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venerdì 19 dicembre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 19 dicembre.

La sera del 19 dicembre 2016, poco dopo le 20, un tir Scania da 38 tonnellate ha travolto le persone che stavano visitando il mercatino natalizio di Breitscheidplatz, una piazza nella zona ovest di Berlino. Secondo la ricostruzione degli eventi, l’autista del camion ha investito i passanti di proposito, per ucciderli.

L’attacco è avvenuto nel quartiere di Charlottenburg, una zona frequentata da molti turisti. L’attentatore ha scelto un orario in cui sapeva che ci sarebbero state molte persone al mercatino. La dinamica ricorda quindi quella dell’attacco sul lungomare di Nizza del 14 luglio 2016.

L’attentato ha causato 12 morti e 56 feriti. Sette morti sono di nazionalità tedesca, gli altri di varie nazionalità europee. Tra le vittime c’è un’italiana di 31 anni, Fabrizia Di Lorenzo, la cui morte è stata confermata il 22 dicembre dal ministero degli esteri. La giovane lavorava per la 4 flow di Berlino, un’impresa di logistica. Quella sera era uscita per comperare i regali da portare a Sulmona, sua città natale, per le vicine festività.

Un polacco di 37 anni, Łukasz Urban, è stato trovato morto dentro il camion con ferite da taglio e da arma da fuoco. Urban era l’autista del tir, immatricolato in Polonia, e si trovava nella capitale tedesca per fare una consegna. Secondo gli inquirenti il veicolo è stato sequestrato e Urban ha cercato fino all’ultimo di fermare l’attentatore.

Poche ore dopo l’attentato, la polizia ha arrestato un uomo a due chilometri dalla strage, un richiedente asilo pachistano di 23 anni, che però è stato rilasciato poco dopo perché non c’erano prove del suo coinvolgimento.

In seguito gli inquirenti hanno identificato un altro sospettato, risultato in fuga e per il quale fu emesso un mandato di cattura in tutt’Europa. Si chiamava Anis Amri, 24 anni, nato in Tunisia e definito “armato e pericoloso”. La sua carta d’identità e le sue impronte digitali sono state trovate dentro il camion. La polizia ha diffuso il suo identikit e ha promesso centomila euro a chi avesse fornito informazioni utili ad arrestarlo.

Intorno alle 3:00 del mattino del 23 dicembre, Amri, appena giunto in Italia con un treno da Chambéry (Francia) - via Torino - alla stazione di Sesto San Giovanni è stato intercettato da una pattuglia della Polizia di Stato presso piazza Primo Maggio a seguito di un controllo di routine. Non appena i poliziotti gli hanno chiesto i documenti, il tunisino ha estratto dallo zaino una pistola calibro 22 (in seguito ritenuta la stessa arma usata a Berlino), sparando alla spalla di uno degli agenti. L'altro poliziotto inseguì il giovane sparando due colpi nella sua direzione: uno solo lo raggiunse, al costato. Nonostante l'intervento dei sanitari, il giovane attentatore spirò steso sull'asfalto. Dalle impronte digitali e dai tratti somatici, il giovane venne poi successivamente identificato senza ombra di dubbio in Anis Amri.

Si è poi scoperto che Amri poco prima dell'una di notte era passato davanti alla stazione Centrale di Milano, per recarsi in piazza Argentina; da lì, dopo aver chiesto informazioni a un giovane salvadoregno su come raggiungere Roma e Napoli, aveva preso l'autobus notturno sostitutivo della Linea M1 della metropolitana milanese, diretto a Sesto San Giovanni. Dalla Centrale di Milano era uscito, essendovi giunto, sempre in nottata, in treno da Torino, a sua volta raggiunta in treno in serata da Bardonecchia.

Si stima che nel suo percorso totale Amri abbia usato almeno quattordici nomi falsi e tre diverse nazionalità

Da gennaio era sotto osservazione da parte delle autorità perché potenzialmente capace di “gravi atti di violenza contro lo stato”. Anche le sue comunicazioni erano sotto controllo.

Nel 2011, secondo fonti investigative italiane, Anis Amri ha scontato quattro anni di carcere nel carcere Ucciardone di Palermo per aver appiccato un incendio in una scuola. Dopo aver scontato la condanna avrebbe dovuto essere espulso, ma la Tunisia non ha collaborato fornendo il riconoscimento ufficiale, e ad Anis Amri è stato semplicemente intimato di lasciare l’Italia.

Sarebbe arrivato in Germania nel giugno 2015, soggiornando prima nella Renania Settentrionale-Vestfalia e in seguito a Berlino. Anis Amri, secondo i giornali tedeschi, figurava in una lista delle 550 persone considerate pericolose dalle forze dell’ordine ed era sospettato di preparare un attentato. Citando una fonte vicina all’inchiesta, la Süddeutsche Zeitung ha scritto: “Ci sono molte persone pericolose nel paese, ma di pericolose come lui ce ne sono pochissime”.

A giugno Anis Amri aveva fatto richiesta d’asilo in Germania, ma la richiesta era stata respinta perché non aveva i documenti necessari. Amri, secondo la stampa tedesca, aveva legami con Ahmad Abdelaziz A., noto come Abu Walaa, un predicatore arrestato a novembre del 2016 per aver incitato i suoi seguaci ad andare in Siria per combattere a fianco del gruppo Stato islamico.


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