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venerdì 12 novembre 2021

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 12 novembre.
Il 12 novembre 2011 Silvio Berlusconi sale al Quirinale e rassegna le proprie dimissioni da capo del governo.
In una giornata tesissima, dopo l'approvazione della legge di stabilità alla camera, il presidente del Consiglio è salito al Colle intorno alle 21, tra le grida della folla che urlava "buffone", "in galera" e lanciava monetine, per rimettere il mandato nelle mani del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, aprendo così formalmente la crisi di governo.
È la fine del quarto governo Berlusconi, di un'era e di una stagione politica durata quasi 20 anni. E l'inizio, per molti, della Terza Repubblica.
La conferma ufficiale delle dimissioni è stata accolta in piazza del Quirinale da fischi e urla di gioia. Un lungo applauso, tricolori sventolanti, bottiglie stappate. Intanto, il premier dimissionario lasciava il Colle da un'uscita secondaria per fare rientro nella sua residenza privata, a Palazzo Grazioli. Già dal giorno successivo sono iniziate le consultazioni del presidente della Repubblica, atto preparatorio per la formazione di un nuovo governo.
Le dimissioni di Berlusconi sono arrivate al termine di dodici ore dense di appuntamenti, scandite da attese e incontri. Con il via libera definitivo della Camera, in seconda lettura e senza modifiche, al ddl di stabilità già licenziato dal Senato - 380 sì, 26 contrari e due astenuti - i provvedimenti in adempimento agli impegni Ue del governo Berlusconi sono stati recepiti nella nuova legge di stabilità. Si è compiuto così l'ultimo atto parlamentare del governo Berlusconi prima delle dimissioni, decise il martedì precedente, il 7, al Quirinale dal presidente del Consiglio dopo il voto della Camera sul rendiconto generale, su cui la maggioranza a Montecitorio si è fermata a 308.
Dopo il sì alla legge di stabilità, è arrivato quello al ddl di bilancio e alla nota di variazione, con 379 voti a favore, 26 contrari e 2 astensioni. Oltre a Lega e Pdl, i sì sono arrivati dall'opposizione del Terzo polo, i no da Italia dei valori, mentre il Pd non ha partecipato al voto.
La seduta alla Camera è stata segnata da un clima rovente all'interno e dalle contestazioni della folla, fuori da Montecitorio e in Piazza Colonna: centinaia di persone hanno esposto cartelli di protesta, urlando "dimissioni", "vergogna" e "buffone" al premier. Stessa scena davanti al Quirinale, all'arrivo del Cavaliere per l'atto formale delle dimissioni. In aula, invece, Berlusconi ha incassato applausi dai deputati del Pdl. Freddi, invece, i deputati leghisti, rimasti immobili al loro posto.
Momenti concitati si sono avuti durante le dichiarazioni di voto: il capogruppo del Pd Dario Franceschini ha parlato della fine di un'era, di cui Berlusconi è stato spartiacque e della necessità di ricostruire sulle macerie. "Tutti noi singoli deputati siamo chiamati a questo percorso di ricostruzione", ha detto. Mentre il suo intervento veniva applaudito dai banchi del centrosinistra, dai settori della Lega sono partite le urla di deputati che chiedevano "elezioni, elezioni".
Situazione analoga, al contrario, quando ha preso la parola Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl: stavolta è stato il Pd a scandire, urlando, "dimissioni, dimissioni". Contestato al suo arrivo a Montecitorio il deputato di Popolo e Territorio Domenico Scilipoti, che in Aula ha parlato di "colpo di Stato"; accuse di tradimento e urla di scherno incassate dallo "scontento" Roberto Antonione, entrato nella componente 'Costituente Popolare Liberale-Pli', all'interno del Gruppo Misto, che ha replicato: "Noi rispondiamo solo alla nostra coscienza".
In piazza, le contestazioni sono continuate anche durante il Consiglio dei ministri, l'ultimo presieduto da Silvio Berlusconi, in cui il premier ha salutato i colleghi di governo, ringraziandoli per il lavoro svolto insieme, e ha confermato l'intenzione di salire dimissionario al Colle. "Berlusconi, vai a casa, fuori la mafia dallo Stato", queste le grida della folla. Attimi di tensione anche all'arrivo di militanti di Forza Nuova: in molti gli hanno urlato contro, cantando "Bella ciao".
 E' stata una lunga giornata anche per il neo senatore Mario Monti, premier in pectore, che ha avuto un lungo colloquio - due ore - a Palazzo Chigi con Silvio Berlusconi, per fare il punto su programma e lista dei ministri. Il professore ha confermato a Berlusconi la volontà di formare una squadra di soli tecnici. Alla fine, il Cavaliere ha detto sì all'ex Commissario Ue, ma a patto di vedere confermata nel nuovo esecutivo la presenza dell'attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Un nodo che per ore ha agitato il mondo politico, con i netti no di Pd e Idv, e il finale passo indietro  annunciato dallo stesso sottosegretario.
In mattinata Mario Monti ha avuto un colloquio a palazzo Giustiniani anche con l'allora segretario e vicesegretario del Pd Pierluigi Bersani ed Enrico Letta, ed ha visto per un'ora Mario Draghi, presidente della Bce.
In una giornata di fuoco, da Napolitano è giunta una nuova sollecitazione alla coesione: "Occorre che tutte le forze politiche sappiano agire con senso di responsabilità e formulare proposte in grado di conciliare il rigore imposto dalla necessità di ridurre il debito pubblico e di promuovere la crescita con l'esigenza di distribuire egualmente i sacrifici tutelando i ceti in maggiore difficoltà", ha sottolineato il capo dello Stato.
Dopo il colloquio con Monti, Berlusconi ha nuovamente invitato il Carroccio a sostenere l'esecutivo del professore ricevendo ancora una volta un no da Umberto Bossi. Che, all'uscita da Montecitorio, ha ribadito che con un esecutivo Monti, la Lega andrà all'opposizione: "Come si fa a sostenere un governo che farà portare via tutto, che privatizzerà le municipalizzate?", ha confermato il leader leghista. 

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