Buongiorno, oggi è il 27 ottobre.
Il 27 ottobre 1991 un incendio distrugge il teatro Petruzzelli di Bari. E' una ferita per la città e per tutta la cultura italiana e l'inizio di un'odissea giudiziaria: polemiche e veleni si intrecciano sulle ceneri di un tempio della musica andato in fumo in una notte.
Quella sera maledetta del 26 ottobre 1991 al Petruzzelli è in scena la Norma di Vincenzo Bellini, uno dei grandi capolavori della lirica italiana. Sarà l'ultima rappresentazione teatrale prima del disastro. Ma è una serata strana, un'occasione di gala che però viene attraversata da segnali inquietanti, quasi una premonizione.
Ferdinando Pinto (gestore teatro Petruzzelli 1979-1991) ricorda: "Ero nel palco col governatore Ciampi e la signora Ciampi, era una serata dedicata al Forex e io ero nel suo palco. Arrivò un agente della Digos e disse nell'intervallo che doveva fare dei controlli perché c'era stata una telefonata e quindi svolsero la loro attività di controllo sia durante l'intervallo che in chiusura. Noi stavamo provando e stavamo montando le scene delle Nozze di Figaro e quindi dovevamo togliere la Norma e inserire quelle per le prove del giorno successivo"
Dopo il disastro vengono trovate tracce di benzina e tracce di plastica: si ricostruisce una tecnica incendiaria di propagazione veloce: collegare le buste di plastica l'una all'altra, ripiene di benzina a distanza di un metro. Così le indagini incrociano subito l'anomalia del teatro, privo di un sistema antincendio capace di spegnere il fuoco alla prima comparsa.
La mancanza dell'assicurazione, le carenze strutturali, gli impianti non adeguati alle norme di sicurezza, l'incendio, la devastazione, mettono a nudo tutti i problemi nascosti dietro i trionfi del Petruzzelli. La Procura di Bari, che pure è convinta che si tratti di un rogo doloso apre un'inchiesta anche per incendio colposo; insomma, per accertare se oltre alle omissioni ci sono anche delle responsabilità.
Otto mesi dopo quel tragico incendio arrivano i primi avvisi di garanzia. Nel giugno del 1992 le prime informazioni di garanzia di questa inchiesta vengono notificate al gestore Ferdinando Pinto ma anche alla famiglia proprietaria del Petruzzelli, agli eredi Petruzzelli, alla famiglia Messeni-Nemagna nonché ai componenti della Commissione di Vigilanza sui pubblici spettacoli.
Ma il GIP Piero Sabatelli archivia l'inchiesta per incendio colposo; è il 21 aprile 1993: dal rogo sono passati 18 mesi e le indagini sembrano ferme. Non c'è traccia degli esecutori materiali né tanto meno del movente di un disastro simile.
Intanto, pur tra le polemiche, qualcosa si muove sul fronte della ricostruzione del teatro. Furono presentati insieme due progetti di ricostruzione, uno sponsorizzato dalla famiglia e un altro sponsorizzato dalla sovrintendenza e da Pinto, entrambi oggettivamente divergenti.
Per volontà della famiglia Messeni-Nemagna il contratto con Ferdinando Pinto viene sciolto prima della scadenza prevista. Così Pinto esce di scena dal teatro e dalla possibilità di contribuire alla sua ricostruzione. Si trasferisce a Roma dove prosegue la sua attività sempre nel settore dello spettacolo. Ma intanto sul fronte delle indagini c'è una svolta clamorosa il 7 luglio del '93.
Ferdinando Pinto racconta: "Erano circa le 13, arriva una telefonata di mia moglie: 'ti vogliono per una firma che devi mettere dai carabinieri, non so che cosa'. Mi sembrò un po' strano: era pomeriggio, mi fermai alla prima caserma dei carabinieri e lì ho aspettato fino alle 10 circa di sera, prima che mi venisse contestato l'ordine di custodia cautelare. E da lì mi accompagnarono a Turi, nel carcere di Pertini e di Gramsci."
Ferdinando Pinto fu arrestato per incendio doloso del teatro e per associazione mafiosa. Con lui finiscono in carcere due boss di primo livello della criminalità organizzata barese, Antonio Capriati, che è il boss della città vecchia e Savinio Parisi che è il boss del quartiere Iapigia, noto anche in quegli anni come il bazar a cielo aperto dello spaccio di droga. Finisce in carcere anche Giuseppe Tisci, il custode del teatro e la quinta ordinanza di custodia cautelare in carcere viene notificata a Vito Martiradonna, che secondo gli inquirenti sarebbe il cassiere del clan Capriati della città vecchia, l'elemento di congiunzione fra la criminalità organizzata e i cosiddetti colletti bianchi.
A portare all'arresto di Ferdinando Pinto è un elemento forte, inaspettato. Un collaboratore di giustizia ha parlato: il suo nome è Salvatore Annacondia, il super boss di Trani, colui che ha creato la mala del nord barese, che ha rapporti con la criminalità organizzata campana ma anche con Cosa Nostra e con la N'drangheta. E Annacondia nelle sue rivelazioni è un fiume in piena. Annacondia aveva spiegato agli investigatori che la vera ragione per la quale Pinto avrebbe deciso di danneggiare il teatro era quella di proseguire poi l'attività del Petruzzelli in un altro luogo. E' nei mesi successivi all'incendio del '91 che in effetti Ferdinando Pinto aveva avviato questo progetto chiamato 'città di Federico'. Il progetto doveva essere realizzato in una grande area di proprietà dell'Amministrazione Militare, nella Città di Bari, dove organizzare un nuovo teatro nel quale probabilmente spostare le attività artistiche e il nome e la fama e la stagione del Petruzzelli.
