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domenica 19 febbraio 2023

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 19 febbraio.
Il 19 febbraio 1754 nasce ad Alfonsine Vincenzo Monti.
Vincenzo Monti nasce il 19 gennaio 1754 ad Alfonsine (Ravenna), in località Ortazzo, figlio di Adele e Fedele Maria. In età ancora giovanissima con la famiglia si trasferisce in un piccolo paese vicino a Fusignano, Maiano, dove il padre lavora. Cresciuto dal sacerdote della contrada, Vincenzo studia nel seminario di Faenza, dove per la prima volta si avvicina al mondo della poesia. Tornato a casa, diventa fattore dei poderi del padre. Su ordine genitoriale si iscrive all'Università di Ferrara per studiare medicina; nel frattempo, debutta come poeta pubblicando "La visione di Ezechiello" presso la Stamperia Camerale di Ferrara.
Intenzionato a trasferirsi a Roma, vi giunge nel maggio del 1778, andando a dimorare in piazza Navona presso il palazzo Doria Pamphili. Dopo aver presentato la "Prosopopea di Pericle", Vincenzo Monti recita "La bellezza dell'Universo" durante le nozze del nipote di Pio VI Luigi Braschi Onesti; nel 1782, invece, scrive "Il pellegrino apostolico", per celebrare un viaggio a Vienna del Pontefice. All'anno successivo risalgono i versi sciolti "Al principe Don Sigismondo Chigi" e i "Pensieri d'amore".
Nell'ode "Al signor di Montgolfier", Monti coniuga evidenti figurazioni neoclassiche con l'affermazione di un futuro ridente per l'umanità reso possibile dalla nuova filosofia: l'occasione della composizione è l'ascensione compiuta poco tempo prima con un pallone aerostatico. Nello stesso periodo scrive la "Feroniade", un piccolo poema rimasto incompiuto dedicato alla bonifica voluta dal Papa dell'agro romano (Feronia è il nome di una divinità guaritrice): si tratta di un esempio del classicismo montiano, evidente anche nella composizione dedicata "Alla marchesa Anna Malaspina della Bastia".
Mentre si dedica alla realizzazione di sonetti, Vincenzo Monti lavora anche alla "Bassvilliana": nell'opera si racconta di come Ugo Bassville, segretario dell'ambasciata francese a Napoli, chieda perdono a Luigi XVI per avere manifestato sentimenti cristiani prima di morire (il suo sangue ricadrà sulla sua patria). La "Bassvilliana" si rivela un poema romantico che, pur non essendo completato, mette in luce l'orrore suscitato dal Terrore del periodo rivoluzionario: per questo motivo il poemetto viene considerato un capolavoro della letteratura antifrancese reazionaria.
Contemporaneo a quest'opera è "Musogonia", poema mitologico dedicato alla nascita delle Muse; seguono, sul finire del secolo, "Caio Gracco", "Galeotto Manfredi" e "I Messeni", tre tragedie. Colpito da una crisi esistenziale tra il 1793 e il 1797, Vincenzo Monti vede spegnersi progressivamente anche la vena poetica: è, questo, un periodo di componimenti meno significativi, tra cui si nota la lettera scritta al generale Giovanni Acton in difesa di Francesco Piranesi, accusato di avere congiurato contro l'ex ministro svedese barone d'Armfelt.
Dopo aver lasciato Roma (dovendosi difendere dall'accusa di giacobinismo), l'autore ferrarese si reca a Firenze, per poi fare tappa a Bologna e Venezia prima di stabilirsi a Milano. È il 1797, ma già due anni dopo, con la caduta della Repubblica Cisalpina e l'arrivo delle truppe austriache a Milano, decide di rifugiarsi a Parigi, dove rimane per due anni. Qui scrive tra l'altro la "Mascheroniana", ispirata al matematico Mascheroni, ed entra in contatto con una borghesia ormai disposta ad accettare l'operato di Napoleone.
Tornato a Milano nel 1801, il poeta collabora alla realizzazione di un'"Antologia della letteratura italiana" curata da Pietro Giordani, scrive alcune opere in onore di Napoleone e insegna poesie ed eloquenza all'università di Pavia. Nel 1804 arriva la nomina a poeta del governo italiano, giunta direttamente da Napoleone (diventato nel frattempo imperatore) che lo elegge anche assessore consulente dell'Interno. E' così che Vincenzo Monti diventa il rappresentante più importante della cultura napoleonica ufficiale: negli anni seguenti la sua produzione sarà dedicata quasi completamente alla celebrazione dell'imperatore, pur non nascondendo una certa polemica con la cultura francese.
Il cosiddetto ciclo napoleonico comprende, tra l'altro, il "Prometeo", dove la figura del protagonista richiama quella dell'imperatore, latore di civiltà e pace. Al 1806 risale "Il bardo della Selva Nera", gradito all'imperatore (amante dei "Canti di Ossian") nel quale i meriti di Napoleone Bonaparte vengono decantati da un ufficiale dell'esercito.
Seguono "La spada di Federico II" e "La palingenesi politica", oltre a uno dei capolavori montiani: la traduzione dell'"Iliade". La traduzione del poema omerico (per altro effettuata a partire dalla versione latina di Clarke, visto che egli conosce il greco solo in maniera scolastica) viene ritenuta, ancora oggi, il suo vero capolavoro, l'opera più rappresentativa del neoclassicismo italiano. L'"Iliade" riceve una nuova veste poetica, pur non avvantaggiandosi del rigore filologico utilizzato da Foscolo, e un linguaggio che riprende la poetica di Winckelmann senza rinunciare ai principi di decoro classico.
Alla caduta di Napoleone, gli austriaci tornano a Milano, intenzionati a mantenere le figure più rappresentative dal punto di vista culturale per non disperdere l'importante eredità napoleonica. Monti, pur non riuscendo a identificarsi in un classicismo restaurato, rimane al centro della vita intellettuale milanese, come dimostrano le "Cantate per sua Maestà Imperiale Reale", "Il mistico omaggio", "Il ritorno di Astrea" e l'"Invito a Pallade". Opere che evidenziano da un lato la volontà di difendere i principi illuministici della lingua, e dall'altro lato la scarsità di contenuti del neoclassicismo dell'età postnapoleonica.
Negli anni Venti dell'Ottocento, quindi, il poeta si lascia andare a opere essenzialmente private: si dedica alla filologia, riprende la "Feroniade" e scrive versi d'occasione, dedicandosi anche a una "Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al vocabolario della Crusca".
Agli ultimi anni della sua vita risalgono il "Sermone sulla mitologia", i versi "Nel giorno onomastico della sua donna", il sonetto "Sopra se stesso" e "Le nozze di Cadmo", garbato idillio. Nel frattempo le sue condizioni di salute vanno peggiorando: Monti perde progressivamente l'uso dell'udito e della vista, e nell'aprile del 1826 rimane vittima di un attacco di emiplegia che paralizza completamente la parte sinistra del suo corpo. Un attacco simile si ripete l'anno successivo. Vincenzo Monti muore il 13 ottobre 1828, dopo aver chiesto i sacramenti. Il suo corpo viene sepolto a San Gregorio fuori Porta Orientale, anche se la sua tomba andrà dispersa.
La sua casa natale di Alfonsine, in Romagna, è attualmente adibita a museo.

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