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sabato 13 giugno 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 13 giugno.
Il 13 giugno si celebra Sant'Antonio da Padova, nel ricordo della sua morte avvenuta il 13 giugno 1231.
Sant'Antonio è uno dei santi più popolari ed amati nel mondo, forse per il gran numero di miracoli che gli si attribuiscono, per le leggende fiorite intorno a lui, ma probabilmente proprio per il carisma che, lui vivente, si diffondeva alle persone che lo incontravano. Dalla Chiesa, sant'Antonio viene considerato come un eccezionale teologo, gran predicatore, guida dei cristiani e taumaturgo.
Della sua vita non si hanno che notizie piuttosto incerte, molte derivanti da agiografie successive, che man mano si arricchivano di particolari; di sicuro si sa che sant'Antonio, il cui vero nome era Fernando di Buglione, nacque a Lisbona da nobile famiglia portoghese discendente dal crociato Goffredo di Buglione, attorno all'anno 1190-1195 e che i genitori gli fecero impartire un'educazione umanistica - a quel tempo riservata a poche persone - nutrendo su di lui ambiziosi progetti. Ma Fernando ben presto decise di dedicarsi a Dio, entrando a 15 anni nell'Ordine dei Canonici Regolari di sant'Agostino, in un convento poco fuori la sua città natale, dove rimase per due anni, ampliando la sua già notevole cultura.
Si trasferì successivamente a Coimbra dove pensava di poter restare isolato dal mondo esterno, poichè egli aveva bisogno di raccoglimento, e dove sperava di approfondire gli studi di Teologia; ma l'ambiente di quel luogo, pervaso di mondanità e di potere, non faceva per lui che, aiutato da una straordinaria memoria, si diede anima e corpo alle scienze umane e teologiche. A Coimbra, probabilmente, venne ordinato sacerdote, intorno ai 25 anni ma, successivamente, decise di lasciare l'Ordine degli Agostiniani, per entrare in quello dei Francescani, più consono alle sue esigenze spirituali, colpito soprattutto dalla semplicità e dalla serenità di quei frati che spesso bussavano al suo convento per chiedere un pò di pane. Da loro si informò sulla Regola e sulla figura di san Francesco e a loro si unì con la promessa di potersi recare tra i saraceni, che in quel tempo perseguitavano i cristiani e che avevano messo a morte parecchi frati francescani, ottenendo il consenso dopo molte difficoltà. Rivestito del saio francescano, cambiò anche il nome in quello di Antonio, stabilendosi nella piccola comunità di frati che, rispettando il loro impegno, lo lasciarono partire per il Marocco. Una provvidenziale malattia lo costrinse a rientrare subito in patria ma, come si sa, "le vie del Signore sono infinite" e mentre la nave rientrava in Portogallo, una tempesta la dirottò verso la Sicilia dove sant'Antonio, ospitato dai confratelli di Messina, recuperò le forze. Intanto ad Assisi stava per svolgersi il Capitolo generale dei frati minori (1221), presieduto da san Francesco, a cui tutti i frati erano invitati. Anche Antonio si incamminò verso la cittadina umbra dove potè vedere ed udire il gran Santo, sia pur senza conoscerlo, convincendosi sempre più della bontà della scelta di vita intrapresa.
Successivamente si recò all'eremo di Montepaolo in Romagna dove Antonio celebrava la Messa, partecipava alle preghiere comuni e alla povera vita conventuale, senza mai lasciar intendere la sua enorme cultura, fino a quando, nel 1222, mentre si trovava a Forlì per un'ordinazione, non essendo presente alcun altro, dal Superiore gli venne richiesto di prendere la parola. Fu così che le sue doti si rivelarono in pieno e gli venne affidato dunque l'incarico di predicare nelle piazze e nelle chiese, percorrendo l'Italia e la Francia, a partire dalla Romagna, sempre a contatto con il popolo a cui si proponeva non solo come predicatore, ma come confessore, insegnante, cercando di riportare sulla retta via gli eretici (venne chiamato anche il martello degli eretici), molto diffusi a quel tempo, in particolar modo i catari.
