Guadava: l’acqua era fredda e gli massaggiava
energicamente le caviglie, beneficamente. Ma come approdò e si accingeva
malvolentieri a rincalzarsi notò ai margini della corrente principale una
conchetta d’acqua, naturalmente azzeccata e felice. Johnny non ci resisté, si
liberò del vestito e delle armi, e si immerse verticalmente, monoliticamente in
quell’immobile vortice, fino alle spalle, con un lungo e filato fremito, più
perfetto, di una discarica sessuale. Infatti, come si sollevò e vi si reinfilò,
con la medesima misura e puntualità di prima, l’acqua fu stavolta completamente
scevra di voluttà. Si portò all’asciutto – c’era fitta, dura vegetazione nella
sottilissima striscia tra la sponda e l’incombente rocca – si asciugò le mani
per non danneggiare la sigaretta che ora si accendeva. Poi tutto fu perfetto,
tranne la sigaretta; proprio non poteva
soffrire quel tabacco inglese, così aderente e pastante. Un camion partigiano
passò in un inferno di rumore e di polvere; come non deviò a Castino ma
proseguì per Bosia, Johnny pensò che avesse a che fare con Frankie e i
guastatori.
Nella perfezione dell’ozio, prese a trimmersi col fuoco
della sigaretta quei peli sulle braccia che erano cresciuti fuori standard, ma
presto il bianco glow della sua pelle l’affondò in più piena meditazione. Mai
in quel momento era stato tratto, forzato a pensare, vedere la sua propria
realtà fisica, la sua carnale sostanza e forma. Era persino miracoloso il
constatare, realizzare appieno, per la prima volta, le facoltà gli usi e le
forme specifiche e irripetibili di ogni parte. Le mani, per esempio, avevano
sofferto del partigianato: non il dorso, sempre asciutto e fine, col ricamo
distinto e potente delle vene elated; ma sulle palme aveva pesato, fino
all’incisione, la guerra. – Dr Jekill e
Mr. Hyde, - poté pensare Johnny, confrontando dorso e palmo.
Su tutta la sua pelle la patina inlavata a lungo era ricca,
serica e assolutamente inodora, o al più arricchiva stupendamente il suo odore
d’uomo. Sentiva di poter dire di poter annusare in quel momento con narici di
donna. Il pensiero della guerra piombò come un’ala grigia, non nera, sulla
dorata bianchezza della sua pelle, serica e assolutamente glabra, senza vello a
distrarre, a intercettare la mano. Era enormemente, forse sacrilegamente,
eccitante pronosticare, fantasticare il bersaglio e il varco aperto in quella
intatta integrità. Scrollò le spalle, sazio d’immobilità, di fantasia e di
rinfresco, e si rivestì in fretta.
Guadagnò la breccia, s’inerpicò per il suo coloso sentiero e
fu sulle falde della gigantesca, mammutica collina di Mango. Ondosamente
incombevano su lui i boschi neri, come carboniosi, e gli aperti, sfuggenti prati,
su alcuni dei quali stavano greggi al pascolo, apparentigli così alti ed immoti
come una torma di massi erratici arrestati da una mano miracolosa a mezzo dei
vertiginosi pendii.
(Beppe Fenoglio, “Il partigiano Johnny”, Torino, Einaudi,
2001, pp. 234-36)
(Nell’immagine, Joe Manganiello in “True Blood”, tratta da:
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