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domenica 17 novembre 2019

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 17 novembre.
Il 17 novembre 1989 inizia in Cecoslovacchia la cosiddetta "Velvet revolution".
È impossibile tenere il conto di tutti quegli eventi storici che sono passati sotto il nome di ‘rivoluzione’. Termine traslato dal linguaggio astronomico, con rivoluzione si intende qualsiasi evento il cui accadimento ha irreversibilmente cambiato l’esistenza di un gruppo più o meno ampio di persone: da una popolazione di una regione all’intera umanità. Benché utilizzato per indicare sconvolgimenti perlopiù politici, viene utilizzato anche per fenomeni di tipo tecnologico (la rivoluzione telematica o industriale, con gli effetti sociali a strascico), sociale (la cosiddetta rivoluzione sessuale) o culturale (come fu, in parte, anche quella francese).
La Rivoluzione per eccellenza è proprio quest’ultima e non è un caso: l’intera Europa fu letteralmente sconvolta per un ventennio e influenzata per sempre dagli eventi che ebbero luogo a Parigi dal 1789 in poi. Ma non fu l’unica rivoluzione che ebbe luogo sul continente europeo. Furono molte e, a un certo punto, bisognò trovare altri nomi, anche per meglio caratterizzarli in ambito storiografico. Si pensi alla rivoluzione dei garofani, che ebbe luogo in Portogallo nel 1974, per porre fine alla dittatura di Salazar. Venne chiamato così per il gesto di una fioraia che, in piazza, donò ai militari dei garofani, che vennero posti nella canna del fucile.
Ma oggi è l’anniversario di un’altra rivoluzione: quella di velluto. Avvenuta nell’allora Cecoslovacchia, portò alla definitiva caduta del regime comunista a Praga e Bratislava, a pochissimi giorni dal Crollo del Muro di Berlino. Il suo nome è legato alla band statunitense dei Velvet Underground (velvet significa ‘velluto’ in inglese), molto ascoltata nelle manifestazioni dell’epoca. Nata come una manifestazione studentesca, conobbe un’inaspettata e clamorosa adesione da parte della popolazione: il 20 novembre del 1989, a quattro giorni dall’inizio delle proteste, la folla di Praga passò dall’essere composta da qualche migliaio di persone a mezzo milione di manifestanti. L’Urss, mai così debole, non poté far altro che cercare di guidare il cambiamento. Inutilmente: come indicava il tintinnio di chiavi dei manifestanti in piazza, era ora per i sovietici di ‘tornare a casa’.
Il 24 novembre si dimise l’intera nomenclatura comunista incluso il segretario generale Miloš Jakeš. Il 28 novembre venne emendata la Costituzione nelle parti che dava al Partito Comunista Cecoslovacco il monopolio assoluto del potere. Pochi giorni dopo vennero rimosse le barriere di filo spinato ai confini con Austria e Germania. Il 10 dicembre il presidente della Cecoslovacchia, il comunista Gustáv Husák, nominò il primo governo a maggioranza non comunista dal 1948, e si dimise. Alexander Dubček fu eletto presidente del Parlamento federale il 28 dicembre e Vaclav Havel presidente della Cecoslovacchia il 29 dicembre 1989. Nel giugno 1990 si tennero in Cecoslovacchia le prime elezioni democratiche dal 1946.

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