Buongiorno, oggi è il 29 gennaio.
Secondo la tradizione, i giorni dal 29 al 31 gennaio sono chiamati "i giorni della merla", e sono considerati i più freddi dell'anno.
La leggenda dei tre giorni della merla si perde nell'onda del tempo.
Una storia che ha infinite varianti da posto a posto. Una cosa é però in comune a tutti: la data. I tre ultimi giorni di gennaio, considerati appunto i più freddi nonché una specie di cartina di tornasole, dato che in base a come si presenta il tempo gli esperti sanno trarre indicazioni per come sarà il clima dell'anno.
Non conta che qualche metereologo si sia affannato a dimostrare che non tutti gli anni é così, che anzi le medie dicono che c'é qualche altro giorno più freddo. La tradizione non si é mai spenta.
La storia racconta che quei tre giorni siano i più freddi dell'anno.
Tanto freddi che una merla, che allora aveva le piume bianche, intirizzita, ma al tempo stesso preoccupata per i suoi figlioletti, non trovò di meglio che andare a posarsi su un camino. Ci stette tre giorni, perché il gelo impediva persino di volare. Poi arrivò fortunatamente febbraio. Pallido fin che si vuole ma il sole riuscì a ridare vita e speranza. Merla e figlioletti poterono stirarsi, riaprire le ali e volare. I tre giorni sul camino però avevano prodotto una profonda trasformazione nel piumaggio, divenuto nero per la fuliggine, nero senza rimedio.
Da allora i merli nacquero tutti neri.
Da una statistica tratta dalla banca dati ultra trentennale del Centro Geofisico Prealpino (periodo 1967-1999) risultano queste interessanti considerazioni:
Temperatura media dei tre giorni (29-30-31 gennaio) = 3.6 °C
Media delle t. massime dei tre giorni = 7.2 °C
Media delle t. minime dei tre giorni = 0.1 °C
Se si pensa che la temperatura media di gennaio (calcolata sullo stesso periodo di osservazioni) è 2.8°C la media di questi tre ultimi giorni risulta di quasi un grado maggiore (0.8°C) più alta.
Infatti statisticamente dopo il 10 di gennaio la temperatura tende ad aumentare. Forse la leggenda della Merla nacque in un'epoca in cui gennaio era molto più freddo di oggi, forse, non disponendo di strumenti e di statistiche la gente, sofferente già per due mesi di freddo, aveva la sensazione che il "cuore" dell'inverno fosse il periodo più freddo. Sta di fatto che, numeri alla mano, oggi non è più così.
Per gli appassionati di curiosità statistiche ecco altri "record":
Media più elevata (Merla più calda) nel 1982, con 9.3°C (+5.5°C rispetto alla media);
Media più bassa (Merla più fredda) nel 1987, con -0.9°C (-2.9°C); nel "famoso" gennaio 1985 delle nevicate abbondanti la "Merla" fu di 3.2°C, quasi nella media.
La temperatura più alta dei tre giorni si è registrata il 31.1.1982 con 19°C
La più bassa il 31.1.1987 con -8°C
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sabato 29 gennaio 2022
mercoledì 5 marzo 2014
#Leggende: Eco e Narciso
http://img02.elicriso.it/it/mitologia_ambiente/narciso/immagini/waterhouse_narciso_eco.jpg |
Nell'antica Grecia, in un giorno lontanissimo, Cefiso, il dio delle acque, rapì la ninfa Liriope. Si amarono teneramente e dalla loro unione nacque un figlio che fu chiamato Narciso. Gli anni passarono e Narciso divenne un ragazzo meraviglioso. Liriope volle salvaguardare la bellezza del giovinetto; si recò perciò dall'astrologo Tiresia che, dopo aver consultato l'oracolo, le disse:
- Narciso vivrà molto a lungo e la sua bellezza non si offuscherà. Ma il giovinetto non dovrà più vedere il suo volto.
La profezia di Tiresia si avverò: Narciso restò per sempre
adolescente, mantenendo intatta la sua bellezza che svegliava i più
teneri sentimenti nelle ninfe che l'avvicinavano.
Ma lo splendido ragazzo sfuggiva il mondo e l'amore e preferiva
trascorrere il tempo passeggiando da solo nelle foreste sul suo cavallo
oppure andando a caccia di animali selvatici.
