Abstract
Quali sono le "patologie professionali" degli
insegnanti? Si tratta unicamente delle "disfonie" causate dalle
laringiti croniche riconosciute anche nelle cause di servizio? Oppure vi sono
forse altre malattie, magari più frequenti ma sconosciute?
Questo è l’interrogativo cui ha cercato di rispondere il
presente studio - svolto con la collaborazione del Conbs – che ha esaminato le diagnosi
formulate dai Collegi Medici per determinare l’inidoneità all’insegnamento per
motivi di salute.
Lo studio dimostra che l'inidoneità degli insegnanti è
causata da patologie psichiatriche in oltre il 60% dei casi (il 70% delle quali
appartengono all'area ansioso-depressiva), mentre le "disfonie" sono
appena il 13% (5 volte di meno). Ne consegue che debbono essere ritenute
patologie professionali dei docenti anche e soprattutto le patologie
psichiatriche, per poi muoversi di conseguenza con piani di prevenzione e cura
nel rispetto del dettato normativo sulla tutela della salute dei lavoratori
(art.27 D.L. 81/08).
Il problema, comune ad altre nazioni dove viene però
affrontato con risolutezza, vede un Governo italiano distratto, che non attua
studi epidemiologici su base nazionale, non valuta la salute della categoria
professionale prima di licenziare le riforme previdenziali, ma al contrario
penalizza i docenti (l’82% di questi sono donne) che si ammalano (decreto
Brunetta, abolizione della causa di servizio, spending review).
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Introduzione
Recenti studi confermano il particolare stress cui è
sottoposta la categoria degli insegnanti, riconducendone l’origine a fattori
quali:
peculiarità della professione (rapporto con le varie componenti
scolastiche, classi numerose, retribuzione insoddisfacente,
risorse carenti, precariato, conflittualità tra colleghi,
costante necessità di aggiornamento);
società globalizzata (crescita del numero di studenti extracomunitari);
continuo evolversi della percezione dei valori sociali (introduzione di
nuove politiche a favore dell’handicap e conseguente inserimento di alunni
disabili nelle classi; delega educativa da parte della famiglia a fronte
dell’assenza di genitori-lavoratori o di famiglie monoparentali; alleanza
genitori-figli a detrimento dell’asse genitori-insegnanti);
evoluzione delle tecniche di comunicazione (avvento dell’era informatica
e delle nuove tecnologie di comunicazione elettronica);
susseguirsi continuo di riforme (autonomia scolastica, lavoro déquipe,
innalzamento della scuola dellobbligo, ingresso anticipato nel mondo della
scuola);
riforma continua delle pensioni (solo ventanni fa si poteva ancora
scegliere di andare in pensione con 15 anni di anzianità di
servizio);
bassa considerazione sociale da parte dellopinione pubblica.
Col D.L. 81/08 sulla tutela della salute dei lavoratori, è
divenuto obbligatorio contrastare lo Stress Lavoro Correlato (SLC) anche negli insegnanti
che rappresentano la più numerosa tra le cosiddette helping profession.
Tuttavia nessuno studio nazionale – seppure richiesto più volte attraverso
numerose interrogazioni parlamentari in Italia e nell’Unione Europea1 – è stato
fatto per individuare le patologie che affliggono la classe docente. Questa è
invero schiacciata da stereotipi e luoghi comuni (“lavorano mezza giornata e
fruiscono di tre mesi di vacanze all’anno”) che impediscono di affrontare
serenamente un tema scottante come quello della salute degli insegnanti.
Si èpertanto pensato di coinvolgere il Coordinamento
Nazionale Bibliotecari della Scuola (Conbs)2 che riunisce sul territorio
nazionale coloro che hanno subito un provvedimento di inidoneità
all’insegnamento per malattia (*) da parte dei Collegi Medici preposti. Il
Conbs si è così
rivolto ai propri aderenti – garantendo loro l’anonimato e
la privacy – chiedendo di mettere a disposizione la loro esperienza, la storia,
la diagnosi e il provvedimento assunto dalla Commissione Medica.
