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sabato 6 ottobre 2012

Vittorio #Lodolo D’Oria, #Inidoneità dei #docenti: le #patologie che la determinano, #Burn Out, #Docenti inidonei, #citazione




 Abstract

Quali sono le "patologie professionali" degli insegnanti? Si tratta unicamente delle "disfonie" causate dalle laringiti croniche riconosciute anche nelle cause di servizio? Oppure vi sono forse altre malattie, magari più frequenti ma sconosciute?
Questo è l’interrogativo cui ha cercato di rispondere il presente studio - svolto con la collaborazione del Conbs – che ha esaminato le diagnosi formulate dai Collegi Medici per determinare l’inidoneità all’insegnamento per motivi di salute.

Lo studio dimostra che l'inidoneità degli insegnanti è causata da patologie psichiatriche in oltre il 60% dei casi (il 70% delle quali appartengono all'area ansioso-depressiva), mentre le "disfonie" sono appena il 13% (5 volte di meno). Ne consegue che debbono essere ritenute patologie professionali dei docenti anche e soprattutto le patologie psichiatriche, per poi muoversi di conseguenza con piani di prevenzione e cura nel rispetto del dettato normativo sulla tutela della salute dei lavoratori (art.27 D.L. 81/08).

Il problema, comune ad altre nazioni dove viene però affrontato con risolutezza, vede un Governo italiano distratto, che non attua studi epidemiologici su base nazionale, non valuta la salute della categoria professionale prima di licenziare le riforme previdenziali, ma al contrario penalizza i docenti (l’82% di questi sono donne) che si ammalano (decreto Brunetta, abolizione della causa di servizio, spending review).

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Introduzione

Recenti studi confermano il particolare stress cui è sottoposta la categoria degli insegnanti, riconducendone l’origine a fattori quali:

peculiarità della professione (rapporto con le varie componenti scolastiche, classi numerose, retribuzione insoddisfacente,
risorse carenti, precariato, conflittualità tra colleghi, costante necessità di aggiornamento);
società globalizzata (crescita del numero di studenti extracomunitari);
continuo evolversi della percezione dei valori sociali (introduzione di nuove politiche a favore dell’handicap e conseguente inserimento di alunni disabili nelle classi; delega educativa da parte della famiglia a fronte dell’assenza di genitori-lavoratori o di famiglie monoparentali; alleanza genitori-figli a detrimento dell’asse genitori-insegnanti);
evoluzione delle tecniche di comunicazione (avvento dell’era informatica e delle nuove tecnologie di comunicazione elettronica);
susseguirsi continuo di riforme (autonomia scolastica, lavoro d’équipe, innalzamento della scuola dell’obbligo, ingresso anticipato nel mondo della scuola);
riforma continua delle pensioni (solo vent’anni fa si poteva ancora scegliere di andare in pensione con 15 anni di anzianità di
servizio);
bassa considerazione sociale da parte dell’opinione pubblica.

Col D.L. 81/08 sulla tutela della salute dei lavoratori, è divenuto obbligatorio contrastare lo Stress Lavoro Correlato (SLC) anche negli insegnanti che rappresentano la più numerosa tra le cosiddette helping profession. Tuttavia nessuno studio nazionale – seppure richiesto più volte attraverso numerose interrogazioni parlamentari in Italia e nell’Unione Europea1 – è stato fatto per individuare le patologie che affliggono la classe docente. Questa è invero schiacciata da stereotipi e luoghi comuni (“lavorano mezza giornata e fruiscono di tre mesi di vacanze all’anno”) che impediscono di affrontare serenamente un tema scottante come quello della salute degli insegnanti.

Si èpertanto pensato di coinvolgere il Coordinamento Nazionale Bibliotecari della Scuola (Conbs)2 che riunisce sul territorio nazionale coloro che hanno subito un provvedimento di inidoneità all’insegnamento per malattia (*) da parte dei Collegi Medici preposti. Il Conbs si è così
rivolto ai propri aderenti – garantendo loro l’anonimato e la privacy – chiedendo di mettere a disposizione la loro esperienza, la storia, la diagnosi e il provvedimento assunto dalla Commissione Medica.