Un giorno, mentre cacciava, sentì rimbalzare tra le gole della
montagna una voce che si esprimeva in canti e risate. Era Eco, la più
incantevole e spensierata ninfa della montagna che, al solo vederlo,
s'innamorò perdutamente di lui. Ma Narciso era tanto fiero e superbo
della propria bellezza, che gli pareva cosa di troppo poco conto
occuparsi di una semplice ninfa. Non così era per Eco che da quel
giorno seguì il giovinetto ovunque andasse, accontentandosi di
guardarlo da lontano. L'amore e il dolore la consumarono: a poco a poco
il sangue le si sciolse nelle vene, il viso le divenne bianco come
neve e, in breve, il corpo della splendida fanciulla divenne trasparente
al punto che non proiettava più ombra sul suolo.
Affranta dal dolore si rinchiuse in una caverna profonda ai piedi
della montagna, dove Narciso era solito andare a cacciare. E lì con la
sua bella voce armoniosa continuò a invocare per giorni e notti il suo
amato. Inutilmente perché Narciso, che pur udiva l'angoscioso
richiamo, non venne mai.
Della ninfa rimasero solo le ossa e la voce. Le ossa presero la
forma stessa della cava roccia ove il suo corpo era rannicchiato e la
voce visse eterna nella montagna solitaria. Da allora essa risponde
accorata ai viandanti che chiamano. Ma è fioca e lontana e ripete
perciò solo l'ultima sillaba delle loro parole: ha perduto la sua forza
invocando Narciso, il crudele cacciatore che non volle ascoltarla.
Narciso non ne fu affatto addolorato e continuò la sua vita
appartata. Fu allora che intervennero gli dei per punire tanta
ingratitudine.
Un giorno, mentre il superbo giovinetto si bagnava in un fiume,
vide per la prima volta riflessa nell'acqua limpida l'immagine del suo
viso. Se ne innamorò perdutamente e per questa ragione tornava di
continuo sulle rive del fiume ad ammirare quella fredda figura. Ma ogni
volta che tendeva la mano nel tentativo di afferrarla, la superficie
dell'acqua s'increspava, ondeggiava e l'immagine spariva.
Una mattina, per vederla meglio, si sporse di più e di più finché
perse l'equilibrio cadendo nelle acque, che si rinchiusero per sempre
sopra di lui. Il suo corpo fu trasformato in un fiore di colore giallo
dall'intenso profumo, che prese il nome di Narciso.
da riflessioni.it/miti leggenda-eco-narciso.htm
venerdì 11 maggio 2012
#Sicilia #Miti #Leggende: Aci e Galatea:
http://www.frammentiarte.it/dal%20Gotico/Poussin%20opere/04%20aci%20e%20galatea.htm |
Tale
leggenda ha un’origine greca e spiega la ricchezza di
sorgenti d’acqua dolce nella zona etnea.
Aci
era un pastorello che viveva lungo i pendii dell’Etna.
Galatea,
che aveva respinto le proposte amorose di Poliremo, lo amava.
Poliremo, offeso per il rifiuto della ragazza, uccide il suo
rivale nella speranza di conquistare la sua amata.
Ma
Galatea continua ad amare Aci.
Nereide,
grazie all’aiuto degli dèi, trasforma il corpo
morto di Aci in sorgenti d’acqua dolce che scivolano
lungo i pendii dell’Etna.
Non
lontano dalla costa, vicino l’attuale Capo Molini, esiste
una piccola sorgente chiamata dagli abitanti del luogo "il
sangue di Aci" per il suo colore rossastro.
Sempre
nei pressi di Capo Molini esisteva un modesto villaggio chiamato,
in memoria del pastorello, Aci.
Nell’undicesimo
secolo dopo Cristo un terremoto distrusse il villaggio, provocando
l’esodo dei sopravvissuti che fondarono altri centri.
In ricordo della loro città d’origine, i profughi
vollero chiamare i nuovi centri col nome di Aci al quale fu
aggiunto un appellativo per distinguere un villaggio dall’altro.
Si spiega così, ad esempio, l’esistenza di Aci
Castello (appellativo dovuto alla presenza di un castello
costruito su di un faraglione che poi fu distrutto da una
colata lavica nell’XI secolo) ed Acitrezza (la cittadina
dei tre faraglioni).
fonte web: http://www.press.sicilia.it/miti_leggende_sicilia.cfm
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