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mercoledì 19 gennaio 2022

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 19 gennaio.
Il 19 gennaio 1829 ha luogo il debutto teatrale della prima parte del Faust di Goethe.
Il poema drammatico “Faust” fu scritto da uno dei più grandi interpreti della cultura e della letteratura tedesca, Johann Wolfgang von Goethe (Francoforte sul Meno, 28 agosto 1749 – Weimar, 22 marzo 1832). Goethe lavorò a quest’opera per sessant’anni, dal 1772 al 1831, scrivendo bozze, revisionando e aggiungendo le sue conoscenze e le sue dottrine culturali.
Quando Goethe ebbe terminato, nella primavera del 1831, si rese conto egli stesso della complessità della sua opera e, in una lettera a Sulpiz Boisserée dell’8 settembre 1831, dichiarava che “avrebbe di certo rallegrato chi sa leggere un’espressione del volto, uno sguardo, una mossa appena accennata. Questi troverà persino più di quanto io fossi in grado di dare”. Per questo volle che l’intera opera venisse resa pubblica solo dopo la sua morte, che avvenne nel 1832. Fu allora che Erich e Friedrich Wilhelm Riemer la pubblicarono come primo volume delle “Opere Postume”.
A teatro, per la prima volta venne rappresentata la prima parte il giorno 19 gennaio 1829 al teatro nazionale di Braunschweig, diretto da Ernst August Friedrich Klingemann. Da allora gli allestimenti dell’opera si sono succeduti frequentemente e con sucesso in tutto il mondo.
Faust è un personaggio tratto da una leggenda tedesca del XVI secolo, che nel 1587 apparve per la prima volta in un libro pubblicato dall’editore di Francoforte Johann Spiess. E’ la storia di un uomo che stringe un patto con il diavolo. Il motivo è comune e risale al Medioevo. Ma qui si aggiunge un elemento prettamente cinquecentesco: Faust fa un patto con Mefistofele per conoscere e studiare la Natura, e non perché ricerca ricchezze, piaceri o potere. Per soddisfare la sua sete di conoscenza è disposto a consegnarsi al diavolo.
Questa volontà di conoscenza dell’uomo moderno conferiva al mondo terreno un nuovo valore, con uno sfondo religioso, che trovò in Paracelso (1493-1541) il suo maggiore esponente. Venne ritenuta sovversiva la sua idea, secondo la quale la natura è una rivelazione divina che gli uomini sono in grado di cogliere con i sensi. Alla sua figura venne associata quella altrettanto diabolica di un tale Georg Faust, vissuto all’inizio del XVI secolo, mago e erudito vagante.
Ma se era da ritenere malvagia l’idea di un patto con il diavolo, era da valutare il motivo per cui lo si faceva: la conoscenza del mondo così come Dio l’aveva creato. Questo concetto riuscì ad essere rappresentato poeticamente solo nell’epoca di Goethe, quando, con l’avvento dell’Illuminismo, si giustificò l’immagine spirituale de “l’uomo che cerca” in quella che fu definita “pansofia” o “sapienza universale”. Anche se non si riusciva a raggiungere la conoscenza assoluta, non si voleva limitare l’anelito alla conoscenza stessa.
In Inghilterra invece il clima culturale era diverso, e alla fine del Cinquecento poté nascere la cultura drammatica. Da essa venne fuori il “Faust” di Christopher Marlowe (1564-1593), autore che intuì la grandezza della materia faustiana. Egli sviluppò l’elemento tirannico, più legato all’opera originaria popolare: Faust, come mago, vuole essere un dio in terra, e la sua fame di godere è senza fine.
Da Marlowe il tema del Faust tornò in Germania come “dramma del terrore” prima, e come teatro delle marionette poi, sempre in forma di prosa.
Goethe lo scoprì proprio attraverso il teatro delle marionette. Solo nel 1801, mentre stava lavorando alla prima parte dell’opera, prese in prestito un‘edizione riveduta da un tale Widmann nel 1599, e da Pftizer nel 1674, del libro del 1587 di Faust. Lesse il dramma di Marlowe nel 1818.
Nell’autunno del 1775 Goethe giunse a Weimar portando con sé alcune parti di un dramma su Faust, metà in prosa e metà in poesia. Durante la lettura, la damigella di corte Luise von Göchhausen ne fu talmente entusiasta da farsi prestare il manoscritto per ricopiarlo. In seguito Goethe riscrisse e modificò l’opera, ma alla fine, non soddisfatto la distrusse. Nel 1887 Erich Schmidt scoprì tra le carte della damigella von Göchhausen la copia del manoscritto e la fece pubblicare con il titolo di “Urfaust”.
In questa prima fase, è evidente l’influsso del movimento dello “Sturm und Drang”. Goethe aveva composto quadri separati, senza pensare ad un loro collegamento. Si iniziano a creare i due gruppi di scene: la tragedia del sapere e la tragedia dell’amore, a cui fa da sfondo la satira del sapere scolastico universitario.