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Ragione della ricerca
A suffragare l’urgenza di un’indagine epidemiologica in tal
senso si considerino i dati scientifici (nazionali e internazionali) proposti
di seguito che, pur non essendo esaustivi, sono da ritenersi certamente
sufficienti per giustificare un intervento a tutela della salute della più numerosa categoria professionale3 esposta ai rischi da
Stress Lavoro Correlato:
1. La categoria professionale docente è quella a maggior
rischio di suicidio in Francia4 (2006), mentre in Inghilterra5 presenta un rischio
suicidario del 40% superiore a quello della popolazione generale (dati 2012
della National Union Teacher). Gli altri Paesi membri della UE non rilevano
dati in merito al suicidio degli insegnanti.
2. Uno studio condotto in Baviera6 (Germania) ha evidenziato
che la maggior parte dei pre-pensionamenti tra i docenti per malattia sono
dovuti a disturbi psichiatrici.
3. Già nel 1979 uno studio condotto da un sindacato
nazionale italiano (CISL) evidenziava come una percentuale del 30% di insegnanti
facesse già allora ricorso all’uso di psicofarmaci7. Successivamente uno studio
retrospettivo comparativo condotto a Milano8 (Italia) ha mostrato che la
categoria degli insegnanti - in controtendenza con gli stereotipi diffusi
nell’opinione pubblica - è soggetta a una frequenza di patologie psichiatriche pari a
due volte quella della categoria degli impiegati, due volte e mezzo quella del
personale sanitario e tre volte quella degli operatori manuali. (Analoghi
risultati pervengono da uno studio effettuato a Torino9).
4. Il succitato studio milanese evidenzia inoltre come gli
insegnanti presentino il rischio di sviluppare una neoplasia, superiore di 1.5-2
volte rispetto ad operatori manuali ed impiegati. A suffragare il dato, un
recente studio epidemiologico, condotto in California su 133.000 docenti, dove
l’incidenza di tumore (soprattutto mammario) rilevata è ampiamente superiore a
quella della popolazione generale.10
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Materiali e metodi
Il Conbs ha spedito una e-mail ai propri aderenti chiedendo
di partecipare allo studio epidemiologico che richiedeva di fornire i seguenti
dati: sesso; stato civile; scuola nella quale si esercitava prima della dichiarazione
di inidoneità; anzianità di servizio; data e provvedimento delle visite effettuate in
Collegio Medico; diagnosi del verbale che sancisce l’inidoneità all’insegnamento (sia
la principale, che le eventuali diagnosi accessorie). Il tempo di raccolta dei
dati è stato di tre settimane.
Al termine di detto periodo sono pervenute complessivamente
158 schede (F 136, 86%; M 22, 14% - cfr. Figura 1) da tutte le regioni del Paese
con le sole eccezioni di Basilicata, Val d’Aosta, Trentino Alto Adige. La
redemption finale è stata pari a un terzo delle e-mail effettivamente giunte a destinazione,
mentre la maggioranza degli aderenti ha preferito non partecipare all’indagine
verosimilmente perché, nonostante fosse garantito l’anonimato, i dati richiesti
erano “particolarmente” sensibili (es. la diagnosi della patologia di cui il docente
è portatore).
Stando inoltre alle ricerche sopra citate sugli insegnanti,
è plausibile ritenere che le patologie a maggiore incidenza attengono alla sfera psichiatrica ed è
notorio che la malattia mentale reca con sé uno stigma. Questo a sua volta può
indurre l’interessato alla negazione dell’affezione stessa, se non al più assoluto
riserbo circa le proprie condizioni di salute.
In quasi tutti i casi analizzati (94% - cfr. Figura 2) il
provvedimento assunto dai Collegi Medici è stata la permanente inidoneità
all’insegnamento, mentre nel restante 6% si è trattato della temporanea inidoneità
all’insegnamento: ciò sta a indicare la scarsa modificabilità della prognosi, stante
l’alto grado di severità della
maggior parte delle patologie osservate. Inoltre – a
sottolineare il rigore e la puntigliosità dei medici componenti i Collegi – il 70% dei
provvedimenti di permanente inidoneità all’insegnamento è stato assunto
solamente a seguito di più visite mediche collegiali, servite per accertare
l’immodificabilità della prognosi dei
pazienti osservati.