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Ragione della ricerca

A suffragare l’urgenza di un’indagine epidemiologica in tal senso si considerino i dati scientifici (nazionali e internazionali) proposti di seguito che, pur non essendo esaustivi, sono da ritenersi certamente sufficienti per giustificare un intervento a tutela della salute della più numerosa categoria professionale3 esposta ai rischi da Stress Lavoro Correlato:

1. La categoria professionale docente è quella a maggior rischio di suicidio in Francia4 (2006), mentre in Inghilterra5 presenta un rischio suicidario del 40% superiore a quello della popolazione generale (dati 2012 della National Union Teacher). Gli altri Paesi membri della UE non rilevano dati in merito al suicidio degli insegnanti.

2. Uno studio condotto in Baviera6 (Germania) ha evidenziato che la maggior parte dei pre-pensionamenti tra i docenti per malattia sono dovuti a disturbi psichiatrici.

3. Già nel 1979 uno studio condotto da un sindacato nazionale italiano (CISL) evidenziava come una percentuale del 30% di insegnanti facesse già allora ricorso all’uso di psicofarmaci7. Successivamente uno studio retrospettivo comparativo condotto a Milano8 (Italia) ha mostrato che la categoria degli insegnanti - in controtendenza con gli stereotipi diffusi nell’opinione pubblica - è soggetta a una frequenza di patologie psichiatriche pari a due volte quella della categoria degli impiegati, due volte e mezzo quella del personale sanitario e tre volte quella degli operatori manuali. (Analoghi risultati pervengono da uno studio effettuato a Torino9).

4. Il succitato studio milanese evidenzia inoltre come gli insegnanti presentino il rischio di sviluppare una neoplasia, superiore di 1.5-2 volte rispetto ad operatori manuali ed impiegati. A suffragare il dato, un recente studio epidemiologico, condotto in California su 133.000 docenti, dove l’incidenza di tumore (soprattutto mammario) rilevata è ampiamente superiore a quella della popolazione generale.10

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Materiali e metodi

Il Conbs ha spedito una e-mail ai propri aderenti chiedendo di partecipare allo studio epidemiologico che richiedeva di fornire i seguenti dati: sesso; stato civile; scuola nella quale si esercitava prima della dichiarazione di inidoneità; anzianità di servizio; data e provvedimento delle visite effettuate in Collegio Medico; diagnosi del verbale che sancisce l’inidoneità all’insegnamento (sia la principale, che le eventuali diagnosi accessorie). Il tempo di raccolta dei dati è stato di tre settimane.

Al termine di detto periodo sono pervenute complessivamente 158 schede (F 136, 86%; M 22, 14% - cfr. Figura 1) da tutte le regioni del Paese con le sole eccezioni di Basilicata, Val d’Aosta, Trentino Alto Adige. La redemption finale è stata pari a un terzo delle e-mail effettivamente giunte a destinazione, mentre la maggioranza degli aderenti ha preferito non partecipare all’indagine verosimilmente perché, nonostante fosse garantito l’anonimato, i dati richiesti erano “particolarmente” sensibili (es. la diagnosi della patologia di cui il docente è portatore).

Stando inoltre alle ricerche sopra citate sugli insegnanti, è plausibile ritenere che le patologie a maggiore incidenza attengono alla sfera psichiatrica ed è notorio che la malattia mentale reca con sé uno stigma. Questo a sua volta può indurre l’interessato alla negazione dell’affezione stessa, se non al più assoluto riserbo circa le proprie condizioni di salute.

In quasi tutti i casi analizzati (94% - cfr. Figura 2) il provvedimento assunto dai Collegi Medici è stata la permanente inidoneità all’insegnamento, mentre nel restante 6% si è trattato della temporanea inidoneità all’insegnamento: ciò sta a indicare la scarsa modificabilità della prognosi, stante l’alto grado di severità della
maggior parte delle patologie osservate. Inoltre – a sottolineare il rigore e la puntigliosità dei medici componenti i Collegi – il 70% dei provvedimenti di permanente inidoneità all’insegnamento è stato assunto solamente a seguito di più visite mediche collegiali, servite per accertare l’immodificabilità della prognosi dei
pazienti osservati.

