Buongiorno, oggi è il 18 gennaio.
Il 18 gennaio 1911 Eugene Ely atterra col suo aereo sul ponte dell'incrociatore Pennsylvania al porto di San Francisco. E' l'inizio della storia delle navi portaeree.
Negli Stati Uniti la prima nave da guerra ad imbarcare una “macchina volante” fu il cacciatorpediniere Bagley.
Le prime prove avvennero nell’estate del 1910 ma furono un fallimento.
In seguito si fecero due importanti esperimenti di decollo e di atterraggio.
Un aviatore civile, Eugene Ely, fece decollare, nel novembre 1910, un biplano da una piattaforma in legno imbarcata sull’incrociatore leggero Birmingham. Per l’esperimento di atterraggio invece fu impiegata una piattaforma in legno montata sull’incrociatore corazzato Pennsylvania. Veniva usato un rudimentale sistema di arresto composto da ventidue cavi sospesi trasversalmente sulla piattaforma e fermati all’estremità da sacchetti di sabbia.
Un episodio specifico, avvenuto del gennaio 1911, viene definito l’atto di nascita della portaerei. In particolare Ely, sempre con un biplano, atterrò sull’incrociatore ormeggiato nella baia di San Francisco. Il sistema d’arresto venne rimosso ed Ely decollò dallo stesso ponte.
Procedendo con gli studi venne sviluppata la catapulta.
Questo nuovo sistema permetteva un rapido decollo dell’aereo senza dover metterlo in mare, come si doveva fare al contrario per l’idrovolante. Furono fatti vari esperimenti per perfezionarla, che durarono alcuni anni. Nel luglio 1914 fu installata sulla Navy Coal Barge No 214.
Alla fine di ottobre del 1915 il dispositivo fu montato sull’incrociatore corazzato North Carolina ed a novembre iniziarono i primi lanci d’aereo da catapulta imbarcata su una nave da guerra.
Una curiosa sperimentazione fu fatta dalla U.S. Navy all’inizio del 1918. Il comandante Mustin era rimasto impressionato dalle prove degli inglesi su dei pontoni portaerei rimorchiati. Suggerì quindi l’uso di uno scafo, realizzato nel 1911 da Hickman, che potesse essere utilizzato come piattaforma di decollo. Il risultato fu la “slitta marina Hickman – Mustin”. Il primo mezzo di questo tipo, con un biplano Caproni a bordo, fu provato nel settembre 1918 a Boston.
Nel marzo 1919 un biplano decollò da una di queste slitte, ma il progetto non venne portato più avanti.
In Italia la storia della portaerei non è stata senza difficoltà.
Il primo idrovolante imbarcato fu quello sulla nave da battaglia Dante Alighieri. In via sperimentale vennero dotati di idrovolanti anche gli incrociatori corazzati Amalfi e San Marco.
In seguito alle esperienze fatte fu deciso di trasformare alcune unità in basi mobili per idrovolanti. Una di queste fu l’Elba, che era un incrociatore sottoposto a lavori di modifica. Poteva imbarcare 3 – 4 idrovolanti. L’aviorimessa era chiusa ai lati da teloni e poteva ospitare due aerei, mentre gli altri dovevano restare sulla piattaforma. Gli aerei venivano messi in mare e recuperati mediante due picchi di carico. L’Elba entrò in servizio nel giugno 1914 come nave appoggio idrovolanti.
Gli aerei però erano troppo pochi e non riuscivano a garantire un servizio continuato. Non era stato ricavato inoltre uno spazio sufficiente per allestire una adeguata officina.
Nel gennaio 1915 fu acquisito quindi il Quarto, che era una nave da carico, che poteva ospitare idrovolanti. A fine lavori venne ribattezzata Europa ed era in grado di imbarcare quattro idrovolanti di medie dimensioni.
Il 30 settembre 1920, con un Regio Decreto, venne istituita la forza aerea della Regia Marina. In essa veniva raggruppato tutto il personale addetto ai servizi aeronautici.
Iniziarono così gli studi indirizzati alla nave portaerei, che furono ben presto accantonati.
La prima portaidrovolanti italiana dotata di catapulte è stata una nave passeggeri: la Città di Messina. Venne impostata nel 1921 assieme alla nave gemella Città di Palermo.
Nel corso della costruzione la Città di Messina fu acquisita dalla Marina, fu chiamata Giuseppe Miraglia, e fu inquadrata come “nave portaerei”. Il Miraglia aveva due gru necessarie per il sollevamento degli aerei dall’acqua.
Il 24 gennaio 1923, con il Regio Decreto n. 62, venne istituito il commissariato per l’Aeronautica. La Marina sollevò subito delle perplessità riguardo al fatto di avere personale estraneo a bordo.
Vennero perciò chiariti, e suddivisi, i rapporti tra Marina ed Aeronautica. Fu così stabilito: “Detti Reparti, pur seguitando a far parte integrante della Regia Aeronautica, saranno per l’impiego, la disciplina e il servizio locale alla dipendenza dei superiori Comandi del R. Esercito, della R. Marina o Coloniali destinati ad impiegarli …”.