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Risultati
L’età media dei 158 docenti che hanno partecipato alla
ricerca è di 54,7 anni, mentre l’anzianità di servizio media è pari a 29,2
anni così ripartiti: 18,9 anni quelli trascorsi in cattedra e 10,3 anni quelli
trascorsi in altre
mansioni (biblioteca, progetti del POF, segreteria
scolastica, Provveditorato etc).
La provenienza dei docenti vede 56 casi del Nord Italia, 54
del Centro e 48 del Sud e Isole (cfr. Figura 3). Gli insegnanti in
questione hanno prestato servizio rispettivamente nella scuola materna/infanzia
(20); elementare (63); media (37); superiore (38) (cfr. Figura 4).
Le diagnosi che hanno indotto i Collegi medici ad assumere
il provvedimento di inidoneità all’insegnamento nei confronti
dei 158 docenti sono le
DIAGNOSI PSICHIATRICHE:: 101 (64% - cfr. Figura 5) hanno
visto riportare sul verbale del Collegio Medico una diagnosi psichiatrica
con la seguente provenienza geografica: Nord 37%; Centro 30%; Sud e
Isole 33%. Per 93 (59%) di costoro si tratta della diagnosi
principale(63 hanno un’unica diagnosi mentre altri 30 riportano sul
verbale anche diagnosi secondarie). Per gli 8 docenti restanti si
tratta invece di diagnosi accessoria, in quanto condizione reattiva alla
patologia principale (es. Sindrome Depressiva reattiva a neoplasia).
Poiché non tutti i Collegi Medici si sono avvalsi del DSM IV TR ai
fini della formulazione delle diagnosi psichiatriche, sono state
riconosciute tre aree ai fini della stratificazione dei risultati (cfr.
Figura 6).
La prima area contempla l’asse ansioso-depressivo e interessa
88 docenti; la seconda area circoscrive i disturbi di personalità e riguarda 5 insegnanti; la terza
area include le psicosi e racchiude 8 professionisti. Per meglio descrivere il
gruppo più consistente, si dà di seguito lo spaccato delle diagnosi pervenute:
Sindrome Ansioso-Depressiva (30);
Disturbo da Attacchi di Panico (13);
Depressione Maggiore (12);
Disturbo Bipolare (12);
Sindrome Depressiva (6);
Disturbo d’Ansia Generalizzato(5);
Disturbo dell’Adattamento (5);
Disturbo Ossessivo Compulsivo (4);
Disturbo Post Traumatico da Stress (1)
(cfr. .Figura 7).
Diagnosi otorinolaringoiatriche:
21 insegnanti (13%) hanno riportato diagnosi di disfonia
cronica (cfr. Figura 8), tra cui
17 (11%) come prima diagnosi e 4 (3%) come seconda.
Inoltre in 11 docenti (7%) è stata diagnosticata una condizione
di otopatia con ipoacusia, tra cui 9 (6%) docenti come prima diagnosi e 2 (1%)
come seconda.
Diagnosi oncologiche: 12 docenti donna (8%) hanno riportato affezioni neoplastiche (8 seno; 1 tiroide; 1
stomaco; 1 Leucemia Mieloide Cronica; 1 linfoma NH).
Diagnosi cardiovascolari: 14 docenti (9%) hanno riportato affezioni cardiovascolari (7 ipertensione; 2 valvulopatie; 3 cardiopatie; 2 aneurismi).
Diagnosi ortopediche: 18 docenti (11%) hanno riportato patologie ortopediche (11 discopatie ed ernie discali con lombalgie; 5 esiti di trauma; 1 coxartrosi; 1 tendinopatia
degenerativa).
Miscellanea delle restanti diagnosi: infine 6 docenti hanno riportato patologie neurologiche, infettive, autoimmuni, oculistiche, endocrinologiche, dermatologiche.
Mettendo a confronto le due diagnosi più numerose si vede
che le disfonie (riconosciute come causa di servizio) rappresentano solo il 17%
mentre le psichiatriche, pur non riconosciute come malattia professionale,
raggiungono una percentuale dell’83% (cfr. Figura 9).