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Risultati

L’età media dei 158 docenti che hanno partecipato alla ricerca è di 54,7 anni, mentre l’anzianità di servizio media è pari a 29,2 anni così ripartiti: 18,9 anni quelli trascorsi in cattedra e 10,3 anni quelli trascorsi in altre
mansioni (biblioteca, progetti del POF, segreteria scolastica, Provveditorato etc).

La provenienza dei docenti vede 56 casi del Nord Italia, 54 del Centro e 48 del Sud e Isole (cfr. Figura 3). Gli insegnanti in questione hanno prestato servizio rispettivamente nella scuola materna/infanzia (20); elementare (63); media (37); superiore (38) (cfr. Figura 4).

Le diagnosi che hanno indotto i Collegi medici ad assumere il provvedimento di inidoneità all’insegnamento nei confronti dei 158 docenti sono le

DIAGNOSI PSICHIATRICHE:: 101 (64% - cfr. Figura 5) hanno visto riportare sul verbale del Collegio Medico una diagnosi psichiatrica con la seguente provenienza geografica: Nord 37%; Centro 30%; Sud e
Isole 33%. Per 93 (59%) di costoro si tratta della diagnosi principale(63 hanno un’unica diagnosi mentre altri 30 riportano sul verbale anche diagnosi secondarie). Per gli 8 docenti restanti si tratta invece di diagnosi accessoria, in quanto condizione reattiva alla patologia principale (es. Sindrome Depressiva reattiva a neoplasia). Poiché non tutti i Collegi Medici si sono avvalsi del DSM IV TR ai fini della formulazione delle diagnosi psichiatriche, sono state riconosciute tre aree ai fini della stratificazione dei risultati (cfr. Figura 6).

La prima area contempla l’asse ansioso-depressivo e interessa 88 docenti; la seconda area circoscrive i  disturbi di personalità e riguarda 5 insegnanti; la terza area include le psicosi e racchiude 8 professionisti. Per meglio descrivere il gruppo più consistente, si dà di seguito lo spaccato delle diagnosi pervenute:

Sindrome Ansioso-Depressiva (30);
Disturbo da Attacchi di Panico (13);
Depressione Maggiore (12);
Disturbo Bipolare (12);
Sindrome Depressiva (6);
Disturbo d’Ansia Generalizzato(5);
Disturbo dell’Adattamento (5);
Disturbo Ossessivo Compulsivo (4);
Disturbo Post Traumatico da Stress (1)
(cfr. .Figura 7).

Diagnosi otorinolaringoiatriche:
21 insegnanti (13%) hanno riportato diagnosi di disfonia cronica (cfr. Figura 8), tra cui
17 (11%) come prima diagnosi e 4 (3%) come seconda.

Inoltre in 11 docenti (7%) è stata diagnosticata una condizione di otopatia con ipoacusia, tra cui 9 (6%) docenti come prima diagnosi e 2 (1%) come seconda.

Diagnosi oncologiche: 12 docenti donna (8%) hanno riportato affezioni neoplastiche (8 seno; 1 tiroide; 1
stomaco; 1 Leucemia Mieloide Cronica; 1 linfoma NH).

Diagnosi cardiovascolari: 14 docenti (9%) hanno riportato affezioni cardiovascolari (7 ipertensione; 2 valvulopatie; 3 cardiopatie; 2 aneurismi).

Diagnosi ortopediche: 18 docenti (11%) hanno riportato patologie ortopediche (11 discopatie ed ernie discali con lombalgie; 5 esiti di trauma; 1 coxartrosi; 1 tendinopatia
degenerativa).

Miscellanea delle restanti diagnosi: infine 6 docenti hanno riportato patologie neurologiche, infettive, autoimmuni, oculistiche, endocrinologiche, dermatologiche.

