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martedì 26 giugno 2012

I #Marubi. #Scritti di #luce, Ismail #Kadaré, #Albania. Volto dei #Balcani, #fotografia, #dritëshkronja #citazione


A metà del secolo scorso [Ottocento], nel Nord dell’Albania, accadde un avvenimento incredibile. Pjetër Marubi, cittadino di Scutari (Shkodra), si dichiarò fotografo e, cosa più importante, fondò un atelier chiamandolo con un termine creato per la circostanza: dritëshkronja, “scritti di luce”.
Per Scutari, una delle città più illustri della penisola balcanica, dove i prodigi erano rari, si trattò di un fatto eccezionale, per almeno due motivi. In primo luogo Scutari, come tutta l’Albania, faceva parte dell’impero ottomano, territorio in cui, secondo la tradizione, la raffigurazione degli esseri umani continuava ad essere vietata; e, di conseguenza, la loro fotografia lo era ancora di più. Scutari, in secondo luogo, era situata nel cuore di una regione autenticamente epica. Là, nelle vicine montagne, e più lontano ancora, nelle Alpi del Nord, prendevano vita canti e leggende d’ispirazione omerica, e il loro intenso diffondersi occultava il crepuscolo che andava delinenandosi.

Così, dunque, l’arte più giovane del mondo, la fotografia, apparve su una terra antica, in un luogo unico al mondo, dove si elaborava ancora una poesia omerica.

E’ sufficiente, questo incontro singolare, a spiegare il magnetismo segreto, al limite del misterioso, che si sprigiona da queste lastre, questo stile, questa grandezza, questa profondità, quest’orizzonte cosmogonico e, soprattutto, questi legami tessuti tra la folla degli anonimi e i grandi di questo mondo, tra i signori e gli umili, l’eterno e l’effimero?

Tutti gli esordi conoscono l’ebbrezza, ma l’esordio di un’arte completamente nuova, nelle condizioni già descritte, è un fatto stupefacente. Uomini, panorami, ponti, edifici, strade, pianure, nuvole, sono “impressionati” a migliaia. Le lastre al bromuro d’argento hanno fissato innumerevoli volti, dal re alla ragazza di strada, dagli eroi, - fidanzati delle fate, portatori di stimmate divine, nati dalle leggende e fino ad allora invisibili – ai dimessi impiegati delle poste. Eccoli tutti messi alla prova, in particolare gli eroi che esistevano solo attraverso i libri e la tradizione orale. Si socchiuse allora il sicuro sipario dei loro sarcofaghi, apparvero in piena luce le loro rughe, la loro statura che si pretendeva gigantesca – chi poteva immaginare i loro vestiti e le loro armi! – quasi avesse del divino! Per la prima volta l’ombra della demistificazione calò sulle loro teste. Allora non arebbe destato sorpresa se il diabolico atelier Dritëshkronja Marubi fosse stato assalito e dato alle fiamme. Tuttavia non accadde nulla. Gli albanesi raccolsero la sfida degli “scritti di luce”.

(Ismail Kadaré, Albania. Volto dei Balcani. Scritti di luce dei fotografi Marubi, Torino, Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” – Patrimoine Sans Frontiéres, Club Alpino Italiano, 1996, p. 11)

 (L’immagine sopra è tratta da:



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