Qui sono ambientati molti dei prodigi che gli vengono attribuiti, come quello della predica ai pesci, accorsi numerosi ad ascoltare la sua parola, mentre era stato respinto e schernito dagli eretici.
Nel 1223-24, San Francesco, pur mancando di profonda istruzione e non volendo sprecar tempo per lo studio a discapito della preghiera, sentiva però che era necessario un corso di studi regolari anche per il suo Ordine e, riconoscendo la profonda cultura di sant'Antonio, lo incaricò di aprire una scuola di Teologia (Studium francescanum) che ebbe tra i Frati Minori esponenti di spicco quali san Bonaventura e Duns Scoto.
Verso la fine del 1224, sant'Antonio venne inviato in Francia per tentare di arginare l'eresia degli Albigesi; fu predicatore e maestro di teologia a Montpellier, importante centro universitario, baluardo dell'ortodossia cattolica, a Limoges assunse un incarico di governo come custode e infine fu ad Arles per il capitolo Provinciale dela Provenza dove, mentre Antonio teneva un sermone, apparve in bilocazione san Francesco che aveva appena ricevuto le stigmate, che li benedisse tutti; insegnò a Tolosa dove è ambientato un altro miracolo a lui attribuito: quello del mulo che adorò l'Eucarestia.
Nel 1227 ritornò in Italia, di nuovo a capo della provincia di Romagna; da lì, visitava periodicamente tutti i suoi conventi che diventavano sempre più numerosi e, su incarico di papa Gregorio IX - che lo definì "Arca del Testamento" - nel 1228 predicherà nella settimana di Quaresima. Spesso i suoi sermoni erano dedicati a Maria, della cui Assunzione era un convinto assertore. Sembra che le prediche furono tenute davanti ad una folla di varia provenienza e che ognuno lo sentisse parlare nella propria lingua. Viaggerà ancora senza risparmiarsi, pur con grande stanchezza e varie malattie che lo tormentavano (soffriva d'asma e di idropisia), stabilendosi poi finalmente nel convento di Padova, città ricca di commerci e industrie e molto popolosa. A questo popolo, si dedicherà sant'Antonio con tutto se stesso, mettendo da parte una sua opera dottrinale, i Sermones, in cui risaltavano i suoi temi preferiti: i precetti della fede, della morale e della virtù, l'amore di Dio e la pietà verso i poveri, la preghiera e l'umiltà, la mortificazione, scagliandosi contro l'orgoglio e la lussuria, l'avarizia e l'usura di cui era acerrimo nemico. Ma quest'opera resterà incompiuta perchè si dedicherà senza risparmio, danneggiando anche la sua già precaria salute, alla predicazione al popolo, lasciando anche il suo incarico di Provinciale. Intorno a lui si raccoglievano folle mai viste che nessuna chiesa o piazza potevano contenere, per cui ci si spostava in aperta campagna dove il santo predicava e confessava senza sosta.
Si ricordano, in questo periodo, due suoi interventi a favore dei cittadini: la riforma del Codice statutario repubblicano grazie alla quale un debitore insolvente ma senza colpa, dopo aver ceduto tutti i beni non poteva più essere anche incarcerato e tenne testa ad Ezzelino da Romano, soprannominato il Feroce, perchè in un solo giorno aveva fatto massacrare undicimila padovani che gli erano ostili, affinchè liberasse i capi guelfi incarcerati.
Nel 1231, a primavera inoltrata, Antonio decise di spostarsi in campagna, per non distogliere i contadini dal loro lavoro e per prendersi un po' di riposo dopo il duro impegno degli anni precedenti, trasferendosi a Camposampiero, accompagnato da due frati, Luca Belludi e fra Ruggero, ospite del conte Tiso che gli approntò una piccola cella su di un grande albero, dove avrebbe potuto pregare in pace; ben presto però la notizia si diffuse e gruppi sempre più numerosi di fedeli si radunarono sotto il noce per vedere e ascoltare Antonio. Durante questo soggiorno una tradizione locale pone la Visione di Gesù Bambino, che altre testimonianze collocano in Francia. Il fenomeno potrebbe anche essersi ripetuto, viste le particolari doti del Santo.
