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sabato 12 agosto 2023

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi


Buongiorno, oggi è il 12 agosto.
Il 12 agosto 1730 Vittorio Amedeo II di Savoia sposa segretamente in seconde nozze Anna Canalis di Cumiana.
Anna Carlotta Teresa nacque il 23 aprile 1680, a Torino, nel palazzo sito in via Bogino angolo via Principe Amedeo, da Francesco Maurizio Canalis di Cumiana e da Monica Francesca San Martino d'Agliè di San Germano. I padrini furono Carlo Ludovico d'Agliè e Anna Cumiana (probabilmente la nonna paterna). Fu educata dalle monache della Visitazione di Torino, come era d’uso, poi nel tredicesimo anno di età fece ritorno in famiglia, dividendo il suo tempo fra Torino e Cumiana; forse fu in occasione della battaglia di Marsaglia che Vittorio Amedeo II visitando di quando in quando il palazzo dei Cumiana la conobbe giovinetta. Nel 1695 Giovanna Battista di Savoia Nemours la nominò damigella d'onore a Corte e da questo momento in poi gli storici non sono più concordi sulla sua biografia, salvo che sull’indubbia avvenenza.
Gaudenzio Claretta, Domenico Carutti, P. Balan e altri sostengono che Anna Carlotta, sedicenne, bruna, ben fatta, vivace e leggiadra (oggi diremmo civetta) fece invaghire di sé, con sottili arti femminili, il Duca (compito certo non troppo arduo conoscendone la fama di donnaiolo); Resa madre dall’augusto amante fu data in sposa, in fretta e furia, a Francesco Ignazio Novarina conte di San Sebastiano.
Altri documenti smentiscono invece questa ipotesi: Anna Carlotta si maritò effettivamente col Novarina, ma sette anni più tardi, precisamente il 21 aprile 1703; probabilmente vero, invece, che Vittorio Amedeo ne fosse innamorato e avesse cercato di sedurla, e Anna, giovane, inesperta e forse lusingata gli concedesse le sue grazie, non immaginando in che vespaio si sarebbe cacciata. Documenti che avvalorino questa ipotesi non ne esistono, ma l'ipotesi è verosimile.
Anna Carlotta rimase damigella di Madama Reale fino al 21 aprile 1703, data delle legittime nozze con Francesco Ignazio Novarina, Primo Scudiero di Madama Reale. Dai Registri matrimoniali della Cattedrale di Torino risulta l’atto con il nome dei testimoni: Giovanni Battista Tana Marchese di Entraque, Marchese Tommaso Pallavicino (suocero di Lodovico Canalis fratello di Anna) e Antonio Maurizio Turinetti Conte di Pertengo. Risulta anche il carattere d’urgenza dello sposalizio (dispensa dalle pubblicazioni prematrimoniali dell’Arcivescovo Vibò). Non risulta invece che il Novarina riconoscesse come suo il piccolo Paolo Federico (futuro e misconosciuto eroe dell’Assietta), che infatti nacque solo nel 1710 e non fu il primogenito. A questo riguardo si narra in famiglia che un suo discendente Alberto Miglioretti di San Sebastiano, a un signore che gli chiedeva se si sentisse fiero di essere discendente da un grande monarca, rispose: "In famiglia preferiamo essere conti legittimi che Reali bastardi", e lo sfidò a duello.
Liquidata con ciò la possibilità di avere sangue Reale nelle vene, resta curioso il fatto che una damigella bella, di famiglia ricca e illustre, fosse andata sposa a un parvenu (il titolo comitale di San Sebastiano risale al 1665), brutto e di vent’anni più vecchio di lei.
Altra stranezza è che, pur sposa nel 1703, Anna ebbe la prima figlia Paola nel 1708, poi Paolo Federico (l’eroe della battaglia dell’Assietta) il 25 gennaio 1710, Carlo nel 1711, Giacinta nel 1712, Clara nel 1714, Pietro nel 1715, Luigi nel 1718 e Biagio nel 1722.
Nei ventun anni di matrimonio con il conte Novarina non risultano fatti salienti sul suo conto, anzi la si descrive madre e sposa felice, accorta padrona di casa, e di costumi irreprensibili. Francesco Ignazio muore il 25 settembre 1724 lasciando la vedova e i sette figli ancora in tenera età. Nel 1724 fu dame d’antour della Nuora di Vittorio Amedeo, Polissena d’Assia Rheinfels. Forse si riaccese l’antica fiamma o forse non si era mai spenta, considerato che Anna C., da maritata, spesso abitava il suo palazzo di via Santa Chiara a Torino partecipando volentieri alla vita di Corte come si addiceva a una dama del suo rango. Era, oltre che elegante naturalmente, ancora bellissima, come fa fede il ritratto della Clementina che la ritrae già quarantacinquenne. Il Barone Carutti scrive: “...era presso al decimo lustro, bruna, ben fatta, occhio nero e vivace, bellezza ribelle agli anni, pericolosa all’età prima e alla matura”.