Mettendo a confronto le due diagnosi più numerose si vede che le disfonie (riconosciute come causa di servizio) rappresentano solo il 17% mentre le psichiatriche, pur non riconosciute come malattia professionale, raggiungono una percentuale dell’83% (cfr. Figura 9).
Se si scorpora il gruppo di docenti con diagnosi psichiatriche (101) e lo si confronta con quello costituito da tutti i rimanenti insegnanti con patologie non psichiatriche, si nota che i dati anagrafici e lavorativi dei due gruppi sono praticamente sovrapponibili. Infatti i primi presentano un’età media di 55 anni con un’anzianità di 29, di cui 19 trascorsi in cattedra e 10 in altre mansioni. I secondi hanno un’età media di 54 anni con un’anzianità di servizio di 30, di cui 19 trascorsi in cattedra e 11 in altre mansioni. Se poi confrontiamo il gruppo degli “psichiatrici” con quello dei “disfonici” (che è il secondo più numeroso con 20 presenze), ci accorgiamo ancora una volta che le differenze sono minime. Questi ultimi presentano infatti un’età media lievemente superiore (56,6 anni) e una anzianità di servizio di 31 anni, di cui 20,6 trascorsa in cattedra e 10,4 utilizzati in altre mansioni.

Gli insegnanti con diagnosi psichiatrica provengono (cfr. Figura 10) dalle elementari (35); superiori (30); medie (24); materna/infanzia (12), quasi a sottolineare che nessun ordine scolastico è risparmiato dalla usura psicofisica, come evidenziato nello studio pubblicato sul N° 5/2004 de La Medicina del Lavoro11.

Un altro dato di un certo rilievo si evidenzia confrontando lo stato civile dei due gruppi sopra considerati (diagnosi psichiatriche versus diagnosi non psichiatriche – cfr. Figura 11). Tra gli “psichiatrici” è considerevole la percentuale dei single (celibi o nubili) rispetto a quella dei “non-psichiatrici” (37% vs. 21%), mentre è praticamente sovrapponibile il dato che riguarda l’insieme dei divorzi e delle separazioni nei due gruppi: (12% vs. 11%). Sono di conseguenza ribaltati i dati riguardo ai coniugati: raggiungono il 51% tra i primi e toccano il 68% tra i secondi.

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Discussione

Tra le patologie professionali degli insegnanti sono universalmente riconosciute le infiammazioni dell’apparato fonatorio, dovute al prolungato uso della voce, che provocano disfonie croniche moderate o gravi. Anche nella nostra popolazione di insegnanti “inidonei” il 13% è stato oggetto di laringiti, faringiti, corditi e altre disfunzioni similari, mentre il 7% ha riportato problemi all’apparato uditivo, spesso collegato all’ambiente rumoroso della scuola.
Il dato per certi versi più sorprendente riguarda l’altissima incidenza di diagnosi psichiatriche (64%) che tocca livelli impensabili, se si considerano gli stereotipi che gravano sulla professione docente considerata una sorta di “mezzo servizio”. D’altra parte quella dell’insegnante è una helping profession, cioè un lavoro di relazione con il prossimo tra i più delicati in assoluto: riguarda infatti un’utenza particolare (bambini e adolescenti) e prevede con la stessa un rapporto unico nel suo genere perché “continuato” per più ore al giorno, tutti i giorni, per nove mesi consecutivi e per cicli di 3 o 5 anni. Ne consegue un’usura psicofisica importante che, proprio in ambito psichiatrico vede le sue maggiori conseguenze. Quasi a confermare il carattere di “usura professionale” delle patologie descritte, secondo una grossolana ma efficace classificazione, vediamo come l’87% delle diagnosi graviti in ambito ansioso-depressivo, mentre il restante
13% si divida tra i disturbi di personalità (5%) e le psicosi (8%).

