Cerca nel web

giovedì 7 luglio 2022

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 7 luglio.
Il 7 luglio 1980 in Iran, dopo aver cacciato lo Scià e instaurato il governo dell'Ayatollah Khomeini, viene istituita la Shari`ah.
La Shari`ah, è la legge divina: accettandola si diventa Musulmani. Soltanto colui che accetta le ingiunzioni della Shari`ah come vincolanti è Musulmano, anche se non fosse capace di realizzare nella sua vita tutto ciò che insegna o di seguire tutti i suoi ordini. La Shari`ah è il modello ideale per la vita dell’individuo e la Legge che unisce le genti musulmane in un’unica comunità. Essa è la materializzazione della volontà divina in termini di insegnamento specifico. Accettare questo insegnamento ed essergli fedele garantisce all’uomo una vita armoniosa in questo mondo e la felicità nell’altro.
La parola Shari`ah è essa stessa etimologicamente derivata da una radice che ha il significato di strada, la strada che conduce a Dio. Assume grande rilevanza simbolica il fatto che sia la divina legge sia la via spirituale, Tariqah (quest’ultima, dimensione esoterica dell’Islam), siano fondate sul simbolismo della strada oppure del viaggio. Tutta la vita è un passaggio, un viaggio attraverso questo mondo transitorio per giungere alla divina presenza.
La Shari`ah, è legge divina nel senso che impersona la volontà divina alla quale l’uomo deve attenersi, sia nella sua vita personale sia in quella sociale.
Nell’Islam, la manifestazione della volontà divina non consiste soltanto in un insieme di insegnamenti generici, bensì in un complesso di insegnamenti concreti. Non soltanto si ingiunge all’uomo di essere caritatevole, umile e giusto, ma gli si insegna anche come esserlo in tutte le diverse evenienze della vita. La Shari`ah, contiene i comandamenti della volontà divina applicati a ogni circostanza dell’esistenza. Essa è la legge secondo la quale Dio vuole che vivano i Musulmani. Quindi essa è una guida che abbraccia ogni aspetto particolare della vita e dell’agire umani. Accettando di vivere secondo la Shari`ah, l’uomo pone la propria esistenza nelle mani di Dio. Quindi la Shari`ah, che non trascura nessun aspetto dell’attività umana, santifica tutta la vita e attribuisce significato religioso anche a quella che potrebbe sembrare la più profana delle attività.
L’incomprensione del vero senso della Shari`ah da parte del mondo occidentale è da addebitarsi alla sua natura concreta e onnicomprensiva. Un ebreo che creda nella legge talmudica può capire che cosa voglia dire avere una legge divina, mentre viceversa la maggior parte dei cristiani, e quindi i laici di estrazione cristiana, assimilano con difficoltà tale concezione, proprio perché nel cristianesimo non vi è netta distinzione fra la legge e la via. Nel cristianesimo la volontà divina è espressa in termini di insegnamento universale, come per esempio quello che induce alla carità, ma non in regole concrete.
La diversità fra la concezione della legge divina nell’Islam e nel cristianesimo è già chiara nel modo in cui la parola canone (qanun) è usata nelle due tradizioni; in ambedue le tradizioni la parola è stata mutuata dalla Grecia. Nell’Islam il termine è venuto a connotare la legge fatta dall’uomo, in contrasto con la Shari`ah, legge rivelata da Dio. In Occidente si dà un significato opposto a questo vocabolo, nel senso che la legge canonica indica l’insieme delle norme che governano l’organizzazione ecclesiastica, e gli si attribuisce una netta sfumatura religiosa.
Il punto di vista cristiano sulla legge che governa socialmente e politicamente l’uomo è espresso dal celebre detto [attribuito a] Cristo:
“Date a Cesare quel che è di Cesare”. Questa frase riveste in verità due significati, uno solo dei quali è generalmente preso in considerazione. Essa viene comunemente interpretata come un invito a lasciare alle autorità secolari, di cui Cesare è il modello più cospicuo, tutte le faccende mondane o attinenti alle norme politiche e sociali. Ma oltre a questo, quella frase vuoi dire che, essendo il cristianesimo una via meramente spirituale, esso non possedeva di per sé una legislazione divina delle cose terrene, motivo per cui doveva far sua la legge romana per divenire religione di una civiltà.