Ma la Procura inizia a cercare riscontri alle affermazioni di Annacondia e quindi stringe il cerchio sui collaboratori di Pinto, su chiunque possa dare una conferma dei rapporti fra Pinto e i clan malavitosi.
Così il 21 giugno del '93 i magistrati decidono di raccogliere la testimonianza di Pier Paolo Stefanelli, musicologo, ex collaboratore di Ferdinando Pinto, che giace morente in un letto di ospedale di Catania. E' un malato terminale a cui restano ormai poche settimane di vita. Ma Stefanelli non è in grado di verbalizzare nulla. E allora i giudici indossano il camice verde, si portano dietro una telecamera per registrare le sue dichiarazioni in una corsia di ospedale.
Il 23 luglio 1993, sulla base di un'ordinanza del Tribunale della Libertà di Bari, Ferdinando Pinto viene scarcerato. Le rivelazioni del pentito Annacondia non trovano riscontri e le dichiarazioni di Pier Paolo Stefanelli appaiono contraddittorie. Ma la Procura di Bari va avanti. Il 21 settembre 1995 vengono rinviati a giudizio Ferdinando Pinto, i boss della città Antonio Capriati e Savino Parise, il cassiere dei clan malavitosi Vito Martiradonna, il custode del teatro Giuseppe Tisci e i presunti esecutori materiali dell'incendio: Giuseppe Mesto e Francesco Lepore. I due vengono incastrati da un'intercettazione: "Ma se tu il Petruzzelli non lo facevi mica era così" 'Non si sa mai ci sta qualche microspia adesso ci devono arrestare' Madonna!'
Poche parole, ma quanto basta per rinviare a giudizio i presunti esecutori materiali del rogo del Petruzzelli. Con un decreto del governo Berlusconi, nel '94 lo Stato stanzia un primo contributo di 4 miliardi di lire alla famiglia Messeni-Nemagna. I lavori per il ripristino della cupola e del tetto dunque possono ricominciare.
Intanto ha inizio anche uno dei processi più complessi della storia giudiziaria italiana. E' il 14 febbraio del '96. La spina dorsale dell'impianto accusatorio è la situazione debitoria di Ferdinando Pinto. Secondo l'accusa, l'ex gestore avrebbe avuto una situazione grave di debiti che lo avrebbe avvicinato alla criminalità organizzata tanto da chiedere soldi a prestiti usurai.
L'8 aprile 1998, nella sentenza di primo grado, i giudici condannano Ferdinando Pinto a 7 anni e 8 mesi di reclusione.
Secondo l'accusa Pinto lo avrebbe fatto per speculare sulla ricostruzione e poter restituire i soldi agli usurai.
E' il 6 aprile del 2001. Dall'incendio sono passati 10 anni e anche la storia della ricostruzione del Petruzzelli sembra non avere mai fine. Al centro di tutto c'è il contenzioso fra il comune di Bari e la famiglia Messeni Nemagna; un esempio quasi da manuale del conflitto fra pubblico e privato.
Poi nel 2002 finalmente un accordo spiraglio e dunque una speranza per la ricostruzione. Dice Rosalba Messeni: "La svolta avviene il 21 novembre 2002 quando si riesce a trovare un accordo fra parti pubbliche e proprietà private: il ministro Giuliano Urbani realizza e attua tutti gli interessi pubblici e privati sottesi alla ricostruzione del teatro".
Il patto prevede che Comune, Provincia e Regione si impegnino a finanziare la ricostruzione e in cambio della concessione del teatro per 40 anni a corrispondere alla famiglia proprietaria un canone di locazione di 500.000 euro l'anno. Allo scadere dei 40 anni il teatro tornerà ai Messeni Nemagna. Dunque un momento decisivo nella vertenza fra il Comune di Bari e i proprietari del Petruzzelli.
Ma la corte del secondo processo di appello assolve tutti gli altri imputati a cominciare da Ferdinando Pinto. Sono giorni decisivi anche per il Petruzzelli: nel 2007 infatti il governo Prodi emette un'ordinanza di esproprio.
Il teatro viene tolto alla famiglia Messeni-Nemagna e restituito al comune di Bari. Commenta Rosalba Messeni -Nemagna: "E' una notizia devastante, questo esproprio è stato vissuto come una grande ingiustizia: venivano premiate le parti pubbliche che avrebbero dovuto essere sanzionate per la loro inadempienza e venivano punite le parti private che invece si erano rese parte dirigente."
Ma la ricostruzione del teatro riparte; il sindaco di Bari, Michele Emiliano, promette che il teatro tornerà alla città il 6 dicembre 2008. Intanto, la Cassazione scrive la parola fine al processo a carico di Ferdinando Pinto e gli altri imputati. Il 14 gennaio del 2007 la Suprema Corte conferma la sentenza dell'appello bis.
L'incendio del Petruzzelli, dunque, non ha mandanti né cause apparenti. Una sconfitta della giustizia, ma anche una sconfitta del senso comune. L'ennesimo dei tanti misteri d'Italia destinati a rimanere irrisolti.
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