Buongiorno, oggi è il 21 giugno, solstizio d'estate, giorno più lungo dell'anno.
Il 21 giugno 1963 Giovanni Battista Montini saliva al soglio pontificio con il nome di Paolo VI.
Papa Montini apparteneva ad una cospicua famiglia borghese di forti tradizioni cattoliche; era figlio di Giorgio Montini, deputato del Partito Popolare per tre legislature. Compiuti gli studi preso il collegio Arici, entrò nel seminario di Brescia dove fu ordinato sacerdote il 29 maggio 1920.
Divenne quasi subito, nel 1924, uomo di Curia con la nomina di aiutante dentro la Segreteria di Stato del Vaticano. Parallelamente ebbe l'incarico di assistente sociale della F.U.C.I. Nel 1937 fu nominato sostituto della Segreteria di Stato.
Nel 1944 divenne con monsignor Tardini il collaboratore più stretto di Pio XII. Anche se come suo segretario formalmente non fu mai, il successivo ventennio di collaborazione con Papa Pacelli caratterizzò senza dubbio la formazione, la mentalità e l'azione del futuro cardinale e poi pontefice.
La sua epoca sarà segnata dal passaggio dall'era pacelliana a quella giovannea, dalla svolta mondiale della "guerra fredda" e dal successivo "disgelo", dal nuovo porsi della Chiesa Romana di fronte al mondo, dalla problematica sollevata dal Concilio Vaticano II e dal periodo post-conciliare.
Infine la questione ecumenica, il fenomeno della secolarizzazione e del dissenso cattolico, i rapporti nuovi ad alto livello politico tra la Santa Sede e i Paesi comunisti.
Nel 1952 veniva eletto prosegretario di Stato per gli Affari Ordinari.
Nel 1954 (stranamente e senza il cappello cardinalizio - sembrò quasi un allontanamento dalla Segreteria) fu nominato arcivescovo di Milano proprio da Pio XII. Cardinale fu nominato solo nel 1958, ma da Giovanni XXIII. E quando Papa Roncalli indisse il Concilio, Montini collaborò attivamente.
Alla morte di Giovanni XXIII, il 21 giugno 1963 Montini gli succedette e rimase sul soglio per 15 anni e 46 giorni. Primo compito del nuovo Papa fu la conduzione del Concilio, compito tutt'altro che semplice e che seppe portare a compimento manifestando una statura spirituale e culturale straordinaria.
La sua azione si caratterizzò subito per la volontà di portare a termine il discorso innovatore ormai iniziato, anche se essa non poteva prescindere dalla prudenza di un temperamento e di una personalità per molti aspetti diversi da quelli di Giovanni XXIII. Uomo di grande carità e mitezza Paolo VI non riuscì ad inserirsi in pieno nel mondo dei mass media, spesso poco ben disposti nei confronti della sua figura. Il Concilio Vaticano terminava l'8 dicembre 1965; cominciava quella che molti, forse impulsivamente, consideravano una nuova era della storia della Chiesa Romana. Papa Montini fu da una parte prudente in talune aperture d'ordine disciplinare o ecumenico e fu dall'altra molto sensibile ai problemi del Terzo Mondo e della pace mondiale. Ci basta qui ricordare e considerare la lettera enciclica "Populorum Progressio" del 26 marzo 1947 che ben si colloca accanto a quel coraggioso documento conciliare che è la "Gauduium er Spes" del 7 dicembre 1965.
Quella di Montini fu una successione difficilissima, perché, lui uomo di curia, non possedeva la simpatia e il calore di quel "curato di campagna" com'era papa Roncalli. Fu sempre considerato, gelido, amletico, dubbioso e pieno di tormenti, tanto da essere soprannominato "Paolo il Mesto" giocando sulle parole "Paolo Sesto". Dopo - le prime in assoluto - uscite di Papa Giovanni dalle mura vaticane per recarsi fuori Roma, fu proprio Paolo VI ad inaugurare l'usanza dei viaggi anche all'estero, in ogni angolo del mondo. Ma è anche il Papa che si è trovato a dover gestire i momenti più difficili e delicati del dissenso cattolico in Italia. Compresi tutti gli altri fermenti dentro la società contemporanea.