Sembrava che si potesse incominciare a pensare a questo nuovo tipo di nave, la portaerei.
La ristrettezza del bilancio e l’obsolescenza della flotta nuovamente fecero abbandonare ben presto l’idea.
La nostra Marina era fornita ancora di pochi velivoli, che erano assegnati all’aviazione navale ed erano tutti idrovolanti che quindi dovevano essere messi in mare con i picchi di carico. Queste operazioni inoltre erano penalizzanti perché si potevano fare solo se le condizioni lo consentivano. Lo stesso problema esisteva anche per il recupero a bordo.
Solo nel 1926 infatti vennero installate le prime catapulte sulle navi italiane.
Nel 1925, mentre il Miraglia si trovava in allestimento, per varie cause, tra cui le abbondanti piogge e la sfavorevole distribuzione dei pesi a bordo, la nave s’inclinò e affondò. L’incidente mostrò l’insufficiente stabilità laterale dell’unità.
In seguito all’incidente il Miraglia, pur essendo stato recuperato, entrò in servizio molto più tardi, solo nel novembre 1927, e fu impegnato a lungo in prove e collaudi.
Sull’incrociatore Ancona si eseguirono le prime esperienze di catapulte montate a bordo.
Una catapulta fissa a prora, fu installata anche sui quattro incrociatori leggeri del tipo “Condottieri” e per quattro incrociatori pesanti della classe “Zara” (inizi degli anni Trenta).
Tutti i successivi incrociatori furono dotati di catapulte.
Il 6 gennaio 1931 l’ordinamento della Regia Aeronautica pose limitazioni alla Regia Marina. Venne tolta la clausola che stabiliva che per gli aerei imbarcati sulle grandi navi sarebbe stato consentito l’impiego del personale della Regia Marina.
All’inizio del 1934 si iniziò a ripensare alla nave portaerei e finalmente nel maggio 1935 il primo piano organico quinquennale di sviluppo della flotta, che prevedeva la costruzione di 300.000 tonnellate di naviglio, comprendeva 3 portaerei, oltre ad altre numerose navi e 54 sommergibili.
Nel settembre si concretizzò l’idea di una nave portaerei (14.000 tonnellate, velocità di 38 nodi).
Venne proposto che durante la fase di studio ci fosse una collaborazione con due ufficiali dell’Aeronautica, per agevolare le valutazioni delle caratteristiche della nave e dei tipi di aerei da imbarcare. La risposta fu però negativa. Il principio sostenuto era che il progetto dovesse essere di totale competenza della Marina.
Lo studio della portaerei andò avanti, ma si presentarono ben presto dei problemi. Uno di questi era, ad esempio, la valutazione della lunghezza del ponte di volo. Per dare una risposta era necessario che alcuni aviatori facessero delle prove, per questo furono coinvolti due ingegneri civili (uno di questi era Caproni).
L’Italia si vide costretta a fare nuove valutazioni e la convinzione era che una portaerei con i suoi 20 – 30 aeroplani sarebbe costata 270 milioni e con questa cifra si sarebbero potute costruire basi aeree dotate di 100 velivoli.
Nel contempo, alla Conferenza Internazionale del Disarmo tenutasi a Ginevra, Stati Uniti e Gran Bretagna bloccarono in Francia e in Italia la costruzione fino al 31 dicembre 1936 (data di scadenza di un precedente trattato) di portaerei e di incrociatori da 10.000 tonnellate.
Il progetto della portaerei nuovamente si arenò.
L’ordinamento dell’Aeronautica, con la legge del 22 febbraio 1937, prevedeva che all’aviazione marittima fossero assegnati soltanto idrovolanti, dislocati in parte nelle basi costiere e in parte a bordo delle navi.
I compiti dell’aviazione imbarcata, esclusivamente fatta di idrovolanti, si limitavano all’esplorazione ravvicinata, con segnalazione dei movimenti del nemico durante l’azione, alla osservazione del tiro e alla scorta antisommergibili.
Nel 1938 nel nuovo piano di costruzioni navali la portaerei non era ancora presente.
Durante la Seconda Guerra Mondiale nuovamente si tornò all’idea della portaerei. Venne valutata l’opportunità di trasformare i transatlantici Roma e Augustus.
Nel gennaio 1941 si requisì il Roma per iniziare i lavori di adattamento. Superaereo (il comando superiore dell’Aeronautica) doveva però ancora costituire un reparto da imbarcare ed inoltre comunicò di non avere velivoli adatti all’imbarco su una nave portaerei.
I progetti vennero indirizzati pertanto verso un qualcosa da realizzare in fretta, qualcosa che fosse disponibile prima della fine del conflitto.
Serviva una nave “lancia-aerei” che avrebbe fatto decollare i velivoli. A fine missione questi avrebbero dovuto raggiungere gli aeroporti terrestri.
I lavori iniziarono nel luglio 1941 e il Roma fu ribattezzato Aquila.
