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martedì 16 settembre 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 16 settembre.

Il 16 settembre 1941 Mohammad Reza Phalavi diventa lo Scià di Persia dopo l'abdicazione del padre.

In Iran, prima della rivoluzione khomeinista, regnava lo scià di Persia tra feste di lusso, tirannia e diplomazia. Un ritratto in bianco e nero, a luci e ombre, quello che emerge dalla storia dello scià di Persia, Mohammad Reza Pahlavi. 

Un passato che sa di leggenda, che invece è reale, ben radicato nella storia contemporanea. Nell’immaginario collettivo è sinonimo di ricchezza e di opulenza all’estero, ma di dispotismo e assolutismo in patria, in Iran.

Iran e Persia erano, agli occhi degli occidentali della scorsa generazione, sinonimo di lusso, opulenza, sfarzo, mondanità. Merito della bella vita dello scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi, con i suoi viaggi, le sue feste, le sue bellissime tre mogli. Nel 1939 sposa Fawzia, sorella di Faruq I d’Egitto, da cui divorziò dieci anni dopo e dalla quale ha una figlia. Soraya, sposata il 12 febbraio 1951 a Teheran a soli 19 anni, grande e tormentato amore, con l’abito della sposa disegnato da Dior cosparso di oltre 6.000 diamanti… e infine ripudiata, perché sterile. E poi Farah Diba, sposata il 20 dicembre 1959.

È ricca di contrasti, di luci e ombre, la sua storia politica e personale, tra le due date fondamentali: il 16 settembre 1941 quando a ventidue anni viene incoronato scià – re, imperatore (con una manovra di Stalin e Churchill, preoccupati della deriva delle relazioni della nazione con la Germania nazista) – e il 16 gennaio 1979 quando lascia per sempre l’Iran. Ripara in America, per morire un anno e mezzo dopo in Egitto, al Cairo.

Nel mentre, la Guerra fredda tra Urss e Stati Uniti, i contatti diplomatici su ambo i fronti, gli accordi sotterranei, le feste, le contestazioni e la rivoluzione islamica. La parabola di un soldato, autoproclamatosi re della Persia, come allora si chiamava l’Iran, e diventato un tiranno. Ma capace di imprimere riforme necessarie al Paese. Ha incontrato tutti, la regina Elisabetta, Truman, Eisenhower, Chirac, Giscard d’Estaing, Leone, Brezhnev, Kennedy, Carter, Nixon, Kissinger, Indira Gandhi, il re di Spagna, Walt Disney.

Durante il suo regno, l’Iran festeggia i 2.500 anni di continua monarchia dalla fondazione dell’impero persiano di Ciro II di Persia (590 a.C. – 529 a.C). Con la sua Rivoluzione bianca – una serie di riforme sociali ed economiche volte a trasformare l’Iran in una superpotenza mondiale – dà un impulso di modernità alla nazione, nazionalizzando le risorse naturali ed estendendo il suffragio alle donne. Ma il contrasto tra la povertà del popolo e l’ostentazione delle sue ricchezze è sempre stridente. Pur essendo musulmano, poi, comincia gradualmente a perdere l’appoggio del clero sciita, particolarmente per la sua spinta verso la modernità e la mondanità, la laicizzazione dello Stato, il conflitto con la classe dei mercanti Bazaari e per il fatto di aver riconosciuto Israele. Gli attriti con gli estremisti islamici, l’aumento dell’attività dei comunisti e, nel 1953, lo scontro col primo ministro Mohammad Mossadeq sulle concessioni petrolifere inglesi – sfociato nell’estromissione di Mossadeq– causano un’involuzione autocratica nel suo stile di governo. Il partito comunista Toodeh viene bandito, i dissidenti politici minacciati o addirittura eliminati dal famigerato servizio segreto Savak. Amnesty International riporta che in Iran c’erano almeno 2.200 prigionieri politici nel 1978. La tensione si trasforma in una rivoluzione che obbliga lo scià a lasciare l’Iran. Poco dopo, le forze rivoluzionarie trasformano il governo in una repubblica islamica.

Lo scià morì di tumore nel 1980 al Cairo: si era trasferito in Egitto visto che la sua presenza negli Usa, dove era fuggito nel gennaio 1979, venne presa come pretesto per l’assalto di novembre all’ambasciata americana in Iran e il sequestro del personale diplomatico.

Per molti occidentali è dunque stato il sovrano illuminato di un regno da mille e una notte. In patria era odiato per i metodi assolutistici, la persecuzione delle opposizioni, l’alleanza con Stati Uniti e Gran Bretagna, lo sfarzo della gigantesca corte. Anche per tutto questo sarà deposto dalla rivoluzione islamica guidata dall’ayatollah Khomeini.

Nel 1958 lo scià, pur di non ripudiare Soraya, l’amore della sua vita, designa come suo erede il fratello Alì, che però muore poco dopo in un incidente aereo. Non avendo altra via d’uscita, il 6 aprile 1958 viene dato l’annuncio ufficiale del ripudio. Il sovrano appare affranto e il dolore che Soraya prova per la separazione dall’uomo che ama profondamente, resterà visibile nel suo sguardo fino alla sua morte e sarà ricordata come “la principessa dagli occhi tristi”. Leila Pahlavi, la più piccola tra i cinque figli dello scià, venne trovata morta l’11 giugno 2001 a Londra, dopo una lunga depressione. Il secondogenito Ali Reza Pahlavi, 44 anni, è morto suicida nel 2011. Oggi c’è Reza Ciro Pahlavi, il primogenito dello scià, che da anni rivendica il suo diritto al trono, uno degli ultimi discendenti diretti della dinastia assieme alla sorella Farahnaz e alla sorellastra Shahnaz (nata dal primo matrimonio dello scià con Fawzia d’Egitto, sorella del re Faruk).

Non sono trascorsi secoli, eppure quasi nessuno ricorda più questo Iran.


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