Aureliano non poté muoversi. Non perché lo avesse paralizzato lo
stupore, ma perché in quell'istante prodigioso gli si rivelarono le
chiavi definitive di Melquìades, e vide l’epigrafe delle
pergamene perfettamente ordinata nel tempo e nello spazio degli
uomini: Il primo della stirpe è legato a un albero e l'ultimo se lo
stanno mangiando le formiche.
Aureliano non era mai stato così lucido in nessun atto della sua
vita come quando dimenticò i suoi morti e il dolore dei suoi morti, e
tornò a sbarrare le porte e le finestre con le crociere di
Fernanda per non lasciarsi turbare da alcuna tentazione del mondo,
perché allora sapeva che nelle pergamene di Melquíades era scritto il
suo destino. Le trovò intatte, tra le piante preistoriche
e le pozze fumanti e gli insetti luminosi che avevano bandito dalla
stanza ogni vestigio del passaggio degli uomini sulla terra, e non ebbe
la serenità di portarle alla luce, ma in quel
luogo stesso, in piedi, senza la minima difficoltà, come se fossero
state scritte in spagnolo sotto lo splendore accecante del mezzogiorno,
come a decifrarle a voce alta. Era la storia della
famiglia, scritta da Melquiades perfino nei suoi particolari più
triviali, con cent'anni di anticipo. L'aveva redatta in sanscrito, che
era la sua lingua materna, e aveva cifrato i versi pari con
la chiave privata dell'imperatore Augusto, e quelli dispari con
chiavi militari lacedemoni. La protezione finale, che Aureliano
cominciava a intravedere quando si era lasciato confondere
dall'amore di Amaranta Ursula, si basava sul fatto che Melquíades
non aveva ordinato i fatti nel tempo convenzionale degli uomini, ma che
aveva concentrato un secolo di episodi quotidiani, di
modo che tutti coesistessero in un istante. Affascinato dalla
scoperta, Aureliano lesse ad alta voce, senza salti, le encicliche
cantate che lo stesso Melquíades aveva fatto ascoltare ad Arcadio,
e che erano in realtà le predizioni della sua esecuzione, e trovò
annunziata la nascita della donna più bella del mondo che stava salendo
al cielo in corpo e anima, e conobbe l'origine di due
gemelli postumi che rinunciavano a decifrare le pergamene, non
soltanto per incapacità e incostanza, ma perché i loro tentativi erano
prematuri. A questo punto, impaziente di conoscere la propria
origine, Aureliano passò oltre. Allora cominciò il vento, tiepido,
incipiente, pieno di voci del passato, di mormorii di gerani antichi, di
sospiri di delusioni anteriori alle nostalgie più
tenaci. Non se ne accorse perché in quel momento stava scoprendo i
primi indizi del suo essere, in un nonno concupiscente che si lasciava
trascinare dalla frivolità attraverso un altipiano
allucinato, in cerca di una donna bella che non lo avrebbe fatto
felice. Aureliano lo riconobbe, incalzò i sentieri occulti della sua
discendenza, e trovò l'istante del suo stesso concepimento
tra gli scorpioni e le farfalle gialle di un bagno crepuscolare,
dove un avventizio saziava la sua lussuria con una donna che gli si dava
per ribellione.
Era cosí assorto, che non sentì nemmeno il secondo assalto del
vento, la cui potenza ciclonica strappò dai cardini le porte e le
finestre, svelse il tetto dell'ala orientale e sradicò le
fondamenta.
Soltanto allora scoprì che Amaranta Ursula non era sua sorella, ma
sua zia, e che Francis Drake aveva assaltato Riohacha soltanto perché
loro potessero cercarsi per i labirinti più intricati del
sangue, fino a generare l'animale mitologico che avrebbe posto
termine alla stirpe. Macondo era già un pauroso vortice di polvere e
macerie, centrifugato dalla collera dell'uragano biblico,
quando Aureliano saltò undici pagine per non perder tempo con fatti
fin troppo noti, e cominciò a decifrare l'istante che stava vivendo, e
lo decifrava a mano a mano che lo viveva, profetizzando
sé stesso nell'atto di decifrare l'ultima pagina delle pergamene,
come se si stesse vedendo in uno specchio parlante. Allora saltò oltre
per precorrere le predizioni e appurare la data e le
circostanze della sua morte. Tuttavia, prima di arrivare al verso
finale, aveva già compreso che non sarebbe mai più uscito da quella
stanza, perché era previsto che "la città degli specchi (o
degli specchietti) sarebbe stata spianata dal vento e bandita dalla
memoria degli uomini nell'istante in cui Aureliano Babilonia avesse
terminato di decifrare le pergamene, e che tutto quello che
vi era scritto era irripetibile da sempre e per sempre, perché le
stirpi condannate a cent'anni di solitudine non avevano una seconda
opportunità sulla terra
fonte web: http://www.culturaesvago.com/antologia-di-letteratura/
immagine:http://alklibri.com/img_full.php?id=172
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mercoledì 22 agosto 2012
#AntologiadiLetteratura #Gabriel Garcia Marquez - Cent'anni di solitudine
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