Si racconta che una sera Tiso, mentre si recava nella stanza del Santo, vide sprigionarsi dall'uscio socchiuso un intenso chiarore e, pensando che si trattasse di un incendio, spalancò la porta, ma si trovò dinanzi ad una scena inattesa: Antonio stringeva tra le braccia Gesù Bambino. Scomparsa la visione, il Santo si accorse della presenza del conte e lo pregò di non farne parola con nessuno. Solo dopo la morte di Antonio, infatti, egli diffuse notizia di quello di cui era stato spettatore.
L'unica data certa della vita del Santo è proprio quella della sua morte, avvenuta il 13 giugno 1231. Verso mezzogiorno Antonio fu colpito da un collasso e i confratelli accortisi della gravità della situazione, come da suo desiderio, si accinsero a riportarlo al convento di Santa Mater Domini, adagiandolo su un carro trainato da buoi e si incamminarono verso Padova, ma alla periferia della città le sue condizioni si aggravarono talmente che essi decisero di ricoverarlo nel vicino monastero di Santa Maria de Cella (Arcella), dove viveva una comunità di Clarisse. Antonio venne adagiato in una cella e pregò insieme agli altri frati fino all'ultimo, cantando con un filo di voce un inno alla Vergine, rimanendo poi assorto in contemplazione. Morì a 36 anni non compiuti. Erano circa le cinque del pomeriggio. Si racconta che mentre stava per spirare ebbe la visione del Signore e che al momento della sua morte, nella città di Padova, frotte di bambini presero a correre e a gridare che il Santo era morto.
Subito dopo, il suo corpo venne conteso tra il convento dove era spirato e quello di Santa Maria, e si ebbero delle vere e proprie sommosse popolari, ma alla fine si giunse a un accordo e la salma fu trasportata nella chiesa di Padova. L'arca che conteneva le spoglie di Antonio fu collocata su colonne attraverso cui passavano le folle dei devoti che da ogni dove andavano a rendergli omaggio e che in tal modo si ponevano simbolicamente sotto la sua protezione. Dopo la sua deposizione si produssero molti miracoli, alcuni documentati da testimoni. Anche in vita Antonio aveva operato decine e decine di miracoli quali esorcismi, profezie, guarigioni, compreso il riattaccare una gamba recisa o un piede, rendendo innocui cibi avvelenati, mostrandosi in vari posti contemporaneamente, qualche volta anche con Gesù Bambino in braccio.
La sua vita, la sua predicazione e i suoi miracoli fecero sì che Antonio venisse subito canonizzato, dopo solo un anno dalla morte, il 30 maggio 1232, da Papa Gregorio IX e il suo corpo venne deposto, nel 1263, in una nuova e più ampia chiesa - che sorge vicino al convento di Santa Maria Mater Domini - che fosse in grado di accogliere le schiere di pellegrini devoti al Santo. In quest'occasione, venne aperto il sarcofago in cui si scoprì che la sua lingua era rimasta intatta e S. Bonaventura da Bagnoregio, che era presente, la mostrò alla folla con commozione, esclamando"O lingua benedetta, che sempre hai benedetto il Signore e lo hai fatto benedire dagli altri, ora è a tutti noto quanto merito hai acquistato presso Dio". Assieme alla lingua, anche il mento e un dito del Santo vennero posti in vari reliquiari, conservati nella Cappella del tesoro presso la Basilica, mentre il corpo fu posto in una nuova cassa, sigillato e deposto nell'arca. Una seconda ricognizione, attuata nel 1981, ha dato modo di constatare che i sigilli apposti da S. Bonaventura nel 1263 erano ancora intatti.
Nel 1946 Pio XII ha proclamato sant'Antonio, Dottore della Chiesa.

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