Questa nave aveva un’isola, posta sul lato destro, che raggruppava il complesso di comando. Alcune sue caratteristiche: equipaggio 1.165 uomini e 243 aggiuntivi per il reparto volo; lunghezza ponte di volo m 211,6, larghezza m 25,2, altezza sul mare m 23,5 ; 4 aviorimesse dove erano poste le attrezzature per agganciare gli aerei al soffitto; 51 aerei imbarcati di cui 15 sospesi al soffitto, 26 stivati e 10 sul ponte. Si stabilì che gli aerei imbarcati sarebbero stati pilotati da personale dell’Aeronautica, agli ordini diretti di un loro ufficiale coadiutore del comandante della nave. Anche il personale tecnico per la manutenzione degli aerei doveva essere dell’Aeronautica.
Sulle navi Falco e Sparviero vennero sospesi i lavori, nell’aprile 1943, e non furono più ripresi.
Nel frattempo l’Aquila subì danni durante un bombardamento, mentre era ormeggiata in banchina.
Le prove in mare erano previste per settembre 1943. Nel giugno 1943 però lo Stato Maggiore dovette ordinare la sospensione dei vari lavori, perché la maggior parte dei lavoratori venne assegnata a costruzioni ritenute più urgenti.
Era allo studio, in questo periodo, la trasformazione dell’incrociatore pesante Bolzano in nave lancia-aerei. Non era previsto però l’appontaggio degli aerei, che avrebbero dovuto raggiungere una base a terra. La situazione economico militare purtroppo era pessima e anche questo progetto dovette essere abbandonato.
Il colpo finale all’idea, e ai progetti, della portaerei italiana ci fu con il trattato di pace del 10 febbraio 1947. Con esso venne vietato all’Italia il possesso di portaerei, sommergibili, motosiluranti e mezzi d’assalto.
Nell’aprile 1949, quando l’Italia entrò nell’Alleanza Atlantica, per fortuna le limitazioni stabilite dal trattato di pace si ammorbidirono un po’. Dagli Stati Uniti arrivarono gli aerei mono motore antisom e da ricognizione. L’anno successivo alcuni piloti della Marina vennero inviati presso le scuole di volo negli Stati Uniti.
L’aviazione ad ala fissa però doveva essere gestita dall’Aeronautica, che aveva anche creato dei reparti. Per questo motivo la Marina Militare si indirizzò allora verso i mezzi ad ala rotante. Nel 1956 nacque il 1° Gruppo Elicotteri, con sede ad Augusta.
Nel dicembre 1957 fu costituita l’aviazione per la Marina.
Nel 1961 entrò in servizio la fregata “Luigi Rizzo”, classe “Bergamini”, la prima con ponte di volo. Il 15 dicembre dello stesso anno fu attivata la linea di volo con AB 47 J3, primo elicottero imbarcato della Marina Militare.
Dopo le fregate di questa classe, tutte le unità maggiori imbarcarono elicotteri.
In ambito NATO la Marina italiana aveva una serie di importanti mansioni (difesa del traffico marittimo, protezione delle coste e delle aree di pesca, attività al di fuori delle acque del Mediterraneo, attività addestrativa), pertanto venne effettuato uno stanziamento straordinario per il rinnovamento della flotta nel periodo 1975 – 1984.
Fu così che venne programmata anche la costruzione dell’incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi.
Con questi fondi straordinari, oltre che con quelli ordinari, furono ordinate altre navi tra cui una idrografica e numerose unità d’impiego locale (rimorchiatori e piccole unità portuali).
Il progetto dell’incrociatore tuttoponte Garibaldi, impostato il 20 febbraio 1978, in grado di ospitare sia gli elicotteri, sia eventuali aerei a decollo corto o verticale, riacutizzò la polemica con l’Aeronautica.
Solo la legge del 1° febbraio 1989, n. 36, autorizzò la Marina ad avere e gestire proprio velivoli da combattimento ad ala fissa. Per questo si poterono ordinare gli Harrier II, che entrarono in servizio sul Garibaldi.
Il Giuseppe Garibaldi, costruito nel cantiere della Fincantieri di Monfalcone, è entrato in servizio il 30 settembre 1985.
Ha un dislocamento a pieno carico di 13.850 tonnellate, velocità massima 30 nodi; lunghezza m 180,2 e lunghezza ponte di volo m 173,8; larghezza m 23,4 al galleggiamento e m 30,4 al ponte di volo; immersione m 6,7. La linea di volo è composta da 12 - 18 aerei.
Per anni rimase la prima ed unica nostra portaerei.
Negli anni più recenti, il 17 luglio 2001, venne impostata la portaerei Cavour, che garantisce la possibilità di alternarsi con il Garibaldi in qualsiasi missione.
Questa seconda portaerei venne impostata presso la Fincantieri di Riva Trigoso ed è stata varata il 20 luglio 2004. Il suo dislocamento è di 27.100 tonnellate; lunghezza 244 m; larghezza m 29,10 al galleggiamento e m 39 al ponte di volo; immersione m 8,70 ; velocità massima 28 nodi.
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