Anche Edmondo De Amicis rimase colpito ammirandone un ritratto conservato al monastero della Visitazione di Pinerolo: “bella...bella cioè non so. Seducente senza dubbio. Una testina, un visetto pieno di grazia, di grilli, di vezzi, di sorrisi sfuggevoli, di sottintesi arguti...”. Per Carlo Denina era donna bella, spiritosa e amabile; giudizio avvalorato da Cesare Balbo. Il Conte Blondel si dilunga sul suo conto e giudica il matrimonio col Sovrano “un comique mariage”. Forse gli era giunta notizia di una fatto curioso: a Parigi il 29 settembre 1739, avvenne la prima rappresentazione de “La Reine d’un jour”, òpera comique musicata da Charles Adam su libretto di Eugène Scrube, la cui protagonista era la nostra Marchesa.
Il Re Vittorio Amedeo, rimasto vedovo nel 1728, la sposò in segreto (con dispensa papale di Benedetto XIII perché un Cavaliere di San Maurizio e Lazzaro potesse sposare una vedova) il 12 agosto 1730, nella cappella del Palazzo Reale di Torino; i testimoni furono Lanfranchi e il cameriere Barbier. Abdicò il 3 settembre 1730 in favore di Carlo Emanuele nel castello di Rivoli. Quindi si stabilì con Anna Carlotta a Chambéry e il 18 gennaio 1731 la investì del titolo e del territorio del Marchesato di Spigno.
Passato il primo anno, durante il quale la vita coniugale felice pose in secondo piano la politica, Vittorio si pentì dell’abdicazione e il 25 agosto 1731 partì alla riconquista del Regno. Dopo svariate vicende, la sera del 28 settembre 1731 Carlo Emanuele, mal consigliato dal Marchese d’Ormea, firmò l’ordine di arresto per suo padre, tratto dal letto con la forza da dodici ufficiali comandati dal Conte di Perosa, che in più trascinarono via la Marchesa seminuda sopraggiunta in aiuto al Re.
Domenico Carutti ci lascia una descrizione suggestiva della penosa vicenda. Vittorio Amedeo fu condotto nel Castello di Rivoli dove rimase prigioniero per tredici mesi, spirò poi nel Castello di Moncalieri il 31 ottobre 1732. La Marchesa fu tradotta nella prigione del castello di Ceva in compagnia di donne di malavita e solo l'11 dicembre 1731, dopo le accorate suppliche del Re, le fu permesso di raggiungerlo a Rivoli. Alla morte di Vittorio Amedeo le fu imposto di ritirarsi in convento ed ella scelse il monastero della Visitazione di Pinerolo, ove condusse una vita ritiratissima per trentasei anni, senza tuttavia vestire l’abito di monaca. Una sorella e una nipote monache nel medesimo monastero le furono compagne negli ultimi anni. Morì a 89 anni l’11 aprile 1769 e, per suo espresso volere, fu sepolta nella cripta del monastero senza alcuna lapide.
Il più acerrimo nemico della Marchesa fu di sicuro il Marchese Ferrero d’Ormea che la accusò brutalmente di spingere l’ex Sovrano alla riconquista del Regno per soddisfare le sue ambizioni di regina. Carlo Botta si unisce a molti altri che la accusarono di influenzare negativamente le decisioni del marito. Che i devoti a Carlo Emanuele si accanissero contro di lei è comprensibile, tenendo conto di quanto ella fosse invisa al Sovrano, sempre geloso di suo Padre.
Diverso l’intento di monsignor Carlo Arborio di Gattinara, arcivescovo di Torino che durante il Consiglio di Stato convocato a Torino il 28 settembre 1731 si espresse in tono acceso contro:
“la cattiva furia che stava a fianco del Re Vittorio, istigandolo da donna ambiziosa che purché una corona sul suo capo investa, nulla del decoro, nulla della quiete pubblica, nulla dei destini del Regno, si cura” e conclude:
“conservi Carlo il seggio che in coscienza il può e il debbe”.
Carlo Emanuele aveva convocato il Consiglio di Stato il 28 settembre 1831, onde valutare la possibilità di una Revoca dell’abdicazione paterna; furono solo l’abilità adulatoria del d’Ormea e dei Consiglieri e l’invettiva dell’Arcivescovo contro Anna Carlotta che lo indussero ad ordinare infine l'arresto del Re Vittorio. I motivi del Marchese e dei Consiglieri li abbiamo già esaminati; quelli dell’Arcivescovo sono da ricercare nella vicenda del Concordato del 1727 stipulato fra Vittorio Amedeo e Benedetto XIII. Il nuovo papa Clemente XII reputava il concordato ignominioso e ingiusto nei confronti della Santa Sede, ma, da quel fine politico che era, capì subito che Vittorio Amedeo sarebbe stato irremovibile. Secondo l’abate Magnani, che svelò i documenti relativi dell’Archivio segreto Vaticano, ci fu una precisa volontà della Santa Sede di appoggiare Carlo Emanuele, confidando erroneamente nella sua immaturità e arrendevolezza. Si spiega così la ferocia dell’invettiva dell’Arcivescovo Gattinara dei confronti della Spigno.

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