Se si scorpora il gruppo di docenti con diagnosi
psichiatriche (101) e lo si confronta con quello costituito da tutti i
rimanenti insegnanti con patologie non psichiatriche, si nota che i dati
anagrafici e lavorativi dei due gruppi sono praticamente sovrapponibili.
Infatti i primi presentano un’età media di 55 anni con un’anzianità di 29, di
cui 19 trascorsi in cattedra e 10
in altre mansioni. I secondi hanno un’età media di 54 anni con un’anzianità di servizio
di 30, di cui 19 trascorsi in cattedra e 11 in altre mansioni. Se poi confrontiamo il
gruppo degli “psichiatrici” con quello dei “disfonici” (che è il secondo più numeroso con
20 presenze), ci accorgiamo ancora una volta che le differenze sono minime.
Questi ultimi presentano infatti un’età media lievemente superiore (56,6 anni) e una anzianità
di servizio di 31 anni, di cui 20,6 trascorsa in cattedra e 10,4 utilizzati in
altre mansioni.
Gli insegnanti con diagnosi psichiatrica provengono (cfr. Figura
10) dalle elementari (35); superiori (30); medie (24); materna/infanzia (12),
quasi a sottolineare che nessun ordine scolastico è risparmiato dalla usura psicofisica,
come evidenziato nello studio pubblicato sul N° 5/2004 de La
Medicina del Lavoro11.
Un altro dato di un certo rilievo si evidenzia confrontando lo
stato civile dei due gruppi sopra considerati (diagnosi psichiatriche versus
diagnosi non psichiatriche – cfr. Figura 11). Tra gli “psichiatrici” è
considerevole la percentuale dei single (celibi o nubili) rispetto a quella dei
“non-psichiatrici” (37% vs. 21%), mentre è praticamente sovrapponibile il dato
che riguarda l’insieme dei divorzi e delle separazioni nei due gruppi: (12% vs. 11%).
Sono di conseguenza ribaltati i dati riguardo ai coniugati: raggiungono il 51% tra
i primi e toccano il 68% tra i secondi.
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Discussione
Tra le patologie professionali degli insegnanti sono
universalmente riconosciute le infiammazioni dell’apparato fonatorio, dovute al
prolungato uso della voce, che provocano disfonie croniche moderate o gravi.
Anche nella nostra popolazione di insegnanti “inidonei” il 13% è stato oggetto
di laringiti, faringiti, corditi e altre disfunzioni similari, mentre il 7% ha
riportato problemi all’apparato uditivo, spesso collegato all’ambiente rumoroso
della scuola.
Il dato per certi versi più sorprendente riguarda
l’altissima incidenza di diagnosi psichiatriche (64%) che tocca livelli
impensabili, se si considerano gli stereotipi che gravano sulla professione
docente considerata una sorta di “mezzo servizio”. D’altra parte quella dell’insegnante
è una helping profession, cioè un lavoro di relazione con il prossimo tra i più
delicati in assoluto: riguarda infatti un’utenza particolare (bambini e
adolescenti) e prevede con la stessa un rapporto unico nel suo genere perché
“continuato” per più ore al giorno, tutti i giorni, per nove mesi consecutivi e
per cicli di 3 o 5 anni. Ne consegue un’usura psicofisica importante che,
proprio in ambito psichiatrico vede le sue maggiori conseguenze. Quasi a
confermare il carattere di “usura professionale” delle patologie descritte,
secondo una grossolana ma efficace classificazione, vediamo come l’87% delle
diagnosi graviti in ambito ansioso-depressivo, mentre il restante
13% si divida tra i disturbi di personalità (5%) e le
psicosi (8%).
Un altro dato sul quale vale la pena di riflettere è
l’anzianità di servizio media al momento della diagnosi tra i casi psichiatrici
osservati.
