Buongiorno, oggi è il 18 giugno.
Il 18 giugno 1836 il Generale Alessandro La Marmora istituisce il corpo dei Bersaglieri.
Quando, nel 1786, il trentaduenne capitano Celestino Ferrero, marchese della Marmora, sposa la sedicenne marchesa Raffaella Argentero di Bersezio, di certo non immagina che da tale unione nasceranno ben 16 figli; e ancor meno immagina che ben quattro di essi conseguiranno il grado di generale delle forze armate e che scolpiranno indelebilmente il nome della famiglia nella storia patria: Carlo Emanuele, nato nel 1788, che sarà aiutante di campo di Carlo Alberto; Alberto, nato nel 1789, che sarà comandante della Sardegna e poi senatore; Alfonso, nato nel 1804, che sarà governatore di Napoli e di Milano, oltre che capo del Governo ed Alessandro, nato nel 1799, che ha rappresentato una combinazione ottimale tra passione scientifica ed arte militare, con i risultati che vedremo.
Egli trova che, dopo l’esperienza napoleonica, l’esercito piemontese sia infiacchito, più dedito alla cura dell’esteriorità che alla preparazione militare, mentre avverte l’esigenza di una fanteria leggera composta da reparti addestrati in modo da muoversi con agilità e in ordine sparso lungo i montuosi ed ostici confini del regno; occorrono, insomma, soldati allenati a muoversi sempre e solo al passo di corsa.
Mentre studia il modo migliore per ottenere reparti leggeri e veloci, avvezzi dunque a celeri spostamenti e composti da tiratori scelti, pensa anche ad un fucile che risponda a requisiti di maneggevolezza, leggerezza, versatilità e precisione, mettendo a punto egli stesso, in officine improvvisate, pezzi e prototipi.
Finalmente, nel 1835, il capitano La Marmora predispone e presenta al re Carlo Alberto il frutto dei suoi studi, sotto forma di «Proposizione per la formazione di una compagnia di Bersaglieri e modello di uno schioppo per suo uso». Confortato dal parere del ministero preposto, il quale ha prodotto una relazione nella quale evidenzia l’opportunità della istituzione di un corpo di bersaglieri con il compito di “compiere guerra minuta, avanguardia o esplorazione, fiancheggiamento, infestare le comunicazioni e i convogli nemici, andare per siti montuosi alla scoperta di facili piste anche sul confine”, il 18 giugno 1836 il re istituisce formalmente il Corpo dei Bersaglieri, ponendone al comando il maggiore dei granatieri Alessandro La Marmora che, qualche anno dopo, promuoverà a luogotenente colonnello in un crescendo che lo porterà fino al grado di generale.
Il nuovo Corpo, che inizialmente si compone di uno stato maggiore e due compagnie, nel 1839 è costituito da un intero battaglione. Negli anni 1848-49 i battaglioni diventano prima due, poi cinque e poi otto. Nel 1850 sono nove, nel 1852 dodici, poi 16, fino alla sua massima formazione, cioè 27 battaglioni negli anni 1859-60.
Il primo impiego in combattimento avviene l’8 aprile del 1848, a Goito, e già in questa occasione il comandante La Marmora dà dimostrazione dell’audacia dei suoi bersaglieri che riescono ad aver ragione del nemico. Lo stesso La Marmora rimane seriamente ferito ad una mandibola, ma il sacrificio è poca cosa rispetto alla grande soddisfazione ricevuta dai suoi uomini: da quel momento i bersaglieri diverranno parte caratterizzante dell’esercito piemontese e, successivamente, di quello italiano.
La guerra di Crimea offre nuovamente ai bersaglieri occasione di porsi in evidenza: la partecipazione del Piemonte alle ostilità, al fianco di Francia e Regno Unito, contro la Russia, vede l’impiego di un Corpo di Spedizione al comando del generale Alfonso La Marmora il quale, a sua volta, offre il comando della 2^ Divisione, comprendente 5 battaglioni di bersaglieri, al fratello Alessandro il quale si imbarca con i suoi uomini il 5 maggio 1855.
Qualche mese dopo scoppia fra le truppe un’epidemia di colera: se a fine conflitto le perdite sul campo ammonteranno a 26 soldati e 13 ufficiali, quelle causate dalla malattia saranno di 1288 soldati e 54 ufficiali tra i quali, purtroppo, si annovera anche il generale Alessandro La Marmora che si spegne nella notte fra il 6 ed il 7 giugno 1855. Ma il Corpo da lui creato è ormai in grado di camminare con le proprie gambe ed anche in questo caso, infatti, sa distinguersi dando un prezioso contributo per il conseguimento della vittoria nella battaglia della Cernaia, il successivo 16 agosto.
Toccante rimane il ricordo del giovane tenente dei bersaglieri Carlo Prevignano il quale, colpito a morte, trova la forza di urlare ai suoi compagni parole di esortazione ed incoraggiamento a non mollare. Seguiranno poi le battaglie della seconda guerra di indipendenza italiana, da quella di Palestro e del Vinzaglio del 30 e 31 maggio 1859, di Magenta del 4 giugno fino a quella conclusiva di S. Martino, il 24 giugno 1859.
Dopo mezzo secolo i bersaglieri sono nuovamente impiegati nel conflitto in Libia, nel 1911-12 e, subito dopo, nel primo conflitto mondiale (Monfalcone, Bainsizza, Iamiano, Piave, Vittorio Veneto), nell’ambito del quale hanno scritto pagine indelebili di eroismo e di gloria. Nella seconda guerra mondiale vengono impiegati ben 12 reggimenti di bersaglieri che combattono su tutti i fronti. Prendono parte, infine, alla guerra di liberazione con il 29°, 32° e 51° battaglione.
Sempre ed ovunque si sono distinti per audacia e valore, anche se “i bersaglieri di La Marmora”, come vennero detti alla nascita del corpo, rimangono il simbolo dell’epopea risorgimentale. Però ancora oggi, con tutte le riserve che le coscienze hanno maturato nei confronti delle armi e della guerra, quando in una parata si approssimano quei soldati che avanzano correndo con le piume dei loro cappelli al vento, con alla testa una dozzina di trombettieri che, nonostante la corsa, riescono a dare fiato ai loro strumenti, è difficile non farsi cogliere da un brivido di commozione. “Vanno rapidi e leggeri quando sfilano in drappello, quando il vento sul cappello fa le piume svolazzar” (dalla canzone “Flik Flok”).
Oggi i bersaglieri sono nella fanteria meccanizzata e vengono impiegati in supporto alle unità corazzate.
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