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lunedì 6 dicembre 2021

#Almanaccouotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 6 dicembre.
Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 un incendio nella Thyssenkrupp di Torino provoca la morte di 7 operai.
Poco dopo l’una di notte, sulla linea 5 dell’acciaieria di Torino, sette operai vengono investiti da una fuoriuscita di olio bollente, che prende fuoco. I colleghi chiamano i vigili del fuoco, all’1.15 arrivano le ambulanze del 118, i feriti vengono trasferiti in ospedale. Alle 4 del mattino muore il primo operaio, si chiama Antonio Schiavone. Nei giorni che seguiranno, dal 7 al 30 dicembre 2007, moriranno le altre sei persone ferite in modo gravissimo dall’olio bollente: si chiamavano Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo e Bruno Santino. Degli operai coinvolti nell’incidente, l’unico superstite e testimone oculare si chiama Antonio Boccuzzi: lavora nella Thyssen da 13 anni, è un sindacalista della UILM, il suo ruolo sarà centrale nella denuncia delle colpe dell’azienda.
I sindacati denunciano immediatamente l’inadeguatezza delle misure di sicurezza nello stabilimento. Le testimonianze di Boccuzzi e degli altri operai accorsi sul posto dell’incidente parlano di estintori scarichi, telefoni isolati, idranti malfunzionanti, assenza di personale specializzato. Non solo: alcuni degli operai coinvolti nell’incidente lavoravano ininterrottamente da dodici ore, avendo accumulato quattro ore di straordinario. Lo stabilimento Thyssen di Torino era in via di dismissione: emerge che da tempo l’azienda non investiva adeguatamente nelle misure di sicurezza, nei corsi di formazione.
La ThyssenKrupp nega di avere alcuna responsabilità e mostra fin dal primo momento un atteggiamento piuttosto ostile alla magistratura e all’opinione pubblica, scossa dalla gravità dell’incidente. Accusa gli operai morti di avere provocato l’incidente con delle loro distrazioni e addirittura con “colpe”, poi si corregge e parla di “errori dovuti a circostanze sfavorevoli”. Nel corso delle indagini, la Guardia di Finanza sequestra ad Harald Hespenhahn, amministratore delegato, un documento riservato in cui si legge che Antonio Boccuzzi – che intanto continua a raccontare quanto ha visto sui giornali e in tv – “va fermato con azioni legali”. Il documento critica pesantemente il pm di Torino, Raffaele Guariniello, e l’allora ministro del Lavoro Cesare Damiano, sul quale non poter fare affidamento perché schierato dalla parte dei lavoratori.
Le indagini si chiudono in un tempo relativamente breve, la procura chiede il rinvio a giudizio per sei dirigenti dell’azienda tedesca e il giudice dell’udienza preliminare accoglie le tesi dell’accusa: il presunto reato è omicidio volontario con dolo eventuale e incendio doloso. Incendio doloso e omicidio colposo con colpa cosciente per gli altri imputati, dirigenti dello stabilimento di Torino. Questo perché, si leggeva nel dispositivo, “pur rappresentandosi la concreta possibilità del verificarsi di infortuni anche mortali, in quanto a conoscenza di più fatti e documenti” e “accettando il rischio del verificarsi di infortuni anche mortali sulla linea 5″, i dirigenti avrebbero “cagionato” la morte dei sette operai omettendo “di adottare misure tecniche, organizzative, procedurali, di prevenzione e protezione contro gli incendi”. Si va a processo a gennaio del 2009. Durante le udienze emergono altri particolari del funzionamento dello stabilimento. Un operaio racconta che la fabbrica veniva pulita solo in corrispondenza alle visite della ASL. Un altro operaio racconta che l’impianto si fermava solo in caso di problemi alla produzione, se no si interveniva con la linea in movimento. Altri testimoni raccontano che gli incendi sulla linea 5 erano molto frequenti ma gli operai venivano invitati a usare il meno possibile il pulsante di allarme.
Il primo luglio del 2008 la ThyssenKrupp ha versato quasi 13 milioni di euro alle famiglie dei sette operai uccisi, e queste si sono impegnate a non costituirsi parte civile. Il 15 aprile 2011 la sentenza di primo grado della seconda corte d’assise di Torino:  l’amministratore delegato della ThyssenKrupp, Harald Espenhahn, accusato di omicidio volontario, è stato condannato a 16 anni e mezzo di reclusione. Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza, Giuseppe Salerno, responsabile dello stabilimento di Torino, Gerald Priegnitz e Marco Pucci, membri del comitato esecutivo dell’azienda, sono stati condannati a 13 anni e 6 mesi per omicidio e incendio colposi (con colpa cosciente) e omissione delle cautele antinfortunistiche. Daniele Moroni, membro del comitato esecutivo dell’azienda, è stato condannato a 10 anni e 10 mesi.


Il 28 febbraio 2013 la Corte d'assise d'appello modifica il giudizio di primo grado, non riconoscendo l'omicidio volontario, ma l'omicidio colposo, riducendo anche le pene ai manager dell'azienda: 10 anni a Herald Espenhahn, 7 anni per Gerald Priegnitz e Marco Pucci, 8 anni per Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri, 9 per Daniele Moroni.
Nella notte del 24 aprile 2014 la Suprema Corte di Cassazione ha confermato le colpe dei sei imputati e dell'azienda, ma ha ordinato un nuovo processo d'appello per ridefinire le pene. Queste non potranno aumentare rispetto quelle definite nel 2013.
La Corte d'Appello di Torino ha così ridefinito le pene il 29 maggio 2015: 9 anni ed 8 mesi a Espennahn, 7 anni e 6 mesi a Moroni, 7 anni e 2 mesi a Salerno, 6 anni e 8 mesi a Cafueri, 6 anni e 3 mesi a Pucci e Priegnitz.
Il 13 maggio 2016 la Cassazione ha confermato tutte le condanne ridefinite in Appello, non accogliendo le richieste del sostituto Procuratore Generale, Paola Filippi, la quale aveva chiesto di annullare la sentenza del 9 maggio 2015 per rimandare il procedimento in corte d'assise.
Oggi lo stabilimento di Torino della ThyssenKrupp non esiste più. È stato chiuso nel marzo del 2008 con un accordo tra la ThyssenKrupp, i sindacati, le istituzioni locali e i ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico, in anticipo sulla data prevista.

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