Questa infatti è di circa 20 anni di lavoro continuativi in
cattedra. Il dato potrebbe suggerire per il futuro l’adozione di un sistema –
già invigore in altri Paesi – che preveda la graduale riduzione dell’attività
di docenza frontale con la progressione di carriera, compensata da un
crescente impegno in compiti di coordinamento e supporto
alla didattica. Se la suddetta anzianità di servizio (20 anni) può considerarsi
“ragionevole” per giungere a una diagnosi nell’area ansioso-depressiva, non
possiamo affermare la stessa cosa per le patologie che gravitano nelle due aree
restanti (psicosi e disturbi di personalità). Solitamente in questi casi –
infatti – l’accertamento medico è tardivo e avviene “d’ufficio” (cioè su
richiesta del dirigente scolastico) anziché “a domanda dell’interessato”.
Inoltre il capo d’istituto è a digiuno delle sue incombenze medico-legali12
poiché l’Amministrazione centrale ne trascura totalmente la formazione in tal
senso, pertanto risulta difficilmente in grado di gestire il caso e di stilare
un efficace rapporto scritto per il Collegio Medico.
Abbiamo richiamato in premessa l’allarmante situazione
internazionale (Francia, Regno Unito, Germania, USA, Giappone e Italia) circa
la salute psichica degli insegnanti, proprio a significare che le conseguenze
dell’usura psicofisica non sono tanto dovute al tipo di sistema scolastico
adottato, quanto piuttosto alla professione medesima che è di per sé oltremodo
logorante. Da sottolineare che in Francia e nel Regno Unito, dove gli
insegnanti sono decisamente più giovani dei nostri (hanno più di 50 anni
rispettivamente il 30% FR, il 32% UK, il
55% IT), la categoria professionale dei docenti è quella più
esposta al rischio di suicidio. In Italia non si dispone dell’analogo dato e
quindi non è dato sapere nemmeno se l’avanzata età (e dunque l’anzianità di
servizio) costituisca un fattore di protezione dal rischio suicidario
(insegnanti temprati) ovvero se contribuisca ad aumentarlo
(insegnanti esauriti).
Discorso a parte meritano le diagnosi oncologiche
(soprattutto i tumori al seno dovuti alla preponderanza femminile della
categoria professionale: 82%), la cui patogenesi si spiega con la condizione di
immunodepressione quale conseguenza di uno stato ansiosodepressivo.
Ricordiamo infatti l’alta incidenza di tumori al seno dello
studio californiano prima citato13, nonché i risultati del recente studio italiano14
su 6.132 docenti che mostra come solamente il 50% dei docenti si sottopone
regolarmente a screening oncologici (tra questi la
mammografia).
A fronte di questa situazione vale la pena ricordare che le
politiche attuate dal Governo sono state le seguenti:
1. non ha finanziato in alcun modo nella scuola la
prevenzione dello Stress Lavoro Correlato (previsto dall’art. 27 del D. L.
81/08
sulla Tutela della Salute dei Lavoratori), né incentivato la
partecipazione dei docenti agli screening oncologici;
2. non ha dato a tutt’oggi risposta alle interrogazioni
parlamentari sin qui prodotte sull’argomento a firma dell’On. Sbrollini dell’11.12.09 e del Sen. Valditara del 12.01.11;
3. non ha effettuato né previsto ricerche epidemiologiche
nazionali, per comprendere l’entità del fenomeno, con il coinvolgimento delle Commissioni Mediche di Verifica;
4. non ha previsto un piano di informazione dei docenti sul
rischio psichiatrico/oncologico della professione e dunque la categoria rimane
esposta alle malattie professionali senza averne coscienza. Ciò nonostante sia
stato patrocinato dallo stesso MIUR e dal Ministero per le Pari Opportunità la
ricerca poi pubblicata su La
Medicina del Lavoro15;
5. non ha ritenuto di dover formare i dirigenti scolastici –
in quanto datori di lavoro – totalmente impreparati sulle proprie competenze/incombenze
medico-legali16. Ciò anche a dispetto del Decreto Ministeriale 382/98 che, da
oramai tre lustri, prevede, inattuato, la formazione dei dirigenti scolastici
sul tema della prevenzione a carico degli Uffici Scolastici Regionali.