La legge di Cesare, o legge romana, fu assorbita provvidenzialmente nella visione cristiana dei mondo, una volta che questa religione prevalse in Occidente, ed è a questo fatto che allude il detto del Cristo. Tuttavia la dicotomia rimane sempre. Nella civiltà cristiana la legge che governa la società umana non ebbe la stessa divina sanzione ricevuta degli insegnamenti del Cristo. E infatti tale mancanza di legislazione divina per le cose mondane, nel cristianesimo, ebbe una parte di non poco conto nella secolarizzazione che si verificò in Occidente durante il Rinascimento. Essa è anche la causa più importante della mancanza di comprensione del significato della Shari`ah, da parte degli occidentali e di tanti musulmani moderni ormai occidentalizzati.
Rispetto alla legge divina, quindi, le posizioni dell’Islam e del cristianesimo sono completamente diverse. L’Islam non ha mai dato a Cesare quel che era di Cesare. Piuttosto, esso ha tentato di integrare quello che era il dominio di Cesare, cioè la vita politica, sociale ed economica, in una concezione religiosa comprendente il mondo in tutte le sue sfaccettature. Nell’Islam la legge è un aspetto integrante della rivelazione e non un elemento estraneo.
Nell’Occidente cristiano è successo così che la legge sia stata, fin dall’inizio, una norma umana da stabilire e da rivedere secondo la necessità e le condizioni del momento. L’atteggiamento occidentale verso la legge è totalmente determinato dal carattere del cristianesimo quale via spirituale che non apportava una sua propria legge rivelata.
La concezione universale della legge nell’ebraismo e nell’Islam, è all’opposto di quella occidentale generalmente prevalente. Si tratta di una concezione eminentemente religiosa, seconda la quale la legge è qualcosa che appartiene integralmente alla religione. Infatti la religione per un musulmano è essenzialmente la legge divina, che comprende non soltanto principi morali universali, ma anche norme particolari su come l’uomo deve amministrare la propria esistenze e agire nei riguardi del prossimo e di Dio; su come l’uomo deve mangiare, generare, dormire; su come deve vendere e comprare sulla bilancia del mercato; su come deve pregare e compiere altri atti di culto. Tale legge include ogni aspetto della vita umana, comprendendo nei suoi dogmi anche il modo in cui un Musulmano deve vivere la sua vita in armonia con la volontà divina. Essa guida l’uomo verso la comprensione della volontà divina indicandogli quali azioni e quali oggetti dal punto di vista religioso sono obbligatori (wajib), quali sono meritori o raccommandabili (mandub), quali sono proibiti (haram), quali reprensibili (makruh), e quali indifferenti (mubah).
Attraverso queste valutazione l’uomo perviene a conoscere il valore di tutte le azioni umane dal punto di vista del divino, sicché egli può scegliere tra il “sentiero angusto” e quello che lo guida fuori strada. La Shari`ah gli fa conoscere ciò che è giusto e ciò che è ingiusto. Con il libero arbitrio l’uomo deve scegliere quale strada seguire. Una simile legge è l’archetipo della vita umana ideale, è una legge trascendente che viene applicata alla società umana ma che non è mai pienamente realizzata, a cagione delle imperfezioni inerenti a tutto ciò che è umano. La Shari`ah corrisponde a una realtà che trascende il tempo e la storia. Per meglio dire, ogni generazione della società musulmana dovrebbe cercare di adeguarsi ai suoi insegnamenti, applicandoli in modo nuovo alla situazione contingente del suo tempo. Il processo creativo che è compito di ogni generazione non ha lo scopo di rifare la legge, bensì di riformare gli uomini e la società umana per adattarli alla legge. Secondo il modo di vedere islamico, la religione non dovrebbe essere riformata per essere adeguata alla natura degli uomini sempre mutevole e imperfetta, ma gli uomini dovrebbero riformarsi in modo da vivere in conformità ai dettami della rivelazione. Secondo quanto corrisponde alla realtà vera delle cose, è l’umano che deve adeguarsi al divino, e non viceversa.

Nessun commento:

Posta un commento

Cerca nel blog

Archivio blog