano III, lascia l'Italia e fa ritorno al suo palazzo attraversando il Danubio. Pianifica un nuovo attacco a Costantinopoli, ma muore nei primi mesi del 453 (proabilmente il 16 marzo). I guerrieri Unni di Attila, dopo aver scoperto la sua morte, tagliano le loro chiome e si sfregiano con le proprie spade in segno di lutto. Re Attila viene seppellito in un triplo sarcofago d'oro, argento e ferro con il bottino delle sue conquiste; il corteo funebre viene ucciso per mantenere segreto il suo luogo di sepoltura. Secondo alcune leggende ungheresi il sarcofago si troverebbe tra il Danubio e il Tibisco, in Ungheria.
L'ultimo e più potente sovrano degli Unni, governò un vastissimo impero che si estendeva dall'Europa Centrale al Mar Caspio, e dal Danubio al Baltico, unificando - per la prima ed unica volta nella storia - la maggior parte dei popoli barbarici dell'Eurasia settentrionale, dai Germani agli Slavi, ai così detti Ugro-Finni.
Sebbene il suo regno sia durato solo otto anni, in questo periodo ispirò un tale terrore che ancora oggi il suo nome è simbolo di morte e distruzione. Soprannominato flagellum Dei ("flagello di Dio") per la sua ferocia, si diceva che dove fosse passato non sarebbe più cresciuta l'erba. Ancora oggi è considerato tra i personaggi più malvagi della storia.
Nonostante il suo impero si sia disgregato alla sua morte, è diventato una figura leggendaria nella storia europea, che lo ricorda in modo diverso a seconda della zona: guerriero feroce, avido e crudele nell'area al tempo sotto Roma; condottiero impavido e coraggioso nei paesi che facevano parte del suo impero. In alcuni racconti viene celebrato come un grande e nobile re ed è il personaggio principale di tre saghe islandesi-norvegesi (Etzel, nella Saga Nibelunga; Atli, nella Saga Volsunga; e infine nell'Edda poetica).
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