Cerca nel web

sabato 2 novembre 2019

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 2 novembre.
Il 2 novembre 2004 ad Amsterdam viene ucciso Theo Van Gogh, nipote del celebre pittore.
Un evento che tutti ricordano bene in Olanda. Per il livello elevato di efferatezza: vedere in pieno giorno, nel rush hour e per giunta su una trafficatissima via ciclabile del quadrante est della città un uomo prima freddato con otto colpi, poi sgozzato, quindi colpito al cuore non è cosa comune ad Amsterdam. E forse non lo è da nessuna parte.
Ma nessuno dimenticherà quel 2 novembre anche per la fortissima carica simbolica che quella vicenda si portava dietro: quell’omicidio è stato molto più di un efferato caso di cronaca nera. Il regista Theo van Gogh era un personaggio particolare che incarnava molto bene una delle culture dominanti e più radicata nel paese dei tulipani, una versione riveduta, corretta e conservatrice della tradizione degli artisti-provocatori che avevano scosso la nazione negli anni ’60.
Con un cognome ingombrante come la sua stazza fisica, Theo van Gogh si era ritagliato quel ruolo di artista-film maker eccentrico, fastidioso ed irritante, fuori dagli schemi e dalle righe: un po’ Carmelo Bene (d’Olanda) un po’ Vittorio Sgarbi, con una passione viscerale per le apparizioni televisive, per il turpiloquio e per la provocazione a tutti i costi. Per ragioni diverse, tra i suoi detrattori ed i supporter, si era costruito un vero e proprio esercito di seguaci che lo seguivano dalle pagine del suo sito, il “Gezonde roker” (il fumatore sano) dove se la prendeva con tutto e con tutti.
Ed il livello di fastidio che hanno provocato molte sue stomachevoli sparate, sono ancora oggetto di discussione pubblica: dalla poco elegante battuta sui musulmani, che sosteneva praticassero abitualmente sesso con animali “ad un’orripilante gag televisiva sulle camere a gas, dove commentò l’odore caramelloso che emanerebbe un diabetico bruciato nei forni, il gusto del grandguignolesco e per lo scandalo erano il suo marchio di fabbrica. Riteneva che l’islamofobia e l’antisemitismo, insieme al sessismo ed al razzismo, tanto per non fare torto a nessuno, non fossero sparate blasfeme oppure offensive ma semplicemente libertà d’espressione.
Se Van Gogh fosse un genio visionario che sfotteva vizi e virtù dell’occidente o uno sciatto ed egocentrico sciacallo con la lingua troppo lunga è questione ancora aperta; fatto sta che quel 2 novembre l’esecuzione quasi rituale (gli spari, lo sgozzamento e infine la pugnalata al cuore) del simbolo di una certa Olanda bianca, cadeva per mano del simbolo di un’altra Olanda, quella alloctona delle seconde e terze generazioni di immigrati che non erano riusciti ad integrarsi.
Se Pym Fortuin era stato giustiziato da un olandese, Theo Van Gogh è stato freddato da un ‘corpo estraneo’ ai Paesi Bassi, Mohammed Bouyeri uno dei tanti figli di immigrati cresciuti senza cultura e senza opportunità che popolano gli anonimi quartieri della periferia sud-ovest di Amsterdam. Quell’esecuzione senza un perché (la motivazione sarebbe stata l’offesa arrecata all’islam dal cortometraggio islamofobo di Van Gogh “Submission”) è stato un po' l’11 settembre olandese, il trampolino di lancio per la carriera politica di Geert Wilders e forse la fine di una certa idea di Olanda. Che da allora, nonostante la comunità musulmana nel paese sia consistente e in maggioranza ben integrata, si è ritrovata più intollerante e meno impermeabile a razzismi e populismi.

Nessun commento:

Posta un commento

Cerca nel blog

Archivio blog