Goethe proseguì nell’opera, ma ad un certo punto si accorse dei vuoti e delle mancanze. Cercò di colmarle, ma, non ancora soddisfatto, anche se non voleva rimandare oltre la pubblicazione, lo diede alle stampe nel 1790 con il nome di “Faust. Ein Fragment”, che è in effetti una rielaborazione. Fu soltanto nel 1808 che riuscì a far emergere il nesso interiore della vicenda, e a renderla peculiare rispetto alla tradizione. Uscì allora “Faust. Parte prima della tragedia”, che comprende anche il “Prologo in cielo”, che serve sia alla prima che alla seconda parte.
Comincia da qui ad elaborare la storia di Elena, della mitologia greca, e del mondo antico, indirizzandosi verso gli ideali Romantici di rievocazione della classicità. Nel 1826 l’atto era terminato, ma, per colmare la lacune, Goethe scrisse la celeberrima “Notte di Valpurga”, alla fine del secondo atto. Con la stesura del quinto atto, nel 1830 poteva dirsi conclusa “Faust. La parte seconda della tragedia”.
La vicenda faustiana contiene una grande varietà di motivi, che affascinarono Goethe nel corso della sua esistenza, e, allo stesso tempo, le molteplici esperienze di vita diventarono dei simboli da inserire nell’opera stessa. La delusione per le scienze accademiche, la felicità e la colpa dell’amore furono i temi che caratterizzarono la giovinezza. In età adulta fu attratto dalla bellezza di Elena, di omerica memoria, e dalla concezione generale della vita umana. In vecchiaia, Goethe vede Faust come dominatore della natura, colui che anela al segreto della creatività e delle forze umane originarie.
Lo “Streben”, l’anelito, è, insieme all’Amore il tema dominante dell’intero poema.
Goethe scriveva solo ciò che si era formato in modo organico dentro di sé, per questo tutto il materiale faustiano della tradizione non poteva esaurirsi in un solo periodo della sua vita.
La trama: Faust è un professore universitario, scienziato ed alchimista. Ha studiato tutta la vita, ma si rende conto che, per quanto l’uomo si sforzi, la sua conoscenza è nulla. Si dedica allora alla magia, per cercare di svelare i segreti della Natura. Il suo è un anelito, un tendersi verso qualcosa che sembra irraggiungibile, quello che viene definito in tedesco “Streben”.
Faust evoca il Diavolo per ottenere lo scopo. Costui, Mefistofele, fa un patto con lui: lo servirà per tutta la vita, esaudirà ogni suo desiderio, mettendogli a disposizione i suoi poteri. In cambio, Faust lo servirà nell’altra vita. L’uomo però non crede alla vita futura e muta il patto in una scommessa: “Se dirò all’attimo: sei così bello, fermati! – allora tu potrai mettermi in ceppi”. Mefistofele è convinto che, anche se Faust non pronuncerà la frase, cadrà comunque nella perdizione e nella disperazione. La posta in gioco è la libertà.
Inizia la vita piena di piaceri e desideri appagati, in cui si inserisce una feroce satira contro la cultura accademica e la sua degradazione morale. E’ in questo contesto che avviene l’incontro con Margherita, una ragazza umile, che Faust cerca di abbordare mentre esce di chiesa. Con l’aiuto di Mefistofele, le regalerà gioielli, e inevitabilmente corromperà la sua anima semplice. Più tardi si verrà a sapere che Margherita dovrà subire la pena capitale per infanticidio: dopo aver partorito il figlio di Faust, che l’aveva abbandonata, la disperazione l’aveva portata alla follia e all’uccisione del figlio. Verrà salvata in punto di morte, e andrà in Cielo, per via della sua buona fede e del suo cuore semplice tratto in inganno.
Nella seconda parte della tragedia si inseriscono i personaggi tratti dalla classicità, fra cui spicca la storia con Elena di Troia. Si avvicendano figure mitologiche, personaggi storici, filosofi come Talete e Anassagora.
Lentamente si arriva alla vecchiaia di Faust. Adesso rimpiange l’ umanità, che aveva rinnegato, maledicendo la vita e affidandosi alla magia. Non scaccia più l’Angoscia, che già una volta l’aveva portato vicino al suicidio. Prossimo alla morte, ormai cieco, Faust ha la visione della bonifica di un immenso acquitrino, che permetterà agli uomini di “stare su suolo libero con un libero popolo”.
In quell’ultimo istante, a quel pensiero, pronuncia le parole del patto: “All’attimo direi: Sei così bello, fermati!” Mefistofele è felice di aver vinto la scommessa e aver dimostrato che la vita è inutile e sarebbe meglio “il Vuoto Eterno”. Ma quando si aprono le porte dell’Inferno, una schiera di angeli viene a prendere la parte immortale di Faust e la conduce in Cielo.
Egli è stato salvato perché “Chi sempre faticò a cercare, noi possiamo redimerlo”. Il poema si chiude con le parole del Coro Mistico: “L’Eterno Femminile ci farà salire”: la forza creatrice che muove l’universo è il principio femminile dell’Amore. Amore e “Streben”.


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