Un altro dato sul quale vale la pena di riflettere è l’anzianità di servizio media al momento della diagnosi tra i casi psichiatrici osservati.
Questa infatti è di circa 20 anni di lavoro continuativi in cattedra. Il dato potrebbe suggerire per il futuro l’adozione di un sistema – già invigore in altri Paesi – che preveda la graduale riduzione dell’attività di docenza frontale con la progressione di carriera, compensata da un
crescente impegno in compiti di coordinamento e supporto alla didattica. Se la suddetta anzianità di servizio (20 anni) può considerarsi “ragionevole” per giungere a una diagnosi nell’area ansioso-depressiva, non possiamo affermare la stessa cosa per le patologie che gravitano nelle due aree restanti (psicosi e disturbi di personalità). Solitamente in questi casi – infatti – l’accertamento medico è tardivo e avviene “d’ufficio” (cioè su richiesta del dirigente scolastico) anziché “a domanda dell’interessato”. Inoltre il capo d’istituto è a digiuno delle sue incombenze medico-legali12 poiché l’Amministrazione centrale ne trascura totalmente la formazione in tal senso, pertanto risulta difficilmente in grado di gestire il caso e di stilare un efficace rapporto scritto per il Collegio Medico.

Abbiamo richiamato in premessa l’allarmante situazione internazionale (Francia, Regno Unito, Germania, USA, Giappone e Italia) circa la salute psichica degli insegnanti, proprio a significare che le conseguenze dell’usura psicofisica non sono tanto dovute al tipo di sistema scolastico adottato, quanto piuttosto alla professione medesima che è di per sé oltremodo logorante. Da sottolineare che in Francia e nel Regno Unito, dove gli insegnanti sono decisamente più giovani dei nostri (hanno più di 50 anni rispettivamente il 30% FR, il 32% UK, il
55% IT), la categoria professionale dei docenti è quella più esposta al rischio di suicidio. In Italia non si dispone dell’analogo dato e quindi non è dato sapere nemmeno se l’avanzata età (e dunque l’anzianità di servizio) costituisca un fattore di protezione dal rischio suicidario
(insegnanti temprati) ovvero se contribuisca ad aumentarlo (insegnanti esauriti).

Discorso a parte meritano le diagnosi oncologiche (soprattutto i tumori al seno dovuti alla preponderanza femminile della categoria professionale: 82%), la cui patogenesi si spiega con la condizione di immunodepressione quale conseguenza di uno stato ansiosodepressivo.
Ricordiamo infatti l’alta incidenza di tumori al seno dello studio californiano prima citato13, nonché i risultati del recente studio italiano14 su 6.132 docenti che mostra come solamente il 50% dei docenti si sottopone regolarmente a screening oncologici (tra questi la
mammografia).

A fronte di questa situazione vale la pena ricordare che le politiche attuate dal Governo sono state le seguenti:

1. non ha finanziato in alcun modo nella scuola la prevenzione dello Stress Lavoro Correlato (previsto dall’art. 27 del D. L. 81/08
sulla Tutela della Salute dei Lavoratori), né incentivato la partecipazione dei docenti agli screening oncologici;

2. non ha dato a tutt’oggi risposta alle interrogazioni parlamentari sin qui prodotte sull’argomento a firma dell’On. Sbrollini dell’11.12.09 e del Sen. Valditara del 12.01.11;

3. non ha effettuato né previsto ricerche epidemiologiche nazionali, per comprendere l’entità del fenomeno, con il coinvolgimento delle Commissioni Mediche di Verifica;

4. non ha previsto un piano di informazione dei docenti sul rischio psichiatrico/oncologico della professione e dunque la categoria rimane esposta alle malattie professionali senza averne coscienza. Ciò nonostante sia stato patrocinato dallo stesso MIUR e dal Ministero per le Pari Opportunità la ricerca poi pubblicata su La Medicina del Lavoro15;

5. non ha ritenuto di dover formare i dirigenti scolastici – in quanto datori di lavoro – totalmente impreparati sulle proprie competenze/incombenze medico-legali16. Ciò anche a dispetto del Decreto Ministeriale 382/98 che, da oramai tre lustri, prevede, inattuato, la formazione dei dirigenti scolastici sul tema della prevenzione a carico degli Uffici Scolastici Regionali.