Di converso i provvedimenti fin qui adottati dal Governo
sono stati quelli di:
1. allungare l’età pensionabile dei docenti senza prima aver
valutato lo stato di salute della categoria;
2. trascurare ad ogni effetto la preponderante componente
femminile tra i docenti (F 82% vs. M 18%) e la diversa suscettibilità delle
lavoratrici di fronte al rischio delle patologie psichiatriche professionali
(contrariamente a quanto sancito dall’art. 37 del D.L. 81/08 in materia di
tutela della salute dei lavoratori, che prevede la valutazione del differente
rischio anche in base a sesso
ed età);
3. cancellare la possibilità di dispensa dal servizio per
gli inidonei permanentemente all’insegnamento (D.L. 171/11);
4. abolire la
Causa di Servizio per la Pubblica Amministrazione
col D.L. 201/11;
5. collocare d’ufficio gli inidonei per motivi di salute nel
ruolo amministrativo (spending review art. 14 del D.L. 95/12) demansionandoli e
dequalificandoli.
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Conclusione
Il mancato riconoscimento delle patologie professionali nei
docenti rende impossibile l’attuazione della tutela della salute sul lavoro a dispetto
del D.L. 81/08. Lo stesso dicasi per il mancato finanziamento delle inerenti
attività di formazione e informazione di docenti e dirigenti scolastici. Negli
ultimi 20 anni si è passati traumaticamente dalle permissive baby-pensioni al
drastico sistema previdenziale odierno, senza la benché minima valutazione
della salute della più numerosa categoria professionale, per giunta a
prevalenza femminile.
Solo nel giro dell’ultimo anno si sono avuti nell’ordine: la
cancellazione della dispensa dal servizio per i docenti inidonei
permanentemente all’insegnamento; l’abolizione del ricorso alla causa di
servizio nel pubblico impiego; il demansionamento nel ruolo ATA sempre per gli insegnanti
inidonei permanentemente in modo relativo. Una sorta di accanimento - ai limiti
dell’incostituzionalità - sui “deboli”, resi tali da malattie tra l’altro sviluppate
durante il lavoro, dopo aver tolto loro anche la possibilità di richiedere un
indennizzo a titolo di risarcimento.
Una netta inversione di marcia deve essere pertanto attuata
dalla politica governativa nei confronti della scuola e dei suoi protagonisti:
gli insegnanti. Il presente studio conferma ancora una volta il rischio di
usura psichica da helping profession cui è sottoposto la categoria degli
insegnanti. Le malattie psichiatriche risultano infatti essere la più frequente
causa di inidoneità all’insegnamento per motivi di salute e sono assai più
frequenti dei disturbi dell’apparato fonatorio. Le psicopatologie dovrebbero
pertanto essere annoverate ufficialmente tra le malattie professionali degli
insegnanti, cominciando altresì a prevenirle, curarle e gestirle con il
coinvolgimento del dirigente scolastico e della classe medica.
Non fosse altro che per il cospicuo bacino di voti che i
docenti e le loro famiglie rappresentano, le imminenti elezioni politiche del
2013 possono costituire l’opportuno stimolo per gli aspiranti amministratori
del Paese, al fine di tutelare convenientemente la salute dei docenti, esattamente
come previsto dalla vigente normativa, nell’interesse dei lavoratori e
dell’utenza.
Vittorio Lodolo D'Oria, Ottobre 2012
vilodo@teletu.it
Si ringraziano per la collaborazione il CONBS e Maria Teresa
De Nardis, esperta di inidoneità all’insegnamento; per i grafici Guglielmo Veccia.
…
“La tensione nervosa, richiesta per ben condurre una
scolaresca, è notevole, quando ci si dedica anima e corpo al proprio compito;
il suo peso aumenta con il trascorrere degli anni. Di questo dispendio
d'energie ha tenuto conto il legislatore, prevedendo per il personale
insegnante un'età di pensionamento più precoce che per i funzionari
amministrativi …”
dal Manuale di Psicologia del fanciullo di Hotyat (1968)
(Immagine sopra, tratta da: http://spicchidilimone.blogspot.it/2011_03_01_archive.html)
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