Ma alcuni di questi fermenti avvengono proprio nella Chiesa: veri e propri atti di ribellione dei fedeli - senza precedenti - alla struttura gerarchica e al potere della Chiesa. Da non dimenticare infine, col suo tradizionalismo ortodosso, nonostante tanti slanci di solidarismo, il travaglio vissuto da Paolo VI, nell'impervio cammino di due importanti e storiche leggi di questo periodo: quella del divorzio e quella dell'aborto. Si evitarono le vere e proprie "guerre di religione" nelle piazze (consenzienti anche i comunisti), ma le battaglie dentro le segreterie dei partiti furono all'ultimo sangue; le più feroci dentro lo stesso partito che aveva emblema proprio la croce cristiana. Paradossalmente i democristiani temevano di perdere elettorato, mentre i comunisti pure.
Entrambe le due questioni, e soprattutto poi i risultati, hanno addolorato profondamente Paolo VI, Lui che voleva ad ogni costo avere un dialogo proprio con "il popolo di Dio" del mondo contemporaneo indicatogli da Giovanni XXIII (soprattutto con il contenuto della enciclica Mater et magistra e con la temeraria Pacem in terris, in cui fece crollare muraglie e preconcetti secolari appellandosi a intese e collaborazioni con i non credenti) dovette vivere il periodo forse più drammatico della Chiesa sul piano non solo dottrinale ma etico. Una sua frase esprime in un modo non solo metaforico questo grande travaglio: "Aspettavamo la primavera ed è venuta la tempesta".
La lettera apostolica "Octogesima Adveniens" del 1971, rivela ulteriormente la condanna dell'ideologia marxista e del liberalismo capitalistico, ma anche la sua sensibilità sociale. Particolare coraggio e spirito pastorale animerà poi Paolo Vi nella questione della regolamentazione delle nascite (Eniclica "Humanae Vitae") e del problema della fede e dell'obbedienza alla gerarchia.
Uno dei momenti forti del suo pontificato fu l'anno giubilare, Anno Santo indetto nel 1975, che portò circa 8.500.000 di pellegrini a Roma.
Preoccupato delle dissidenze di destra e di sinistra in seno alla Chiesa, pervenne infine alla sospensione a divinis del vescovo tradizionalista M. Lefebvre e alla riduzione allo stato laicale dell'ex abate di San Paolo don Franzoni, fondatore di una Comunità di base di ispirazione socialista.
L'ultimo periodo della sua vita, reso difficile da una salute malferma, fu poi rattristato profondamente dal rapimento e poi uccisione del suo amico fraterno Aldo Moro.
In quei drammatici giorni del sequestro intervenne con un accalorato appello lanciato ai sequestratari di Moro, e poi alle sue esequie apparve addolorato e visibilmente sofferente.
L'ultima volta che apparve in pubblico fu proprio per i funerali di Moro. Ma fu anche molto criticato da un certo clero che gli rimproverò fino all'ultimo questi suoi "atteggiamenti" e di aver voluto portare la sua pietà a un uomo ribelle come Moro.
Montini è il Papa che ha visto scorrere sulle finestre del mondo la Guerra Fredda e il Sessantotto. E' il papa che ha messo in vendita la sua tiara, per offrire il ricavato ai più bisognosi; e che dopo quattro secoli, e non senza contestazioni da parte dei porporati più conservatori, ha abolito nel 1966 l'indice dei libri proibiti. E' il papa che si incontrò con il Patriarca di Costantinopoli Antenagora dopo 14 secoli di incomunicabilità. E' il primo papa ad aver preso l'aereo, visitando tutti e cinque i continenti come mai nessun pontefice aveva fatto prima. E' il papa che implorò personalmente e pubblicamente i brigatisti di liberare Aldo Moro, suo caro amico; e che successivamente, andando contro la tradizione, partecipò alla messa esequiale dello statista ucciso. Il suo stato di salute si deteriorò da allora progressivamente e tre mesi dopo, il 6 agosto 1978, anch'egli si spense nella residenza di Castel Gandolfo. Per volere di papa Giovanni Paolo II, l'11 maggio 1993 è stato aperto il processo diocesano per la Causa di Beatificazione. E' stato proclamato santo da Papa Francesco il 14 ottobre 2018.
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