Di converso i provvedimenti fin qui adottati dal Governo sono stati quelli di:

1. allungare l’età pensionabile dei docenti senza prima aver valutato lo stato di salute della categoria;

2. trascurare ad ogni effetto la preponderante componente femminile tra i docenti (F 82% vs. M 18%) e la diversa suscettibilità delle lavoratrici di fronte al rischio delle patologie psichiatriche professionali (contrariamente a quanto sancito dall’art. 37 del D.L. 81/08 in materia di tutela della salute dei lavoratori, che prevede la valutazione del differente rischio anche in base a sesso
ed età);

3. cancellare la possibilità di dispensa dal servizio per gli inidonei permanentemente all’insegnamento (D.L. 171/11);

4. abolire la Causa di Servizio per la Pubblica Amministrazione col D.L. 201/11;

5. collocare d’ufficio gli inidonei per motivi di salute nel ruolo amministrativo (spending review art. 14 del D.L. 95/12) demansionandoli e dequalificandoli.

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Conclusione

Il mancato riconoscimento delle patologie professionali nei docenti rende impossibile l’attuazione della tutela della salute sul lavoro a dispetto del D.L. 81/08. Lo stesso dicasi per il mancato finanziamento delle inerenti attività di formazione e informazione di docenti e dirigenti scolastici. Negli ultimi 20 anni si è passati traumaticamente dalle permissive baby-pensioni al drastico sistema previdenziale odierno, senza la benché minima valutazione della salute della più numerosa categoria professionale, per giunta a prevalenza femminile.

Solo nel giro dell’ultimo anno si sono avuti nell’ordine: la cancellazione della dispensa dal servizio per i docenti inidonei permanentemente all’insegnamento; l’abolizione del ricorso alla causa di servizio nel pubblico impiego; il demansionamento nel ruolo ATA sempre per gli insegnanti inidonei permanentemente in modo relativo. Una sorta di accanimento - ai limiti dell’incostituzionalità - sui “deboli”, resi tali da malattie tra l’altro sviluppate durante il lavoro, dopo aver tolto loro anche la possibilità di richiedere un indennizzo a titolo di risarcimento.

Una netta inversione di marcia deve essere pertanto attuata dalla politica governativa nei confronti della scuola e dei suoi protagonisti: gli insegnanti. Il presente studio conferma ancora una volta il rischio di usura psichica da helping profession cui è sottoposto la categoria degli insegnanti. Le malattie psichiatriche risultano infatti essere la più frequente causa di inidoneità all’insegnamento per motivi di salute e sono assai più frequenti dei disturbi dell’apparato fonatorio. Le psicopatologie dovrebbero pertanto essere annoverate ufficialmente tra le malattie professionali degli insegnanti, cominciando altresì a prevenirle, curarle e gestirle con il coinvolgimento del dirigente scolastico e della classe medica.

Non fosse altro che per il cospicuo bacino di voti che i docenti e le loro famiglie rappresentano, le imminenti elezioni politiche del 2013 possono costituire l’opportuno stimolo per gli aspiranti amministratori del Paese, al fine di tutelare convenientemente la salute dei docenti, esattamente come previsto dalla vigente normativa, nell’interesse dei lavoratori e dell’utenza. 

Vittorio Lodolo D'Oria, Ottobre 2012

vilodo@teletu.it

Si ringraziano per la collaborazione il CONBS e Maria Teresa De Nardis, esperta di inidoneità all’insegnamento; per i grafici Guglielmo Veccia.
“La tensione nervosa, richiesta per ben condurre una scolaresca, è notevole, quando ci si dedica anima e corpo al proprio compito; il suo peso aumenta con il trascorrere degli anni. Di questo dispendio d'energie ha tenuto conto il legislatore, prevedendo per il personale insegnante un'età di pensionamento più precoce che per i funzionari amministrativi …”
dal Manuale di Psicologia del fanciullo di Hotyat (1968)







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